Nelle selva dei social media, luminoso davanti ad i riflettori, ma molto fuorviante nella realtà dei fatti, tutto sembra facile, acquistabile e raggiungibile.
Purtroppo non è affatto così.
Questo non vuole essere l’ennesimo articolo demonizzante nei confronti del mondo social, che ormai è diventato parte della nostra quotidianità, ma una riflessione spassionata per comprendere come l’uso dei social a fini professionali non sia un “gioco”, ma una precisa strategia di marketing che ha un’implicazione economica precisa. Per farlo prendiamo spunto da un illuminante articolo apparso su The Drum, firmato da Amy Houston.
Nell’odierno mondo digitale in continua evoluzione i trend corrono velocemente e dunque diventa difficile prendere decisioni e capire a quali aderire e cosa questo significhi per la reputazione del proprio brand. Navigare nel mondo dei social media può essere al giorno d’oggi piuttosto complesso e le trappole sono dietro l’angolo. Associare il proprio brand o azienda ad un altro, ad un trend preciso che comporta successo immediato, può risultare rischioso se ciò non rientra nell’etica aziendale. Magari nell’immediato paga, ma alla lunga può essere molto deleterio.
C’è una celebre frase in lingua inglese “jump on the bandwagon”, letteralmente “salta sul carrozzone”, che rende bene il senso. Questa frase è apparsa per la prima volta nella politica americana nel 1848 quando un clown di nome Dan Rice usò il suo “carrozzone” per la propria campagna politica. La sua campagna ebbe così successo che altri politici vollero “salire sul suo carrozzone” per guadagnare consensi come lui. Con il passare degli anni il termine guadagnò una connotazione negativa indicando coloro che cercano successo affiliandosi a qualcun altro o qualcos’altro senza sapere veramente a cosa associano il loro nome.
Un nuovo trend è l’esplosione di nuovi social media alternativi a quelli che abbiamo sempre usato fino ad oggi. Dai “tradizionali” Facebook e Twitter, passando per l’ormai consolidato Instagram, per finire con i più recenti TikTok e Clubhouse.
È assolutamente comprensibile l’entusiasmo che generano queste nuove piattaforma social, ma forse l’atteggiamento professionalmente più saggio sarebbe quello di procedere con un’accurata ricerca prima di aderirvi.
Un punto di partenza interessante per la vostra ricerca potrebbe essere comprende il dato demografico: chi sono i vostri clienti target? A chi volete arrivare? Quali sono invece gli utenti medi di quel social media? Ad esempio, TikTok ha pubblicato di recente un report 2020 “What’s Next” che delinea in modo accurato i trend dello scorso anno e sottolineando la crescita che hanno avuto diversi argomenti nel tempo e quali siano i fattori che ne hanno influenzato la crescita. Queste sono informazioni molto utili per chi voglia inserire il proprio brand nel modo giusto su questo canale social.
Per stabilire una presenza di successo su qualsiasi piattaforma social ci vuole un accurato studio, ricerca e pianificazione. In tutto questo bisogna anche prendere decisioni consapevoli ed avere anche il coraggio di dire di no, di rinunciare all’idea di esplorare un canale perchè in quel momento non sarebbe il meglio per la nostra immagine, reputazione o prospettiva di crescita.
Un’interessante discussione aperta su Twitter da The Drum ci restituisce delle interessanti considerazioni da parte di alcuni social media manager americani come Vanessa Nunes che ha dichiarato: “Dove si trova il pubblico che stai cercando di coinvolgere? Se non è lì, allora è una perdita di tempo e di risorse”. Jonika Kinchin le ha fatto eco così: “Specialmente se il tuo brand è di nicchia, ti butteresti dalla scogliera solo perchè lo fanno tutti?”.
Concludiamo con un’immagine molto efficace che ci fa sicuramente riflettere: che senso ha gridare nel vuoto? Assicuriamoci dunque di non farlo sul social media sbagliato, sarebbe solo uno spreco di energia.