Questa calda estate mi sono riletto “The Game”, lo straordinario libro di Alessandro Baricco sull’impatto del digitale nella società moderna. Anche se sarebbe più corretto scrivere, sfruttando le eccellenti intuizioni di Baricco, del digitale come risposta all’epoca moderna. Baricco, infatti, con il suo “The Game”, capovolge completamente il tema del digitale e ci spinge a non guardare più gli “strumenti digitali” e al loro impatto sulla nostra vita, a partire da quella professionale, ma a cercare di comprendere la loro genesi, le ragioni vere della loro nascita e come quindi essi potrebbero essere efficacemente utilizzati.
Secondo Baricco, e io mi accodo umilmente al suo pensiero, la maggioranza non solo non ha compreso il valore della rivoluzione digitale ma tutt’oggi utilizza questa straordinaria strumentazione ben al di sotto delle sue reali potenzialità, delle ragioni per le quali è nata.

“Tra secoli ci ricorderanno – scrive Baricco – come i conquistadores di una terra in cui noi oggi a stento saremmo in grado di trovare la via di casa…”.
E sempre il geniale scrittore torinese aggiunge: “I nostri gesti già sono cambiati, con una velocità sconcertante, ma i pensieri sembrano essere rimasti indietro nel compito di nominare quello che creiamo a ogni istante”.
In maniera molto più terra terra, potremmo tradurre il pensiero di Baricco sul digitale con l’avere oggi una Tesla di ultima generazione, pluriaccessoriata, che addirittura abbiamo concepito noi (si fa per dire), ma non abbiamo un’idea precisa a quale velocità possiamo viaggiare e, tanto meno, in quale direzione andare.

Ho provato allora a tradurre quanto il pensiero di Baricco sul digitale può avere un impatto anche nel nostro mondo del vino.
Mi sono venuti in mente tanti di quei parallelismi che probabilmente potrei scrivere un libro (in effetti ci sto pensando sempre di più).

Di seguito provo ad indicare alcuni aspetti che ritengo molto interessanti anche per il nostro mondo del vino.

L’impatto del digitale sul mondo del vino

Il primo fra tutti è la “democratizzazione” all’accesso alle informazioni. Con la rivoluzione digitale, chi l’ha concepita ha voluto rompere lo schema storico che portava solo una piccola élite all’accesso alle informazioni e alla loro divulgazione (quasi sempre pilotata ovviamente).
È chiaro, come giustamente sottolinea Baricco, che il fatto che un Google, ad esempio, o Wikipedia consenta in teoria a tutti di accedere ad un mare impressionante di informazioni non significa che poi tutti siano in grado di utilizzarle al meglio. Questa straordinaria “facilitazione” rappresenta un’opportunità unica, pazzesca. Se penso al nostro mondo del vino, tuttavia, quante di queste informazioni possono essere utilizzate al meglio? Alla fine, a ben guardare, ho la sensazione che ci sia un oceano di informazioni dedicate al vino sul web ma sembra che il nostro settore continui a “leggere” e “riconoscere” le solite fonti, quelle “novecentesche” (Wine Spectator and C.) per usare un altro pensiero baricchiano.

Se poi allarghiamo lo sguardo al mondo “social”, il paradosso della lentezza dei nostri pensieri appare ancor più evidente. Basti pensare a quante sarebbero le informazioni (i cosiddetti big data) che potremmo ricavare dai social media riguardanti, ad esempio, la profilazione dei consumatori.
Direi che proprio quest’ultimo aspetto è uno dei sintomi più evidenti della difficoltà del nostro comparto di sfruttare il digitale per acquisire informazioni preziose sul soggetto più importante nella filiera vitivinicola, l’anello finale, il consumatore.

Ma provate immaginare cosa si potrebbe fare andando ad intersecare le informazioni “ufficiali” del mercato con quanto poi viene “detto”, “raccontato”, “analizzato” sul web e sui social media.
Sono pochissimi che lavorano su questo fronte e quelli che lo fanno spesso si lamentano che nessuno, o quasi, li vuole ascoltare.
È come se avessimo costruito una bellissima piscina, ampissima, con l’acqua apparentemente pulitissima ma nessuno poi vuole entrarci perché o pensiamo ci siano i piranha dentro o ci rendiamo conto di non saper nuotare.

Tutto ciò ci porta spesso addirittura a rimpiangere il passato, quando internet non esisteva, quando i social media non erano nemmeno immaginabili, quando gli smartphone li vedevamo solo nei film di fantascienza.
E ora che la fantascienza è realtà ne abbiamo paura e non siamo in grado di sfruttarla proprio negli aspetti per la quale, sempre per dirla alla Baricco, era nata.