Come sarà il futuro del vino italiano oltre il Covid-19?
Questo è stato il tema portante dell’ultimo appuntamento del Circolo di Wine Meridian che ha visto protagonisti Flavio Geretto, export manager di Villa Sandi e Fabio Piccoli, direttore responsabile di Wine Meridian.
Un confronto che parte dalle analisi già descritte nell’instant book dal titolo “Il vino italiano oltre il Covid-19” scritto a due mani proprio dai due protagonisti di questo webinar e che è possibile acquistare a questo link.
Si tratta di un manuale per aiutare produttori e manager del vino ad orientarsi in questa fase complessa per la vitivinicoltura italiana e che vuole essere uno strumento concreto ed operativo per leggere meglio la realtà, individuare i possibili scenari futuri e, soprattutto, elaborare le strategie migliori per rimanere competitivi.
“La situazione è difficile, complessa, preoccupante” ammette Fabio Piccoli “ci sono parecchie cose che non sono chiare, ma possiamo dire che in una fase così complessa tutte le aziende vanno male? No, non tutte vanno male. Le ragioni per cui alcune aziende stanno crescendo e altre stanno subendo una forte crisi, sono molteplici e non consentono di standardizzare l’analisi. Non possiamo dare la colpa solo ai fattori esterni, il problema è generalizzato ma bisogna dire che ci sono anche ragioni interne”.
Il settore vitivinicolo italiano, secondo Piccoli, ha le capacità per poter gestire la crisi: “Tutti gli osservatori economici che riguardano il vino stanno dicendo che pur in una situazione di complessità, l’Italia appare il contesto più resiliente. Ciò significa che l’Italia ha una migliore resistenza e capacità di adattamento rispetto ad altri Paesi. L’export semestrale si è chiuso con un -4% per l’Italia, un -12% per la Francia e un -7% per la Spagna.
Pur in un ambito negativo bisogna tener presente questi dati oggettivi.”
Cos’è cambiato rispetto a 4 mesi fa? Flavio Geretto non ha dubbi: “Il mercato è cambiato tantissimo, dal 5 marzo non viaggio più sui mercati internazionali ma è iniziato un viaggio in azienda. I programmi di inizio anno sono stati sconvolti. La difficoltà è quella di capire come evolverà la situazione perché, ad esempio, in alcuni Paesi come il Messico in cui si pensava di investire la situazione è precipitata. In Asia si pensava di potersi muovere tranquillamente ma non è così.
Le aziende che erano già attive con il delivery o quelle che avevano già creato dei wine-club di clienti fidelizzati hanno avuto un vantaggio rispetto alla concorrenza. Anche le realtà che già lavoravano con il retail, i mini market e le estensioni più piccole sono cresciute notevolmente, perchè nel momento in cui non ci si poteva spostare tra i Comuni, avere rapporti con i negozi di prossimità è stato un grande vantaggio.
Bisogna diversificare il più possibile, anche quei canali di vendita che pensavamo fossero trascurabili vanno presidiati perché potrebbero essere risorse uniche per potersi mantenere a galla”.
Ci sono sostanziali differenze tra i vari Paesi, quali sono quelli che stanno dando maggiori segnali di dinamicità?
“Il mercato del vino italiano è molto concentrato su USA, UK, Germania, Svizzera e Canada” afferma Geretto “i paesi dove c’è un retail sviluppato ci hanno dato le maggiori soddisfazioni. C’è stato l’effetto che io chiamo “effetto disperazione”, alcune aziende si sono buttate sull’off-trade senza una esperienza alle spalle ma in questo caso la politica di brand ha premiato.
Nei Paesi più maturi come USA, UK e Germania chi è riuscito a fare una politica di brand forte ha guadagnato spazio”.
“Cosa significa concretamente riuscire a fare una politica di brand efficace?” chiede Fabio Piccoli rivolgendosi a Geretto: “una tendenza fondamentale è quella di utilizzare i social media, ma non basta, è importante mantenere anche l’approccio tradizionale andando sui punti vendita, portare i clienti in azienda e fare delle masterclass, utilizzare degli opinion leaders come i Master of Wine. Il fatto di associare il tuo brand a personaggi riconosciuti è importante, l’abbiamo imparato dalle aziende estere”.
Fabio Piccoli si sofferma sull’evoluzione futura della figura del sommelier: “secondo te Flavio in futuro dovremo abituarci ad una nuova tipologia di sommelier digitale?”
Secondo Geretto “la figura del sommelier è diversa a seconda dei Paesi. Il sommelier fa del rapporto col cliente la sua forza. In Germania e Regno Unito, Villa Sandi ha degli ambassador che si lamentano del fatto che si possono andare a trovare i cliente ma non si possono fare degustazioni. La figura del sommelier deve cambiare e dovrà investire ruoli manageriali. Il consumatore diventerà sempre più consapevole e sempre più spesso sarà il cliente a richiedere un determinato vino. Ci sono dei Paesi, ad esempio la Russia, in cui i sommelier hanno un ruolo fondamentale nel mondo del vino. Nei Paesi asiatici alcuni sommelier sono vere e proprie star”.
Le tecnologie digitali durante il periodo di lockdown sono diventate fondamentali per mantenere i rapporti con clienti e operatori del settore, le parole di Geretto lo testimoniano: “attraverso le degustazioni online ed i webinar ho avuto la possibilità di collegarmi e parlare in contemporanea anche con 250 persone e questa è una possibilità che solo il digitale può darti. Ma sono anche convinto che questa modalità non sostituirà mai il rapporto umano che è meno allargato, ma più efficace sul singolo.
Questo periodo ha costretto tutti noi a dover approcciare con i nuovi mezzi multimediali ed è necessario che le aziende trovino delle figure in grado di avere ottime capacità comunicative ed empatiche per poter essere efficaci in quest’ambito.”
In ultima analisi, Fabio Piccoli delinea un quadro che, pur nelle oggettive difficoltà che il comparto sta vivendo, resta positivo dopo la riapertura: “le diversità tra i tessuti produttivi dei vari Paesi ci sono. Ad ogni modo in seguito alla riapertura si è tornati a lavorare con più forza e positività. Possiamo convivere con questa situazione e trovare le soluzioni più adeguate per diversificare i canali di vendita e trovare nuove soluzioni per raggiungere i consumatori.”
“Il gran successo del Prosecco è nato dalla crisi del 2008” ha sottolineato Geretto “il Prosecco vendeva meno del Cava. In 10 anni è diventato una vera e propria categoria. Questo per dire che da ogni crisi nascono opportunità, lo dimostra la storia del Prosecco. Ci sono possibilità in ogni situazione critica e la diversificazione è una delle risposte più efficaci a questa crisi perché è funzionale ad andare incontro alle esigenze dei clienti”.