Parlare di inclusione oggi sembra facile, ma non lo è. La conversazione attorno a questo cruciale argomento si è fatta più intensa da qualche anno nel mondo del vino anche dopo una serie di scandali che hanno fatto emergere l’urgenza di una soluzione: Black Lives Matter che ha investito anche il mondo del vino o lo scandalo per molestie sessuali che ha colpito i vertici della Court of Master Sommelier, per citarne solo un paio tra i più eclatanti.
Sandrine Goeyvaerts, originaria del Belgio, è una commerciante di vino nella regione francese di Liegi, nonché sommelier, scrittore e autrice di libri di successo, come il primo Jamais en carafé (2016) che ha demistificato il mondo del vino. Fondatrice del blog La Pinardothéque, il suo ultimo il libro, “Manifeste pour un vin inclusive” è uscito all’inizio di settembre 2021. Dunque “Manifesto per un vino inclusivo” ci è parso molto interessante come titolo perché ci suggerisce un argomento, quello dell’inclusione, che è sulla bocca di tutti in questi ultimi anni, ma che non ha trovato ancora una compiuta attuazione, in questo ed altri mondi.
Sandrine è stata recentemente intervistata da Areni, Istituto di ricerca globale per il futuro dei Fine Wines, e ha spiegato qual’è il suo personale concetto di inclusione. “Questo Manifesto è una differente angolazione per affrontare un tema di cui parlo da anni: invitare sempre più persone nel mondo del vino con un approccio più inclusivo possibile. Vorrei che il mondo del vino si aprisse a più persone possibili, perché è un mondo così brillante che è un peccato non farne parte, anche solo come estimatori” ha spiegato Sandrine Goeyvaerts.
Il concetto di inclusività che propone la wine merchant belga è molto ampio e non riguarda solo questioni di genere o razza, ma anche discriminazione di classe sociale o orientamento sessuale. “La discriminazione è intersezionale; sono concetti che si sovrappongono tra loro. Io sono una donna quindi sopporto il sessismo. Sono grassa quindi soffro di grassofobia. Ma non soffrirò di razzismo perché sono bianco. Tutte queste disuguaglianze si intersecano”.
Che mondo immagina di contribuire a creare la scrittrice con il suo Manifesto e azione quotidiana?
“È prima di tutto un mondo dove nessuno ha paura di partecipare a una degustazione a causa del proprio sesso, orientamento sessuale, disabilità o altro. È un mondo in cui le persone non pongono più barriere per parlare di vino, acquistarlo o addirittura produrlo. Il vino appartiene a tutti, o almeno dovrebbe appartenere a tutti”.
Parlando di consumatori la commerciante racconta come ha visto evolversi i gusti e le aspettative del suoi clienti nel corso degli ultimi anni. “La mia clientela sta diventando molto più giovane ed è già naturalmente più consapevole di queste tematiche, non li scandalizza affatto. Apprezzano il nostro stile trasversale, con una selezione di prodotti atipica”.
In che modo i viticoltori possono aiutarti e supportarti a vendere più vino e a farlo in modo responsabile e inclusivo? “Secondo me le persone devono essere sempre al centro. Per me è importante che i viticoltori offrano ambienti di lavoro dove i loro dipendenti si sentano accolti e sicuri e rispettati nelle loro diversità. Inoltre torno anche al tema delle etichette: vedo ancora etichette sessiste, con rappresentazioni di donne nude, giochi di parole che vanno sempre a scapito delle donne. Mi domando perché questo tipo di etichette o questo tipo di messaggi hanno ancora il loro posto nel 2021? Infine alcuni viticoltori potrebbero riflettere anche sul loro modo di comunicare”.
Secondo la scrittrice i consumatori possono fare la loro parte, agendo e non incoraggiando con l’acquisto certi tipi di produzione. L’acquisto, o il mancato acquisto, possono essere una leva per il cambiamento.
Sulla scia di questa tematica anche dall’altra parte del globo l’inclusività è una tematica dibattuta. Women and Revolution (WaR), una rete inclusiva per le donne nel settore del vino, è stata lanciata ufficialmente a Sydney la scorsa settimana con l’obiettivo primario di far crescere la prossima generazione di donne nel vino. L’associazione di sole donne offre uno spazio inclusivo che incoraggia la crescita professionale e personale, costruendo comunità e connessione.
Il tutto è nato da una serie di incontri e cene informali tra le fondatrici che cercavano un modo strutturato per dare voce alle donne nel mondo del vino. “Ogni volta che ci riunivamo, la conversazione si concentrava naturalmente sulle barriere che avevamo incontrato e su come avremmo potuto smantellarle” ha raccontato la co-fondatrice e presidente di WaR Bridget Raffal.
Partendo dalla considerazione che le donne sono spesso escluse da ruoli che facilitano la crescita, l’istruzione e le opportunità di networking, l’associazione spera di rompere quel ciclo offrendo istruzione e coaching in modo che le donne imparino come parlare con autorevolezza e come guadagnarsi il giusto spazio nelle conversazioni coltivando fiducia, creando connessioni e responsabilizzandosi attraverso l’esperienza condivisa.