Alessandro Liberatori (coordinatore Rete ICE India, Bangladesh, Sri Lanka, Nepal, Bhutan e Maldives) e Paolo Gozzoli (Vice Direttore ICE Nuova Delhi) durante l’incontro a wine2wine “il mercato del vino in India” hanno descritto il potenziale che ha il mercato indiano nonostante l’alta tassazione.
Il mercato indiano è tradizionalmente legato a bevande alcoliche quali whisky, rum e birra e solo negli ultimi anni ha visto un incremento della domanda di vino. Più precisamente è nel 1984 che nasce la prima cantina a Mumbay e per la prima volta viene prodotta una varietà di uva da vino. Dagli anni ’80 fino al 2019 il mercato del vino indiano è stato soggetto ad una costante crescita fino ad arrivare ad una valutazione nel 2019 di 738 milioni di euro con un’aspettativa di crescita del 23% entro il 2025.
Il consumo di vino nazionale oggi si aggira intorno ai 30 milioni di litri all’anno con 485 milioni di consumatori. Tra loro l’80% è localizzato nelle grandi città grazie alla recente urbanizzazione, come ad esempio Mumbai, Delhi e Bangalore. I giovani che hanno raggiunto la drinking age (25 anni) contribuiscono per il 50% al consumo totale, aspetto allo stesso tempo positivo e negativo. Nonostante l’India sia caratterizzata da una popolazione giovane, infatti, l’età minima per bere è alta e penalizza le vendite. In particolare il vino rosso è il più richiesto (49%) seguito da vino fortificato (35%), vino bianco (13%) e spumanti (3%).
Le importazioni di vini italiani sono state soggette ad una escalation complessiva di circa il 30% negli anni 2017 e 2018 seguita da una ricaduta causata dalla pandemia Covid-19: solo nei primi sei mesi del 2020 l’export vitivinicolo italiano verso l’India è diminuito del 18,5%. Nonostante questa ricaduta, l’Italia ha dimostrato una migliore performance rispetto i suoi competitor; Singapore, ad esempio, che nel 2019 era il primo fornitore di vino per l’India, ha subito un calo del 74,1%, gli USA del 47,2%. Perciò, malgrado la crisi, l’Italia è riuscita a salire dal quarto al terzo posto nella classifica dei maggiori fornitori, preceduta solamente da Australia e Francia. La presenza italiana si fa sentire soprattutto attraverso il Pinot Grigio delle Venezie doc, l’Amarone Valpolicella, il Barbaresco o ancora grazie al Rosso di Montalcino.
Il consumo di vino è quindi cresciuto nonostante i taboo religiosi e sociali ma soprattutto nonostante gli alti prezzi dovuti alla tassazione. Tra le minacce individuate nella Swot Analysis del mercato indiano, infatti, troviamo le tariffe protezioniste indiano; le bevande alcoliche subiscono una tassazione del 165% al quale ogni stato aggiunge una excise duty. Inoltre l’alcool venduto negli stati Gujarat, Haryana, Himachal Pradesh, Maharashtra, Punjab e Rajasthan è soggetto anche ad una entry tax.
Se da un lato il governo non facilita l’import nel paese attraverso la tassazione, dall’altro alcuni incentivi statali sono delle opportunità anche per il settore vitivinicolo italiano. Recentemente infatti l’India ha allentato le restrizioni nella distribuzione e alcuni paesi dello Stato Federale, tra cui Maharashtra e Karnataka, hanno dato vita ad attività come il Wine Festival e corsi di tasting. Inoltre i moderni canali retail, online e offline, mostrano l’aumento della domanda di vino importato.