Questi mesi di webinar, nostri e altrui, ci hanno insegnato alcune cose e ce ne hanno confermate molte altre, che porteremo nel nostro bagaglio di esperienze anche quando, auspicabilmente presto, potremo mandare al riciclo i pannelli di plexiglas, fare valigie piuttosto che tamponi, e potremo indossare mascherine solo per essere iconici e misteriosi.

Una delle conferme riguarda da vicino il nostro modo di fare formazione, che impegna sempre in prima persona la direzione di Wine Meridian e il nostro team, ma dedica anche uno spazio sempre più esteso a contributi esterni di esperti e professionisti del settore che nel nostro percorso abbiamo avuto la fortuna di incontrare e la prontezza di non lasciar andare – non prima, quanto meno, di aver posto le basi per sinergie che durano nel tempo, e che ci permettono, tra l’altro, di mettere le loro competenze a disposizione delle aziende che ci seguono.

È ciò che è accaduto con Laura Donadoni, nella blogosfera The Italian Wine Girl, che da molti anni vive e lavora negli Stati Uniti e ha sviluppato un proprio modello di comunicazione del vino italiano che si è rivelato coinvolgente e di successo.

Non a caso, tra le prime regole di comunicazione, impartiamo nei nostri Campus quella secondo cui non c’è comunicazione senza conoscenza seria e approfondita del settore: l’indiscussa  competenza di Laura, giornalista di food, wine & travel, sommelier certificata WSET, scrittrice e titolare di una propria agenzia di comunicazione con la quale valorizza il vino italiano negli USA, è un plus che abbiamo voluto riservare ai nostri studenti del Campus Comunicazione.

Laura ci ha regalato dritte e consigli per interagire con il mercato americano e ci ha guidato tra le tendenze più recenti della comunicazione del vino a stelle e strisce.

Intanto, senza mezzi termini, è Instagram a farla oggi da padrone negli Stati Uniti, con Facebook che perde quota per “colpa” dei Millennials, che sembrano interessati ad un modo di comunicare più immediato, più visivo, più all’engagement che alla informazione. Instagram è in grado di superare la comunicazione patinata che ha contraddistinto il mondo del vino fino a qualche tempo fa, e offre un registro informale che parla dritto all’immaginario del consumatore; vanno di più le stories, rispetto ai post, e più dei like, che sono essenzialmente dei numeri, sono i messaggi diretti a legare il consumatore al brand; e in questo, un ruolo fondamentale lo svolgono le persone. Nessuno più del titolare di un brand è in grado, con il suo story-telling personale, di creare attesa e curiosità intorno alle proprie etichette. L’acquisto della bottiglia è un rituale di affiliazione attraverso cui il consumatore passa e, se è abbastanza avvezzo a condividere, gli offre un buon motivo per taggare il titolare, in un circolo virtuoso che si autoalimenta, finchè c’è stimolo reciproco.

L’acquisto di un vino, d’altro canto, non è soltanto l’approvvigionamento di un prodotto, ma in misura preponderante, la ricerca di un’esperienza; esperienza che la comunicazione del vino deve saper raccontare, e quindi promettere. Il tema è, ovviamente, come formulare questa promessa, cioè come individuare i propri elementi di unicità e come, quindi, costruire la propria narrazione. La regola aurea è l’autenticità, senza tanti fronzoli, anche a costo di essere ruvidi. 

Nella stesura del suo libro, “Come il vino ti cambia la vita”, che la ha portata in giro per l’Italia a scoprire 6 storie indimenticabili di vita e di vino, Laura ha sperimentato la forza di questa unicità, che ogni tradizione familiare e ogni azienda può esprimere, a patto di dedicare del tempo alla ricerca dei propri fattori identitari; ne siamo testimoni anche noi, soprattutto dopo l’Italian Wine Tour, che ci ha portato durante l’estate a visitare un centinaio di cantine e a portare alla luce altrettante scelte personali e imprenditoriali della cui unicità a volte gli stessi protagonisti non sono consapevoli.  

Laura ci dispensa anche qualche utilissimo tip su come costruire un evento digitale che risulti stimolante per un mercato, quello USA, che è ormai abituato a vederne di ogni forgia e che, quindi, è difficile da stupire. L’evento di successo non si improvvisa, ha bisogno della giusta anteprima sui social, come pure non termina con la chiusura dei microfoni: è essenziale che la proposta comunicativa veicolata digitalmente sia seguita da un adeguato follow up. E poiché un’azione di comunicazione si valuta in base ai risultati raggiunti, starà a noi tirarne le fila, anche con una mirata azione di mailing dopo l’evento.  E come gestire il thrill della diretta? A parte la scelta del moderatore, che si rivela centrale nella gestione dei tempi e della dinamica del momento, dobbiamo essere abili a far uscire dallo schermo qualcosa di inatteso. 

In che modo? Non sono mancati, da parte di Laura, consigli pratici, idee e tendenze che stanno riscuotendo successo nella platea degli smaliziati consumatori americani. Una consulenza a scena aperta, quindi, per i partecipanti al corso.

Cose che capitano, nei nostri Campus.