Annalisa Zorzettig, titolare dell’azienda di Cividale del Friuli, che ci ha raccontato la storia che sta dietro a questa realtà, ricca di tradizione e di amore per il prodotto vino. 
Come è nata la vostra azienda?
La storia della mia famiglia nel vino inizia più di 100 anni fa, in un Friuli uscito dalla Grande Guerra, quando sulle colline di Spessa, nel cuore dei Colli Orientali del Friuli, si riprende a valorizzare la coltura della vite, ridando una fisionomia al territorio lacerato. Le prime bottiglie arrivano circa 70 anni fa, in pieno sviluppo industriale, quando ancora erano pochi i coraggiosi che decidevano di investire risorse e fatiche nella terra.
La mia famiglia, oltre ai terreni di proprietà, coltivava le vigne dell’ospedale di Cividale. Quando l’ente ospedaliero decise di vendere le proprietà terriere, furono acquisite dalla mia famiglia e così iniziò una lenta, ma progressiva crescita, gestita dai tre fratelli Zorzettig, che ci portò a diventare una delle realtà più importanti del territorio.
Circa 30 anni fa la svolta per la famiglia: i tre fratelli intrapresero strade indipendenti attraverso tre marchi distinti. Giuseppe, mio padre, fu colui che collegò il nome della famiglia al marchio aziendale e che assieme a mia madre e ai miei fratelli, riuscì a creare un’azienda solida ed efficiente, conosciuta non solo in Friuli, ma anche al di fuori dei confini regionali.
Il resto è storia recente, negli ultimi 10 anni c’è stata una crescita e una riqualificazione che ci ha permesso di arrivare ai vertici della produzione regionale.
Come definirebbe la vostra azienda?
Un tourbillon. Siamo in continuo movimento, una perenne evoluzione che ci consente di non seguire le mode del momento ma di affermare con orgoglio un nostro modo di essere fatto di autenticità, attenzione per uno stile di vita moderno e in armonia con la natura. Sono concetti che voglio trasmettere anche con le etichette dove il vino è un’onda, un pensiero “liquido” che fluisce sul foglio come il fluire della vita e del tempo.   
Il tempo ci attraversa senza che una stagione sia mai uguale all’altra e Zorzettig asseconda il normale lavoro della natura, così il vino che scorre nei nostri bicchieri non è mai uguale a quello dell’anno precedente. 
Qual è la filosofia che sta dietro ai vostri vini?
La nostra è una viticoltura che vuole essere parte integrante di un ecosistema dove ogni componente possa portare il suo prezioso contributo nel rispetto della natura e delle sue leggi.
Grande importanza è riservata all’ospitalità, con il vino che diviene una sorta di catalizzatore del pensiero e delle emozioni di chi fa visita all’azienda. Gli ospiti arrivano nell’antica casa di contadinanza, dove si respira la storia rurale, che racconta le vicissitudini della vita contadina di queste terre. Credo fermamente nell’indissolubile binomio tra vino e cultura, che mi piace condividere anche negli spazi del nostro agriturismo, il Relais La Collina, con manifestazioni e momenti di incontro.

Che vini producete e in che territorio?

La linea principale è la Classica Zorzettig che comprende vini bianchi e rossi autoctoni. 
La mia sfida più grande, quella in cui ho creduto con tutta me stessa e che sento del tutto mia, è la selezione Myò Vigneti di Spessa. Al suo interno troviamo gli autoctoni friulani, bianchi e rossi e due vitigni alloctoni, il Pinot Bianco e il Sauvignon, che sanno esprimersi ai massimi livelli sui declivi nei dintorni di Cividale. I vigneti per questa produzione sono stati accuratamente selezionati fra i più vecchi e fra i più promettenti della tenuta e tutte le uve sono vendemmiate a mano.
Nei nostri vigneti di Spessa, a poca distanza da Cividale del Friuli, possono beneficiare di un terroir e un microclima ideali per la viticoltura, protetti dalle fredde correnti dalle Alpi e godendo della benefica ventilazione dal mare Adriatico.

Qual è il vino che vi rappresenta di più?

Sicuramente il Friulano, quello che nei nostri cuori si chiamerà sempre Tocai. Quando abbiamo dovuto abbandonare questo nome storico, ho voluto ricordare l’ultima vendemmia di Tocai con un’etichetta speciale “L’Ultin” che in friulano significa l’ultimo. Un’etichetta legata alla mia famiglia che è stata anche insignita del Label Award 2008 per la Cultura del vino “a riconoscimento dell’intuizione straordinaria di far diventare un tributo alla storia del Tocai italiano elemento di comunicazione valoriale”.
Noi, però, guardiamo sempre avanti e il cambio di nome è stato uno stimolo ancora maggiore per lavorare sulla qualità del nostro Friulano, perché potesse diventare ancor più rappresentativo del carattere della nostra terra e della nostra gente.

Qual è la sfida più grande oggi per un produttore di vino?

Preservare un insieme di valori legati ad un territorio e trasmetterli attraverso il vino ad un pubblico ampio e variegato. Dentro una bottiglia c’è la saggezza dei nostri avi, c’è il sole e l’aria che hanno maturato le uve, c’è una cultura agricola e imprenditoriale che ci ha permesso di arrivare a livelli qualitativi un tempo inimmaginabili. Se non si riesce a veicolare questi valori, se non si riesce a far comprendere l’essenza di quanto facciamo anche a chi ha una cultura molto diversa dalla nostra, tutto il nostro lavoro è vano. Dobbiamo trovare linguaggi e modi di comunicare che siano in sintonia con i ritmi di oggi, per poter affermare valori senza tempo.

Quali sono i mercati del mondo in cui siete più presenti?

Siamo presenti in diversi mercati, dall’Asia agli Stati Uniti, all’Australia oltre ovviamente all’Europa, dove Germania e Austria sono i mercati più storici. Non ci poniamo limiti: i vini Friulani portano con sé un messaggio globale, fatto di autenticità e rispetto per la natura.