Chiedersi se sia più importante il brand aziendale o il brand territoriale è un po’ come chiedersi se sia nato prima l’uovo o la gallina. Semplicemente uno non potrebbe esistere senza l’altro, poiché sono profondamente interdipendenti. E anche se qualche caso di brand ben posizionato che non abbia alle spalle un territorio conosciuto può esistere, si tratta pur sempre di casi più unici che rari. Le grandi aziende devono sostenere il territorio, consapevoli che aumentando il prestigio della denominazione aumenteranno anche il loro prestigio.

A queste conclusioni è giunto Raffaele Boscaini, direttore marketing di Masi, una delle più importanti realtà della Valpolicella, territorio che negli ultimi anni ha vissuto una crescita esponenziale della propria fama internazionale, soprattutto grazie a quel Amarone che Masi ha contribuito a rendere grande nel mondo, ma che ancora fatica a trovare una forte coesione interna ed un’identità condivisa.

Lavorare per far crescere il territorio parrebbe una cosa scontata, giacché ogni produttore con cui si ha occasione di parlare è concorde nel dire che le aziende non potrebbero esistere se non grazie ai frutti che un territorio particolarmente generoso dona loro. Sarebbe quasi una naturale forma di ringraziamento. Tuttavia lavorare per far crescere il territorio vuol dire mettere da parte tutti quei particolarismi che nel corso degli anni hanno frenato la crescita del settore vino in Italia. E se proprio non lo si vuol fare per pura cortesia, almeno sarebbe opportuno farlo per interesse.

Si, perché sono molte le opportunità che le aziende possono cogliere dal brand territoriale. A esempio un marchio collettivo ben definito è indice di una forte identità, più facile da comunicare sui mercati internazionali e in grado di favorire un posizionamento più elevato per tutti i marchi della denominazione. Inoltre la coesione facilita anche un’applicazione più rigorosa dei Disciplinari e dei processi di controllo. In Italia in particolare abbiamo due grandi vantaggi competitivi da sfruttare: paesaggi stupendi che, se ben tutelati e uniti allo straordinario patrimonio culturale, sono un richiamo per i turisti da tutto il mondo e il buon cibo che si accompagna sempre al buon vino ed entrambi sono prodotti facilmente trasferibili e godibili potenzialmente ovunque. Il cibo e il vino si associano quasi automaticamente ad un esperienza e al luogo dove la si è vissuta e allo stesso tempo diventano portavoce del territorio nel mondo.

E’ chiaro che per giungere a sfruttare tutte le immense opportunità di un connubio forte tra marchio individuale e marchio collettivo è indispensabile essere consapevoli dei rischi, o comunque delle criticità coinvolte. Il primo grande problema da affrontare (non solo nel campo del vino) è una burocrazia soffocante che spesso si perde in tecnicismi, limita la libertà d’espressione delle aziende e rischia di perde di vista l’obiettivo primario che deve essere la tutela della qualità, da cui dipende la crescita dell’intero settore. Inoltre bisogna essere consapevoli che l’immagine della denominazione va costruita nel tempo e che per far questo servono investimenti, piani strategici a lungo termine e grande collaborazione.