Etichette perfette e sfavillanti e alta qualit� sono i requisiti che deve avere un vino italiano per essere apprezzato dai giapponesi. Ma a fare da contrappeso ci pensano i prezzi ribassati con cui vengono venduti i prodotti Made in Italy. Lo conferma Francesco Galardi, italiano di nascita, che lavora in Giappone ormai da sette anni per un’azienda importatrice nel settore enogastronomico. Dal personale interesse per una lingua cos� lontana dalla nostra come il giapponese, Galardi si trasferisce nel Paese del Sol Levante per apprendere la cultura di questo Paese. Cultura che gli ha permesso di amare e valorizzare ancora di pi� i prodotti della propria terra, tanto da restare ad Osaka per diffondere la cultura italiana e accumulare esperienza nel mondo del lavoro. Galardi ci svela come approcciarsi al mercato vinicolo nipponico e cosa significa lavorare nell’import di questo Paese.
Cosa l’ha spinta a vendere vino italiano in Giappone?
Essendo il popolo giapponese molto attento ai sapori presenti in un piatto o, ancora meglio, in un bicchiere di vino, durante la mia permanenza qui ho imparato ad apprezzare tutta una serie di sfumature della nostra cucina e dei nostri prodotti vitivinicoli che ormai in Italia non vengono pi�
considerati dalla maggior parte dei consumatori. � per questo che ho deciso di lavorare nel mondo dell’import, in modo particolare con il vino, mi sento cos� “ambasciatore” della cultura italiana, in un Paese dove siamo ancora apprezzati dalla maggioranza della popolazione e dalla cultura e abitudini culinarie ben diverse dalle nostre.
Cosa le piace di questo lavoro?
Fare questo lavoro � un po’ come fare lo chef: per chi cucina non c’� niente di pi� appagante di un sorriso sul volto di un cliente soddisfatto, o di un complimento riguardo al piatto preparato.
Per me � la stessa cosa: quando presento i prodotti che importo e vedo la soddisfazione nelle espressioni dei miei clienti, capisco che le ore passate “a combattere” con fornitori e dogana giapponese non sono invano!
Lei � giovanissimo, 28 anni: che progetti futuri ha?
In futuro mi piacerebbe poter lavorare direttamente per una cantina italiana per fare l’ambasciatore di un produttore di una specifica zona di produzione e della sua storia, per poter dare un’identit� ben definita a quello che faccio.
Qual � il suo approccio con i produttori?
Essendo italiano in territorio straniero, riesco a capire sia le abitudini italiane sia le esigenze dei giapponesi, che per un italiano possono sembrare bizzarre, o addirittura assurde in alcuni casi.
Qui non vengono ad esempio messi in vendita vini con etichette recanti anche il minimo difetto, i trasportatori in alcuni casi si rifiutano di caricare casse di vino in cui non � presente l’alveare, che divide le bottiglie, ed ogni difetto di produzione o conservazione non viene minimamente tollerato
dal consumatore. Problemi che a volte il produttore italiano non riesce a comprendere subito. Il mio compito � di fare da mediatore tra questi due mondi cos� diversi. La maggior parte dei produttori con cui lavoro, essendo abituati a confrontarsi con culture diverse, non hanno il minimo problema a risolvere i nostri problemi e ad esaudire le nostre richieste. La passione che mettono nel loro lavoro � ammirevole. Tuttavia, con alcuni produttori, non si riesce a comunicare, neanche tra italiani, poich� non riescono a comprendere le peculiarit� del Giappone. Un’altra parte di produttori mostra scarso interesse verso le richieste dei clienti (non solo giapponesi, in generale), rendendo il mio lavoro ancora pi� difficile di quanto gi� sia.
Secondo lei, su cosa ci si dovrebbe concentrare maggiormente per promuovere il vino italiano all’estero e in particolare in Giappone?
Il vino pu� essere venduto anche puntando solamente sul marketing: veste attraente, storia interessante, e contenuto all’altezza della situazione. Se, per esempio, un produttore di Chianti vuole venire qui a vendere i suoi prodotti, seppur di ottima qualit� e con un brand rinomato in tutto il mondo, senza uno studio di marketing approfondito, personalmente, credo sia meglio evitare la traversata transatlantica. Cuore, dedizione, creativit� e genuinit� 100% italiana sono la ricetta per il successo in questo Paese.
Per lei quali sono i punti a favore e quelli critici del vino italiano in Giappone?
Purtroppo in Giappone il vino italiano sta subendo una svalutazione a livello monetario: tutti tentano di vendere prodotti ottimi (perlomeno sulla carta) a prezzi troppo bassi. � vero che il Giappone � sempre un ottimo cliente per l’Italia, ma noi, al contrario dei francesi, abbiamo iniziato a “tramortire” l’immagine dei nostri prodotti abbattendo i prezzi per prenderci fette di mercato pi� grandi. Tanti produttori mi dicono che la stessa cosa succede anche su altri mercati, e anche per colpa della crisi che ha colpito l’Italia qualche anno fa. Cantine che hanno vino invenduto, che lo svendono a prezzi sottocosto per poter pagare debiti e mutui vari; cantine che non imbottigliano la met� del vino che producono, per cui vendono prodotti di alto livello con alti margini di ricarico,
e quelli di livello pi� basso con margini di guadagno quasi nulli, pur di svuotare la propria cantina e di dare una spinta alla ruota del cash flow. Tutto questo contribuisce ad abbassare il livello dei prodotti italiani all’estero. Dall’altro lato, il made in Italy in Giappone � sinonimo di qualit�, per cui produttori di nicchia e/o produttori di alto livello riescono a trovare una fetta di mercato per i loro prodotti.