È in momenti difficili come quello che stiamo vivendo che è più facile cogliere il valore dell’unione. Unione intesa come relazioni salde, accordi, solidarietà, ma anche condivisione di pensieri, di paure, esperienze, competenze tecniche e produttive. L’unione che porta con sé il fortificarsi, l’avvantaggiarsi in modo sinergico del grande lavoro del singolo. Ed è proprio nel modello di cooperazione che l’unione consortile, distribuendo in misura paritaria benefici e opportunità, gioca sempre di più un ruolo fondamentale nel settore vitivinicolo. Diwinexport nasce come modello ambizioso di Consorzio, un team che dal 2014 crea valore per 6 aziende della rete situate in 6 diverse Regioni, su 50 ettari di territorio tutelati. Il Veneto con Prosecco Ardenghi, il Piemonte con l’azienda Camparo, la Puglia con Podere 29, la Campania con Fattoria Pagano, il Lazio con Cantina Gaffino, la Toscana con la Maremma di Tenuta Casteani rappresentano il portfolio che insieme produce circa 600mila bottiglie, tutti accomunati dal rispetto per le diversità geografiche e territoriali di ciascuno. Debora Bonora, Direttore ed Export Manager, racconta il grande lavoro del Consorzio in questo specifico momento: “La ricchezza di ognuno di noi è proprio nella diversità. 

Come sta vivendo il Consorzio l’attuale momento?

“Il Consorzio sta bene. Ci tengo a precisare che esiste ed è fortemente unito. Teniamo duro ma soprattutto lavoriamo per prepararci alla ripresa. Il Presidente Mattia Ardenghi ha saputo in questi mesi convogliare le energie di ognuna delle nostre aziende verso la giusta direzione, facendo da collante e sfiduciando separatismi, motivando la forza dell’unione, sviluppando progetti a lungo termine. Siamo un Consorzio che attualmente è composto da 6 aziende -è in arrivo la settima –, naturalmente sempre aperti a nuovi inserimenti. Un gruppo che ha scelto di collaborare per raggiungere insieme i mercati esteri suddividendo gli sforzi soprattutto in termini economici. Grazie al nostro lavoro alcune aziende hanno già ottenuto un importante internazionalizzazione, trainandone altre che probabilmente non sarebbero state così attraenti per quei mercati. Penso alla Corea che si è avvicinata all’azienda piemontese Camparo, e grazie alla quale abbiamo introdotto, in un secondo momento, Fattoria Pagano, una denominazione poco conosciuta ma che è risultata di particolare interesse. Un lavoro faticoso che comporta di ragionare per obiettivi comuni, partendo però da identità completamente diverse”.

Come valuti la situazione attuale? 

“Difficile, anche se i provvedimenti in essere come Consorzio ci toccano in modo marginale. Certo, ci occupiamo di esportazioni e tutto il mondo è fermo a causa della pandemia. Ci troviamo nell’impossibilità di servire i clienti esistenti (noi lavoriamo solo con il settore Horeca) e soprattutto di trovarne di nuovi. Questo si riflette soprattutto sul lavoro delle singole aziende vinicole e più in generale sul paese Italia.”

Export e Horeca, due canali difficili a cui dover far fronte. Ma allora come si fa?

“È proprio qui che nasce l’opportunità. Abbiamo costruito in questi anni rapporti personali veri, abbiamo ascoltato le esigenze altrui piuttosto che le nostre, abbiamo creato insieme ai nostri importatori strategie che accomodassero gli uni e gli altri. Cosa ti serve e come ti serve? Queste le domande che ci siano fatti e a cui abbiamo cercato di dare delle risposte. Abbiamo sviluppato programmi che non cerchino nuove penetrazioni di mercato ma che consolidino rapporti basati sulla fiducia con i nostri partners. Al di là di casi particolari abbiamo continuato a lavorare creando nuove relazioni soprattutto con l’estero”.

Siamo nel pieno della seconda ondata pandemica, ma siamo soprattutto all’inizio di un lungo periodo invernale contrassegnato probabilmente da molte difficoltà. Quali le strategie possibili?

“Rimane molto complicato fare previsioni per l’Italia, abbiamo un modello di vendita e di acquisto del vino molto tradizionale e in questo momento si fa davvero fatica a trovare strategie alternative. Lavorare con le vendite on line dovrebbe essere la chiave di lettura anche per il mercato italiano ma tutto ciò andava fatto prima e per prima intendo due anni fa, non due mesi fa. Con l’estero stiamo pianificando il lavoro per il 2021 e soprattutto quello che andremo a fare on line, almeno per ora, sviluppando ancora meglio i mezzi di comunicazione a disposizione. Ci piacerebbe inoltre andare a risentire tutti i potenziali clienti lasciati in sospeso negli anni, quelli accantonati magari per una loro momentanea indecisione. È un lavoro lungo e minuzioso che però paga; pensare di offrire oggi un nuovo network a qualcuno che non hai mai conosciuto di persona sarebbe pura follia. Insieme ai consorziati, attraverso un puntuale lavoro di analisi, stiamo facendo luce anche su nuovi possibili canali a cui prima non avevamo dato molto peso perché ritenuti meno importanti. È fondamentale ora mettere da parte “i colossi”, ormai completamente saturi. Ribadisco, trovo necessario partire da un’analisi profonda di chi siamo, di dove vogliamo andare e in che modo possiamo andarci; solo così potremo renderci conto che tante cose fatte in questi anni erano decisamente superflue.

In qualità di Direttore del Consorzio e di Export Manager cosa ha imparato da questo momento? Cosa cambierebbe, se c’è qualcosa che cambierebbe, per muoversi sui mercati internazionali?

“Negli anni abbiamo lavorato seguendo schemi più grandi delle nostre potenzialità. In giro per il mondo ci sono molte altre opportunità, bisogna cercare quelle che ci assomigliano di più attraverso una ricerca dettagliata di chi è il nostro potenziale cliente e chi sono i concorrenti su quel segmento. Bisogna lavorare di precisione, non c’è più tempo e soprattutto non ci sono più disponibilità economiche. Vorrei sottolineare che in questo periodo il Consorzio avrebbe anche potuto spaccarsi, invece la risposta alle difficolta è stata nel credere al lavoro fatto sin qui. Stiamo fermi in attesa che i giorni difficili passino, ma nello stesso tempo andiamo avanti insieme”.

Quali caratteristiche devono avere le aziende per entrare in Diwinexport?

“Essere fortemente preparate per il mercato estero, avere cioè un prodotto adatto per il mercato estero, che abbia delle potenzialità. Saremo noi, nella piena condivisione dei contatti commerciali, poi a proporlo. Una scelta del Consorzio è avere una sola azienda per regione, questo significa che al momento non possiamo ad esempio valutare l’entrata di un’altra azienda piemontese avendo già Camparo nel nostro portfolio. il nostro mantra è “we share”: la condivisione, lo sharing appunto, la profonda trasparenza, tutti elementi cardine del nostro lavoro”.