Come è nata la vostra azienda?
Nostro padre Lorenzo ha sviluppato l’azienda vinicola nel 1964. Precedentemente la mia famiglia produceva vino già da parecchie generazioni, probabilmente dal 1630, e lo vendeva nelle trattorie e ristoranti di Verona e provincia.
La svolta però è arrivata con nostro padre che ha dato vigore all’azienda e ha impostato lo stile dei nostri prodotti: vini ricchi di struttura e freschezza, adatti ad essere accompagnati al cibo.
È nostro poi uno dei primi cru della Valpolicella di Amarone. Lui ha creduto molto in questo vino in un momento, gli anni Sessanta, in cui il vino della Valpolicella era il Recioto.
Oggi vi occupate dell’azienda Lei e le Sue sorelle Antonietta e Sabrina. Come è avvenuto il passaggio generazionale?
Mio padre ha sempre avuto una grande apertura mentale. Non ha mai ostacolato le nostre idee. Sia io che lui siamo creativi nella produzione del vino, perciò, quando sono entrato in azienda e ho proposto delle sperimentazioni, qualsiasi cosa volessi fare in piccolo me l’ha sempre fatta provare.
È celebre in famiglia la volta in cui lui stesso aveva deciso di usare una sorta di pentola a pressione per uno stano esperimento sul vino, rimanendo sveglio tutta la notte per paura che esplodesse.
Come definirebbe la vostra azienda?
Famigliare ed artigianale. Ma anche storica ed innovativa allo stesso tempo. Autentica, con una forte identità.
Come sono divisi i ruoli in azienda?
Essere in tre fratelli è per noi una risorsa più che una complicazione, come in tante altre realtà. Per noi più teste, portano idee.
Però per far funzionare in modo efficiente la macchina aziendale abbiamo dei ruoli definiti: Antonietta, che è entrata per prima in azienda nel 1984, si occupa del mercato italiano e di amministrazione, io di produzione ed export in Nord America, mentre Sabrina, che è entrata per ultima in azienda nel 2000, di export in Europa e Far East e di marketing.
Qual’è il vino che vi rappresenta di più?
Il prodotto di cui sono più contento oggi è l’Amarone della Valpolicella, prodotto con una selezione delle uve da più vigneti di collina.
È un vino completo, con ricchezza di tannini e giusta acidità, perfetto per l’accompagnamento al cibo. Il nostro marchio di fabbrica, che continua avere parecchio successo in Canada, in particolare in Ontario.
Il vino che la sta stupendo di più invece?
Il Valpolicella giovane ha funzionato meglio di quanto pensassi negli anni. Per questo il nostro obiettivo per i prossimi anni è rivalutare un po’ questo vino, che subisce il successo di Amarone e Ripasso, e riportarlo al suo valore originale: un vino da pasto piacevole, fresco, con meno complessità, ma non meno affascinante.
In che direzione stanno andando i vostri vini?
Stiamo lavorando per migliorare la componente aromatica, è una priorità in questo momento.
La sfida più grande oggi per un produttore di vino…
La sfida più grande è nel vigneto, non tanto nei vini, evitando gli scarti, cercando la qualità costante e selezionando le uve al massimo. Lo stiamo facendo in tutti i nostri vigneti ed in particolar modo nel vigneto che abbiamo acquistato negli anni scorsi nella vallata di Mezzane, Maternigo, 31 ettari di paradiso attorniati da boschi.
Quali sono i mercati del mondo in cui siete più presenti?
Svizzera e Germania in Europa, mentre Canada, che occupa un 35% di fatturato, e Stati Uniti (8%) per l’extra-UE. Anche se anche il mercato nazionale sta crescendo, registrando un 15-20% del fatturato.
La sfida più grande per l’export del vino italiano?
Educare il consumatore e non avere paura di essere se stessi. Le mode e i trend di mercato stanno minacciando le identità aziendali. Invece, il bicchiere dovrebbe esprimere lo stile dell’azienda, il suo territorio, non i gusti del consumatore… sperando di incontrare comunque i gusti del consumatore.