Cinque degli otto principali mercati mondiali di import vinicolo chiuderanno il 2016 con il segno meno. Queste le stime di Wine Monitor, secondo cui Regno Unito e Germania avranno importato meno vino rispetto al 2015 (rispettivamente – 9% e – 4%), mentre Stati Uniti e Giappone avranno una chiusura di poco positiva ( meno del 2% per gli americani e circa il 3 % per i nipponici). Solo la Cina continua a mantenere ritmi sostenuti, con un quasi +20% rispetto all’anno precedente.
Se il 2015 è stato un anno molto positivo, con una crescita di valore dell’import mondiale di vino superiore al 10%, il 2016 verrà ricordato come un anno in chiaroscuro: “In uno scenario di mercato contraddistinto da più ombre che luci, anche i vini italiani risentono di queste incertezze e battute d’arresto dove i cali sono in larga parte generalizzati e risparmiano pochi grandi esportatori” dichiara Denis Pantini, responsabile Wine Monitor di Nomisma.
Secondo gli ultimi dati disponibili sul commercio internazionale, che risalgono allo scorso settembre, si vede come le importazioni di vini fermi imbottigliati (che da soli rappresentano più del 70% di questo mercato) siano diminuite, con il calo più vistoso nel Regno Unito con un – 10%. L’unico comparto che non solo regge, ma fa da vero traino per l’intero settore, l’abbiamo già riportato più volte, è quello degli sparkling. E in questo l’Italia si è ritagliata una buona fetta del mercato, con crescite di oltre il 30% sia negli Stati Uniti che nel difficile, per quanto emerso finora, mercato britannico.
“Guardando ai singoli competitor, gli spumanti italiani crescono più dei concorrenti in tutti i principali mercati di consumo tranne in Giappone dove Francia e Spagna ci surclassano e la nostra presenza è ancora marginale, mentre nei vini fermi andiamo peggio di Nuova Zelanda e Spagna negli Stati Uniti, del Cile in UK – gli unici vini a crescere in un mercato in calo – e nuovamente dei neozelandesi in Canada” continua Pantini.
Il giudizio preventivo sul 2017 pare congelato per il momento a causa di questioni spinose a cui non si è ancora riusciti a dare una chiave di lettura. Da una parte gli effetti di una Brexit che ad oggi ancora non si è capito quando avverrà di fatto, con una sterlina che dal giorno successivo al voto ha perso il 13% del suo valore nei confronti dell’euro; dall’altra la presidenza di Donald Trump negli Stati Uniti, le cui posizioni prese in campagna elettorale, se dovessero essere rispettate, rischierebbero di deprimere ancor più il commercio internazionale.
Commercio internazionale che invece andrebbe favorito. E proprio in questo scenario si torna a parlare dell’importanza degli accordi di libero scambio tra Unione Europea e Paesi terzi per ridare linfa vitale all’export vinicolo. In particolare si tratta dell’accordo CETA con il Canada e dell’EVFTA con il Vietnam. Per entrambi si attende a breve la ratifica da parte del Parlamento Europeo e l’entrata in vigore entro i primi mesi del 2017.