Molti produttori di vino organizzano le loro attività con un mix composto dalla famiglia proprietaria e da management esterno. Sono sempre rose e fiori? Diventare una squadra unita, che lavora duramente per il cambiamento ma in un ambiente piacevole: ecco un obiettivo per un Business Coach. I coach sono professionisti dell’allenamento delle potenzialità di individui e organizzazioni, sanno guidarvi nell’esprimere il meglio di voi e raggiungere gli obiettivi.

Vediamo un tipico scenario in cui si può sperimentare il coaching. Sappiamo bene che le aziende vitivinicole sono contraddistinte da meravigliose tradizioni. Esse sono il DNA del prodotto che verseremo nel bicchiere. Il mercato, da parte sua, sviluppa una forte domanda di cambiamento che mette a dura prova i paradigmi del passato. Ci sentiamo ancora dire a volte: “Abbiamo sempre fatto così” o “Abbiamo già rivoluzionato tutto pochi
anni fa”. In questo scenario si presentano (o si sono presentati nel passato con ripercussioni ancora presenti) due problemi:
a) l’inserimento di personale esterno alla famiglia, anche in posizioni chiave
b) il bisogno di coniugare la tradizione con la spinta innovativa necessaria per la crescita, e questo vale anche all’interno degli stessi componenti della famiglia. Il risultato può essere confusione nelle strategie, spreco di denaro o demotivazione delle persone. Una figura “neutra” ma alleata come il coach può aiutarvi a raggiungere nuovi equilibri, nuovi paradigmi di successo.

Andando più nello specifico, vediamo due esempi di obiettivo di un percorso di coaching:
1) convergere verso una nuova cultura di vendita contraddistinta da una nascita/sviluppo
dell’export.
2) realizzare una trasformazione digitale che includa anche l’e-commerce

Ma come opera esattamente un business coach? 

Può essere utile intanto dire che cosa non è. Non è un terapeuta, non è un consulente e, attenzione, non è un motivatore.  Se vogliamo imboccare una nuova strada culturale dobbiamo prima conoscere bene quella vecchia. Il coach, infatti, inizia il suo percorso con quella che si chiama “Analisi della domanda di coaching” che ovviamente è espressione del bisogno, spesso un malessere
originato da difficoltà nel fare i cambiamenti che abbiamo prima descritto. In pratica si intervistano le persone individualmente o in gruppo, si studia qualità e quantità della comunicazione, si imparano linguaggi e storie professionali.
Definito lo spazio esistente fra la cultura di “partenza” e quella di “arrivo”, l’obiettivo del coaching organizzativo è costruire un ponte fra la situazione di partenza e quella di arrivo e allenare l’organizzazione nell’attraversarlo.
Stabiliti i componenti dell’organizzazione oggetto del percorso, iniziano le attività che prevedono un’alternanza fra sessioni individuali e di gruppo. Da una parte ci sono gli allenamenti delle potenzialità individuali, dall’altra c’è una convergenza di questi allenamenti verso le potenzialità di tutta l’organizzazione. In pratica si costruisce un percorso verso la nuova cultura che si sviluppi dalle singole potenzialità degli individui che
la compongono. Il risultato finale deve produrre una nuova armonia: il benessere dell’azienda sposa il benessere dei componenti dell’organizzazione grazie alla migliore espressione dei suoi singoli attori. Che sono ora uniti, consapevolmente, verso un obiettivo comune. All’interno dell’annoso dibattito fra tradizione e innovazione, già ampiamente affrontato, abbiamo una decisione da prendere: “Di fronte alle opportunità offerte dal cambiamento, vogliamo essere attori o spettatori?“. I coach non hanno la bacchetta magica, ma neanche voi!