Il Lazio è la tredicesima regione italiana per stock di vino prodotto; in altri termini, la sola provincia di Verona supera di sei volte la sua produzione; così si apre la prima giornata del LWF, con le parole di Stefano Vaccari, Direttore Generale del Consiglio per la Ricerca in Agricoltura e l’analisi dell’Economia Egraria (CREA) che, partendo da un incontrovertibile dato quantitativo, traccia subito, senza mezzi termini, la strada da seguire per la valorizzazione del Lazio: anzitutto la crescita dimensionale della produzione, nell’assunto che dimensioni importanti non siano in contrasto con la qualità, ma, al contrario, possano costituire la premessa per una ricerca di ottimizzazione, per una maggiore rappresentatività e infine, per una migliore percezione sul mercato. Esempi in questo senso ne troviamo numerosi, sia entro i nostri confini che all’estero – Francia, una per tutti, docet.

Un team di professionalità solide e complementari, quello degli ideatori del LWF,  a partire da Sabina Minutillo Turtur, esperta di comunicazione, Gelasio Gaetani d’Aragona, persona di riferimento nel mondo del vino internazionale, e Vienna Eleuteri Held, studiosa della sostenibilità; a loro si deve l’indubbio merito di aver posto un riflettore sul vino del Lazio che, per usare le parole di Jancis Robinson – che regala al LWF un caloroso benvenuto – è stato a lungo fin troppo “quiet” e che, grazie alla luce di questo riflettore, può oggi iniziare a risplendere come il sole nelle sue campagne.

Il Lazio ha tutte le potenzialità di diventare un brand e promuoversi attraverso la sua produzione enologica, ha ancora molto da comunicare sia in Italia che all’estero, per usare le parole di Sabina Minutillo Turtur; la partnership del LWF con il CREA, patrocinato dalla Regione Lazio e dall’Arsial, individua nella modernità, nella sostenibilità e nell’intelligenza i parametri della viticoltura laziale del futuro, e, quindi, i  bullet dell’agenda che, a partire dal kick-off del 20 e 21 novembre, ispirerà le future iniziative del LWF. 

14 le aziende che hanno aderito ad oggi al progetto, con un’ampia rappresentatività territoriale e una gamma di prodotto estesa e caratteristica dei diversi distretti di cui il Lazio enologico si compone: Agricola Sant’Eufemia, Antica Cantina Leonardi, Cantina Sant’Andrea, Casale del Giglio, Casale della Ioria, Capizucchi Winery, Castello di Torre in Pietra, Marco Carpineti, Maria Ernesta Berucci, Omina Romana, Principe Pallavicini, San Giovenale, Tenuta di Fiorano e Terre di Marfisa.

14 le etichette degustate dal tandem Gelasio Gaetani / Daniela Scrobogna, Presidente del Comitato Scientifico della Fondazione Italiana Sommelier, in un vivace ma rigoroso duetto, contrassegnato da   parametri degustativi e storytelling emozionale. Ne emerge un Lazio che sorprende, che è in grado di valorizzare ai massimi livelli i vitigni internazionali ma anche che regala perle di unicità con i suoi vitigni autoctoni.

La seconda giornata dell’evento si snoda in un workshop sulla sostenibilità, che vede protagonisti Vienna Eleuteri Held e Riccardo Velasco, Direttore del Centro di Ricerca in Viticoltura e Enologia del Crea. Una sostenibilità che non è prescrittiva, ma propositiva, non è un set di regole da seguire, ma un viaggio di ricerca di quel modus in rebus che troppo spesso si è perso, anche in alcune esperienze di viticoltura; è un Patto volto a ridurre la nostra impronta e a ricreare un’armonia che è sinonimo di abbondanza, che è espressione di relazioni – tra ambiente e uomo, tra uomo e altri esseri viventi – tra sistemi complessi che impattano reciprocamente e positivamente gli uni sugli altri; un patto per porre in evidenza i costi – anche invisibili e indiretti – delle cose che facciamo e mirare, come imprenditori, ad una leadership di costo, vale a dire a scelte gestionali atte a produrre benefici economici per la nostra azienda e, al contempo, sul nostro ambiente di riferimento.

La strada della sostenibilità, che si appresta a guidare la consapevolezza delle aziende aderenti al patto, non conduce soltanto alla valutazione della impronta ecologica attuale – cioè gli effetti attuali di ciò che facciamo – ma si spinge a disegnare l’intero Life Cycle Assesment, vale a dire la computazione degli effetti dell’intero ciclo di vita di un bene o di un servizio prodotto.

Ed il traguardo non è uguale per tutti, ma dipende dal territorio e dalla singola azienda; ogni territorio vitato ha il proprio target di sostenibilità e ogni azienda che vi insiste deve darne una propria lettura: perseguendo quella leadership di costo secondo la quale, se produrremo bene, tutto costerà meno, per il conto economico dell’azienda e per l’ambiente.

Latium Wine Festival non si ferma a questa due giorni digitale, che ha saputo ricreare, anche a distanza, il calore della prossimità e il piacere del confronto. Sono in programma altri eventi, a partire dall’inizio del 2021, che accompagneranno il vino del Lazio nel suo percorso di crescita e di valorizzazione.

Buon viaggio, quindi, al Latium Wine Festival e alle aziende del Lazio che sapranno cogliere questo sfidante invito.