Per un lungo periodo, dal quale siamo tutti dovuti uscire in fretta e furia per effetto della pandemia, il digitale ha rappresentato la second life del marketing  e della promozione. Per un lungo periodo abbiamo continuato mentalmente a tenere distinte le modalità tradizionali di dialogo con i nostri clienti attuali e potenziali, dagli approcci di tipo digitale; e sul piano pratico abbiamo continuato a confrontare formule offline e strumenti online, valutando la strada migliore da seguire per raggiungere il nostro mercato. 

In regime di lockdown e, a seguire, con i vincoli imposti dalla emergenza pandemica, il digitale è stato l’unico modo per rimanere in contatto con le nostre comunità di riferimento e, per definizione, sono saltate tutte le distinzioni accademiche. Il digitale era già una opzione ad alto valore aggiunto, ma in questi pochi mesi di pandemia la ricerca e gli investimenti connessi al digitale hanno guadagnato anni luce a tempo di Planck. 

Oggi non ha molto senso pratico continuare a pensare dicotomicamente alle esperienze in presenza piuttosto che alle modalità di interazione digitale. Oggi l’esperienza di comunicazione è diventata unica e funziona, in modo liquido, ibrido e contaminato,  su più livelli, dall’experience in vigna all’e-shop, dalla realtà aumentata alla degustazione tradizionale.

Ce lo hanno raccontato a Wine2Wine, con una lucida analisi dedicata allo scaffale digitale, Nicola Ferrari, Senior Digital Strategist di AQuest, che ha curato, tra le altre, anche la campagna advertising di Pasqua Vigneti e Cantine e Riccardo Pasqua, CEO dell’azienda. 

Il 51% dell’advertising globale viaggia ormai su Internet, 48 milioni di dollari spesi nel 2020 soltanto sui mobile device, con Usa e Cina ad alimentare maggiormente questo mercato.

Evidenti i vantaggi: i canali online consentono meglio degli altri di mirare sartorialmente al target che si vuole raggiungere, le campagne social possono essere profilate al millimetro e, di contro, permettono di raccogliere informazioni sulla clientela inimmaginabili con gli standard tradizionali. E in questo l’accelerazione è stata da razzo spaziale.

Oggi infatti non ci sorprendiamo più se il nostro schermo sembra leggerci nel pensiero e ci propone voli low-cost, guarda caso proprio per la destinazione che abbiamo in mente. Inquietante, forse, ma non è questa la sede per sciogliere il social dilemma che ne deriva. A noi, che ci occupiamo di vino, compete capire come sfruttare le potenzialità del digital, anzi, a questo punto, del phygital, per costruire piani editoriali in grado di intercettare i desideri del nostro mercato, esaltando l’identità aziendale e tenendo quindi fede alla nostra vision. 

Per fare questo, però, non basta avere un buon budget.

Occorre sicuramente una strategia di comunicazione che sia in grado di differenziare i contenuti a seconda del vettore: Instagram, per esempio, che in questi anni si è dimostrata carta vincente per la comunicazione di Pasqua, ha un registro comunicativo unico, e non sovrapponibile a quello di Facebook o altro. 

Determinante, prima ancora, sposare concept chiari e altamente comunicabili. Pasqua, già da tre anni, ha investito sul talento, con la campagna talent never tasted better, e quest’anno, in piena crisi, ha raggiunto 3 continenti, 8 Paesi e 50 milioni di utenti con una importante campagna multi-canale puntando su un ambassador d’eccezione quale il campione di golf Francesco Molinari, che incarna l’orgoglio di essere italiano e la capacità di vincere sul campo di gioco: chiaro il messaggio, chiaro il suo riferimento alla vision aziendale.

Ma, proprio per tenere fede al new deal del phygital, una strategia vincente non può dimenticare che la fisicità esercita per un wine-lover, per un amante del buon cibo, come per un estimatore del fashion made in Italy, una enorme seduzione. Nella proposta commerciale hanno quindi trovato spazio anche i virtual tasting box, cui è stato deputato il compito di gratificare e far sognare il cliente, confinato negli angusti spazi della propria casa, oltre che con il vino da degustare nel proprio ambiente privato, anche con l’invito a visitare, appena possibile, la cantina. 

Esperienza che evoca esperienza… forse proprio in questo risiede il segreto del phygital.