Gli USA si confermano un mercato di riferimento per il business del vino italiano. Un mercato sano e in costante crescita che presenta, tuttavia, diverse criticità da tenere in considerazione. A Wine2wine 2016 Ludovico Bongini (di Gruppo Diacron) e Giuseppe LoCascio (di Fine Wine Brand Management e Strategie di Importazione e Distribuzione) hanno presentato gli Stati Uniti come una piazza rigidamente regolamentata, iper-competitiva e, di conseguenza, frammentata, dove la scelta dell’import model diventa fondamentale per la riuscita dell’impresa commerciale. 

Innanzitutto la struttura tripartita della distribuzione americana, articolata sui tre livelli importatore-distributore-retailer, retaggio del sistema proibizionistico smantellato negli anni trenta, ha l’effetto di far lievitare i prezzi e di limitare indirettamente i consumi.
Altro snodo fondamentale del sistema di importazione americano è costituito della regolamentazione sull’etichettatura: l’etichetta degli alcolici tra i 7 e i 24 gradi è sottoposta a un complesso procedimento di approvazione da parte delle autorità centrali (cd. COLA) e si pone come presupposto per la tutela dei prodotti contro la concorrenza sleale: più dettagliate saranno le indicazioni contenute nell’etichetta, più efficace potrà essere la tutela fornita dal sistema.
Le aziende italiane devono inoltre fare i conti con le regole dettate in materia di packaging, che vietano l’uso di determinate parole e limitano le informazioni che possono essere riportate in etichetta. Alcune restrizioni sono state dettate anche sui formati ammessi.
Il Bioterrorism Act del 2002 ha incrementato gli adempimenti richiesti per l’importazione di prodotti alimentari negli USA e contempla la registrazione obbligatoria presso la Food and Drug Administration di tutti gli stabilimenti che producono, trasformano o stoccano prodotti alimentari destinati agli USA; è richiesta inoltre la notifica anticipata all’FDA di ogni spedizione di prodotti alimentari destinati a questo mercato ( cd. Prior Notice).
Alla legislazione federale si aggiunge la regolamentazione di dettaglio elaborata dai vari stati, che ostacola un approccio unitario al mercato USA. Il Minnesota viene segnalato come piazza particolarmente interessante alla luce della semplificata regolamentazione statale e della presenza di numerosi buyer.
Ferme restando tutti questi ostacoli di carattere formale, secondo gli esperti le parole d’ordine sono: conoscenza dei propri prodotti e dei propri obiettivi. Non esistono raccomandazioni generali valide per tutte le aziende. Gli USA, come già anticipato, sono un mercato piuttosto facile, ma non redditizio, che necessita di essere studiato con attenzione prima di essere aggredito. 
Qual è il target di consumatori che abbiamo scelto per i nostri prodotti? Quali i buyer che operano nello stato obiettivo? Quali i costi che ci troveremo ad affrontare? Solo dopo aver risposto a queste domande saremo pronti a valutare la convenienza ad entrare in questo mercato ed eventualmente a decidere il posizionamento di prezzo, che deve essere non solo adatto al mercato ma anche sostenibile per l’azienda. 
E l’importatore come si sceglie? Non esiste una preferenza generalizzata per l’importatore nazionale o federale perché entrambe le figure presentano vantaggi e svantaggi: l’importatore nazionale solitamente è più efficace nella risoluzione dei problemi legati ai pagamenti ma spesso è geloso dei propri contatti ed ostacola le relazioni dei fornitori con i buyer. Viene segnalata, inoltre, quale strada interessante e non troppo difficile da percorrere dal punto di vista pratico, la possibilità di richiedere una propria licenza di importazione, eventualmente aggregandosi con altre aziende. Ciò consente in prima battuta di abbattere i costi ma anche di avere padronanza dei mercati e dei contatti.
Gli Stati Uniti si confermano quindi un ottimo partner commerciale per l’Italia che, però, va approcciato con professionalità, valutando costi e benefici. Ogni azienda deve prima di tutto conoscere se stessa e poi cercare la sua personale strada nel mondo dell’export, senza alcuna improvvisazione.