Fattoria Varramista è un mondo fuori dal tempo, che ha ospitato persone, eventi e le loro storie: nobili, intellettuali, imprenditori e artisti dal 1400 ad oggi hanno camminato sulla terra di questa tenuta immersa nel verde della collina pisana nella Val d’Arno. Non potendo raggiungerla fisicamente, abbiamo pensato di viaggiare con l’immaginazione, supportati dalle immagini, e deciso di intraprendere un viaggio virtuale nel cuore dell’azienda toscana scoprendo assieme ciò che di più autentico esista: la sua vera anima.
Lo facciamo grazie ad un cicerone d’eccezione, che ci accompagna in questo viaggio: Francesca Frediani, colei che normalmente accompagna turisti ed enoappassionati nella visita della tenuta di Montopoli, svelandone segreti e meraviglie.
Cominciamo con una visione della parte storica dell’azienda (foto 1), il suo cuore: una visione aerea della villa, del giardino all’italiana e degli edifici risalenti alla fine del 1500, appartenuti alla famiglia dei Conti Capponi, signori di Varramista dal 1406 fino al 1953, fino a quando i 400 ettari di tenuta sono stati acquistati dal dottor Enrico Piaggio, reduce dal lancio della celebre Vespa e della crescita esponenziale dell’industria di Pontedera.
“Per le persone che hanno lavorato alla Piaggio, così come per i cittadini della zona, Villa Varramista era un posto mitico, perché il dottor Piaggio la scelse come sua residenza personale e la trasformò” spiega Francesca Frediani.
“Con questa immagine guardiamo dall’alto un fermo immagine della tenuta, che reca tracce di un passato lungo e importante, ma con una visione moderna e più ampia di quello che l’occhio può vedere nella normalità. Questo è Fattoria Varramista: una realtà storica, per questo profondamente radicata nel territorio di Montopoli, ma allo stesso tempo con una proiezione al futuro”.
Questa storica tenuta, con i suoi 400 ettari di verde, è stato compagna di lungo corso non solo dell’affascinante giardino all’italiana che la incornicia, ma anche dei vigneti che hanno prodotto per molti anni solo vino sfuso. “Essendo la vigna ed il vino già parte dell’identità della tenuta, alla fine degli anni Ottanta è arrivata l’idea di imbottigliare da parte di Giovanni Alberto Agnelli (figlio di Antonella Bechi Piaggio e di Umberto Agnelli). Lui elesse la fattoria come l’azienda del cuore e decise di portare il Syrah, perché ne era un amante” spiega la nostra guida.
Vogliamo scendere ad apprezzare ora i dettagli di questo viaggio nel mondo di Fattoria Varramista, cogliendo l’impronta che il tempo e le persone hanno lasciato su di essi.
Siamo nel giardino “romantico” (foto 2), un luogo quasi segreto, sistemato recentemente e mai aperto al pubblico, ma che presto potrà diventarlo.
Una fontana in cemento attorniata di sculture campeggia circondata da un boschetto di canne di bamboo, cedri del Libano, querce, alberi secolari, platani, magnolie, ginkgo biloba: un mix di influenze e commistioni esotiche.
“Questo è un posto misterioso e magico allo stesso tempo, dove la natura fa star bene l’anima, rimasto sconosciuto per molto tempo perché riservato solo agli intimi della villa. È la perfetta cifra della riservatezza che da sempre caratterizza la conduzione di questa azienda nonostante i proprietari di questi luoghi siano stati e siano ancora personaggi in vista. Loro hanno sempre condotto una vita fuori dalle luci della ribalta, con un atteggiamento defilato, ma aperto alle persone che poterono accedere al viale di ingresso della villa da quando il dottor Piaggio la acquistò” spiega Francesca.
L’immagine dei vigneti (foto 3) dimostra, che qui il vino ricopre un ruolo importante, prodotto con un filo conduttore “francesizzante”, infatti la coltivazione è dominata da vigneti di Syrah, scelta frutto dell’amore di Giovanni Alberto Agnelli per i vini francesi. “Da allora non è cambiato molto, in una scelta di continuità con la passione con cui Giovannino Agnelli, scomparso purtroppo prematuramente, ha dato il via all’avventura di Fattoria Varramista come azienda vinicola. Questo filo conduttore è rimasto fino ad oggi, tant’è che l’enologo è lo stesso che ha portato il primo Syrah, Federico Staderini“.
Gli otto ettari di vigneti di Syrah, Sangiovese e Merlot sono condotti con lo stile francese di impianti fitti e cordone speronato, e con una conduzione tra il biologico e il biodinamico.
Questo dimostra l’amore e il rispetto della biodiversità e la fiducia nelle capacità dell’uomo, più che nella chimica.
E parlando di biodiversità, i vigneti si inseriscono in un magnifico contesto che vede alle spalle un bosco di 200 ettari, rimasto intatto nel tempo, dove spiccano dei caratteristici abeti bianchi, che garantisce delle temperature più basse della media soprattutto in estate donando ai vini una particolare freschezza.
La cantina storica di invecchiamento si trova sotto la villa e conserva ancora traccia dello storico pavimento in mattoni (foto 4). “I nostri vini prima di arrivare in questa cantina passano prima da quella di vinificazione più moderna. Successivamente approdano qui per affrontare quello che per noi è il momento fondamentale della loro vita: l’affinamento”.
Qui vengono posti in botti di legno già invecchiate e affrontano un affinamento medio dai 12 ai 18 mesi. “A noi i vini non ci riesce farli giovani” spiega Francesca. “Le persone ne apprezzano la profondità e la longevità e anche a distanza di tempo hanno ancora tanto da raccontare. Inoltre si contraddistinguono per una grande freschezza in bocca data da una bella acidità. Infine presentano spaziature molto fini ed eleganti: dal pepe, caratteristica nota del Syrah, a profumi più balsamici (eucalipto, macchia mediterranea). A distanza di 30 anni dai primi impianti, i nostri vini presentano maggiore concentrazione di colore e pienezza di bocca: insomma, come si dice la maturità porta consiglio“.
Il nostro viaggio si conclude qui, ma non la nostra voglia di viaggiare, anche solo con l’immaginazione, in attesa di poter vedere con i nostri occhi questi paesaggi e conoscerne il vero gusto. Ma torneremo a farlo molto presto, ne siamo sicuri.