Parlare di vino, svincolandolo da quel pizzico di romanticismo che si vive nell’azienda agricola La Raia – Novi Ligure – è impossibile. Il progetto di Piero Rossi Cairo e dell’enologa Clara Milani guarda semplicemente alla vigna inserita nel contesto delle colline del Gavi ma soprattutto dei 180 ettari, 48 coltivati a vigneto, 60 a seminativo e i restanti occupati da pascoli, boschi di castagno, acacia e sambuco che proteggono numerose specie di animali selvatici, acquistati nel 2002. Una produzione fortemente orientata ai vini bianchi come i Gavi DOCG pluripremiati – Gavi, Gavi Riserva Vigna Madonnina e Gavi Pisé – e solo due tipi di Piemonte DOC Barbera.

Il tema approfondito nato dall’osservazione, dalla sperimentazione e dai confronti tra vinificazioni e lieviti indigeni selezionati è l’evoluzione del Gavi Pisé, il cru aziendale lavorato esclusivamente in acciaio inox, almeno fino all’annata 2017. Con la vendemmia 2018 la decisione di vinificarlo diversamente, senza stravolgerlo, ma mantenendo il suo tratto distintivo. “Ecco perché parliamo di evoluzione di un cru – afferma Piero Rossi Cairo – perché siamo dinanzi a un’innovazione conservativa dell’identità del vino che è anche l’identità della nostra azienda”.

“Il Gavi Pisé ha rappresentato per La Raia l’occasione di riflettere e di sperimentare sempre nuove modalità di lavorare il vitigno Cortese – afferma Clara Milani -. Per le uve del Pisé, che provengono da un antico vigneto de La Raia, suolo rosso a 300 metri sul mare, abbiamo prolungato il tempo di permanenza sui lieviti autoctoni, il cosiddetto sur lies: prima dodici mesi e poi via via sino a due anni. Volevamo ottenere un vino longevo, cosa non scontata per i bianchi, con un corredo aromatico “in movimento”, come mi piace definirlo. L’idea di inserire un passaggio in rovere, quella più adatta a un vitigno delicatissimo come il Cortese, è una scelta che mi ha convinta perché ci consegna un Gavi ancora più interessante. L’evoluzione di questo cru va nella direzione che abbiamo voluto intraprendere: il Pisé 2018 ha sapidità, promessa di longevità, capacità di evolvere nel bicchiere per una degustazione mai scontata.”

Un lavoro che ha voluto celebrare lo studio del territorio, la conoscenza del vitigno, la porzione del vigneto accompagnato a esprimere il meglio di sé. Un Gavi Pisè nobilitato da un lieve passaggio in botte grande e dalla continua ricerca anche sui lieviti selezionati ottenuti da un lavoro d’indagine minuzioso che ha permesso di individuare 230 ceppi, divenuti solo 45 sulla base del profilo e del DNA di ognuno di essi. Dopo 45 micro vinificazioni a partire dallo stesso mosto e 45 assaggi, la selezione si è ridotta a tre, scelti poi per l’avvio delle fermentazioni. Lieviti indigeni ma selezionati per garantire il terroir. “Non si tratta di fermentazioni classiche – ribadisce Clara Milani -; sono richiesti tempi più lunghi (ad oggi ho ancora dei mosti che fermentano) più cure e anche più ansie. Il tutto è ripagato dal potere avere una nostra rispettosa identità”.

Dalla 2018, annata complessa caratterizzata da una produzione elevata che ha visto l’azienda impegnata nella selezione delle uve, a ritroso nel tempo per svelare un’altra annata difficile come la 2017, la prima realizzata dall’enologa Milani che ha portato una produzione inferiore del 60% a causa di forte siccità, ma uve molto sane e concentrate di aromi e precursori naturali. Vinificata esclusivamente in acciaio, ha moltissimo da dire in termini di longevità. Infine l’assaggio della vendemmia 2015, un sorso complesso che conserva tutte le caratteristiche varietali dell’uva. Elemento peculiare del cru Gavi Pisé nonché filo conduttore, la mineralità, il gesso, le erbe aromatiche, il tocco di alloro, la nota dolce di camomilla, uno spettro di aromi ampio che si accresce anno dopo anno.