I dati NielsenIQ attestano negli ultimi 12 mesi un’espansione di mercato del 20% per l’intero comparto di birre, vini e spirit dealcolati; nell’ultimo triennio la crescita è del 120%. A riportarlo è Lauren Mowery sulle colonne di Forbes, a margine di un’intervista a Johannes Leitz, titolare di Weingut Leitz, azienda del Rheingau, regione viticola nel cuore della Germania, dimensionalmente tra le prime 30 cantine tedesche.
La grande sfida, per il produttore tedesco, è quella di creare un prodotto che abbia le stesse pretese di elevata qualità dei vini “regolari”. Il vino è uno dei prodotti più giudicati del mondo: migliaia di persone vivono occupandosi di vino, studiando e valutando il vino. Le attese di qualità per i vini no-alcol sono a suo giudizio esattamente le stesse dei vini con alcol. Una sfida recente, iniziata nel 2015, e che da allora procede con molta sperimentazione e rigore produttivo.
Il suo primo vino dealcolato è stato il Riesling, protagonista di un successo davvero notevole, come attesta la crescita del 6.000 % tra il 2016 e il 2022, 6 anni duranti i quali è stato molto importante mantenere un rapporto di confronto diretto con i clienti più importanti, che non hanno fatto mancare al produttore la propria preziosissima interazione, fatta, a volte, anche di segnalazione di aspetti da migliorare.
La sperimentazione è proseguita con lo Chardonnay, e si è complicata con il Pinot Noir: per i vini rossi il lavoro da fare è certamente più complesso, in quanto essi vivono anche del proprio tenore alcolico: una sfida alla quale Leitz non sta certamente sottraendosi, con sperimentazione ed impegno anche maggiori di quelli iniziali e scenari che si stanno rivelando promettenti.
L’impegno dell’azienda tedesca è supportato dal forte rapporto di fidelizzazione con la propria clientela, che ha risposto bene all’invito, motivata dalla crescente sensibilità verso l’aspetto salutistico nelle proprie scelte di vita.
In generale, se fino a qualche anno fa i vini dealcolati avevano una pessima reputazione, inducendo a preferire vini di cattiva qualità, piuttosto che sperimentare alternative a zero alcol, oggi lo scenario è molto cambiato: l’opzione no-alcol sta guadagnando molto terreno in quanto il consumatore sta soppesando con molta attenzione i vantaggi di una scelta che tiene conto anche della qualità della propria salute.
L’obiettivo, precisa Leitz, non è affatto quello di creare un prodotto piacevole e salutare, che somigli abbastanza al vino “regolare”, ma mediocre come standard qualitativo. Ciò che il mercato si aspetta è un prodotto di alta qualità, potenzialmente dello stesso livello di un Grand Cru, indipendentemente dai vincoli normativi di appellazione del prodotto. Il futuro del vino no-alcol potrà essere scritto soltanto in questi termini: un prodotto di alto standing qualitativo che permetta di vivere una vita più salutare, senza rinunciare alla complessità e al pregio: a queste condizioni, speriamo che il mercato si dimostri pronto ad preferire di spendere qualcosa in più per vini dealcolati di qualità, buoni per la salute e prodotti in modo sostenibile, piuttosto che consumare vini mediocri e senza identità.
Se si desidera una vita più salutare bisogna accettare qualche compromesso, e i compromessi non sono sempre la scelta economicamente più conveniente.