Per affrontare un tornado come questa pandemia da Covid-19 ci vuole coraggio, il coraggio di prendere decisioni quotidiane che possono cambiare il corso della propria storia e metterci in salvo dell’ondata di difficoltà. Le stesse scelte coraggiose che ha compiuto la compagine sociale del Consorzio per la Tutela del Lugana, nato nel 1990 per tutelare una delle denominazioni più importanti del Nord Italia, tra le prima a nascere nel 1967 in Italia, che nell’ultimo anno ha visto una crescita degli imbottigliamenti del 13% rispetto al 2019, dato che testimonia la capacità di adattamento di questa denominazione alle avversità. Abbiamo intervistato il direttore del Consorzio per la Tutela del Lugana Andrea Bottarel e con lui abbiamo commentato come la denominazione che si sviluppa lungo la piana di origine morenica a sud del lago di Garda stia affrontando il difficile momento storico e quali risorse abbia messo in campo per affrontare la sfida.
Come ha affrontato la denominazione del Lugana quest’ultimo anno fortemente avverso?
Siamo molto soddisfatti di come la nostra denominazione abbia saputo, anche in un anno molto difficile come il 2020, mantenersi su un percorso di crescita degli imbottigliamenti che ha pochi eguali tra i distretti vitivinicoli italiani; una crescita degli imbottigliamenti del 13% rispetto al 2019 testimonia con chiarezza la forza del Lugana e la capacità di adattamento della filiera ad eventi fortemente avversi e penalizzanti, soprattutto in relazione ai canali di vendita attraverso i quali il Lugana si esprime meglio storicamente, come quello dello Ho.Re.Ca. nazionale e internazionale.
Cosa ha contribuito alle performance commerciali della denominazione?
Hanno contribuito senza dubbio vari fattori, alcuni intrinseci dei mercati core e altri frutto dell’ottimo lavoro portato avanti dalla filiera negli anni. Il fattore intrinseco, ovvero la natura del mercato tedesco, che ha una distribuzione più flessibile a cavallo dei canali on e off, ha permesso alle folte schiere di consumatori fidelizzati negli anni di accedere al vino anche in fase di forti limitazioni del canale della ristorazione e di mancato incoming sul lago di Garda, fungendo da volano nel periodo più duro e aiutando poi a dare la spinta successiva che ha accompagnato la denominazione fino alla fine dell’anno. Questa fidelizzazione altro non è che il risultato di un lavoro di crescita su più fronti che il Lugana è riuscito a compiere negli anni, aumentando al contempo l’output quantitativo, ma anche la qualità. Oggi come non mai, possiamo dire di essere sulla strada giusta per costruire un brand territoriale molto forte, che come hanno insegnato altre denominazioni, sia straniere che italiane, alla lunga ripaga e crea una sorta di “resilienza diffusa”.
Come ha reagito la compagine sociale?
Per quel che riguarda le dinamiche commerciali intra-filiera, la compagine sociale ha compiuto scelte coraggiose le quali, unitamente a fattori naturali e alla ripresa del mercato di cui sopra, hanno contribuito al recupero di buona parte di quel valore ottenuto negli anni dal nostro territorio, elemento che era parso precedentemente a rischio. Il tessuto economico della filiera oggi è più sereno, molto prossimo a buon equilibrio e, soprattutto, economicamente solido.
Qual è il trend che questa pandemia ha rivelato o rinforzato, se già esistente?
Il trend di crescita del vino sfuso, che si era già manifestato prima della vendemmia 2020, ha continuato a consolidarsi fino ad arrivare a registrare una crescita del 38% rispetto ad un anno fa. Anche i prezzi delle uve dell’annata 2020 sono mediamente cresciuti del 20%, a riprova del fatto che le scelte operate in questi anni si sono rivelate e continuano a rivelarsi efficaci. Basti pensare che se confrontiamo il valore del prodotto della denominazione in termini di vino sfuso, al netto dell’aumento produttivo, oggi Lugana vale 9,5 milioni in più rispetto a quanto valeva esattamente un anno fa. Ed anche il valore della produzione di uva del 2020 si è accresciuto del 20% rispetto al 2019 incrementandosi, stimiamo, di quasi 6 milioni di euro. Prendendo come riferimento un valore adimensionale, quello relativo al rapporto tra giacenze di vino sfuso ed imbottigliato, che fino a poco tempo fa faceva pensare, vediamo oggi un rapporto sano, simile a quanto si era visto nei periodi storici più virtuosi della denominazione.
Cosa vede il futuro della denominazione?
L’incertezza causata dall’andamento della pandemia legata a Covid-19, per quanto rappresenti una sfida, è una difficoltà che, alla luce dei risultati già ottenuti, siamo pronti ad affrontare con maggiore serenità. È normale temere che diminuisca l’interesse nei confronti di un prodotto così conviviale come il vino, in un momento storico di forti limitazioni, ma captiamo molta voglia di ripartire al 100%, sia dal lato delle aziende che da quello dei consumatori e la denominazione del Lugana si è dimostrata molto reattiva proprio nella propria capacità di ripartenza.