Mandrarossa rappresenta in Italia e nel mondo l’eccellenza al giusto prezzo. Qual è la vostra mission?

Esattamente quella di garantire al consumatore un livello qualitativo elevato al giusto prezzo, e credo che ci stiamo riuscendo abbastanza bene. Dico abbastanza bene perché siamo ambiziosi: per noi è solo l’inizio di un percorso di crescita. I dati di mercato ci confortano, andiamo verso la direzione giusta. Abbiamo una nuova cantina dedicata esclusivamente a Mandrarossa, un edificio “sostenibile” e ben inserito nel contesto ambientale che ci permette di alzare la percezione del nostro brand. In Sicilia scontiamo il retaggio del luogo comune per cui una cooperativa non possa fare vini di qualità. Noi invece siamo convinti del contrario e lo vogliamo dimostrare. Stiamo lavorando per sovvertire queste dinamiche e lo testimoniano etichette come Bertolino Soprano, Sentiero delle Gerle Etna bianco e rosso, il nostro Serapias Passito di Pantelleria, calici che trovo davvero straordinari. Ci stiamo muovendo nella giusta direzione verso segmenti di mercato nuovi ma non sempre facili da conquistare. Molto dipende dalle relazioni instaurate con gli importatori, dalle sinergie che si creano; non manca con la volontà di affermarsi su mercati come internazionali come Stati Uniti e Giappone.

Ambiente economico, sociale e naturale: in tre parole, la sostenibilità. Come sviluppate concretamente questo fondamentale pilastro del vostro pensiero?

Siamo i pionieri del biologico, i primi ad avere ottenuto per una cantina cooperativa il riconoscimento Viva, la certificazione di sostenibilità del vino; i primi a dare un segnale chiaro con le certificazioni British Retail Consortium ed EU Organic Certification. Vogliamo e dobbiamo muoverci in questa direzione. Abbiamo 908 ettari vitati in Bio (6000 ettari complessivi) per i quali è necessaria un’attenta politica non solo di natura commerciale. Il punto è: far sì che i produttori comprendano l’importanza di non usare più in agricoltura prodotti sistemici e di sintesi, una consapevolezza che deve crescere e cha va oltre gli aspetti economici. Il lavoro importante lo stiamo facendo quotidianamente con tutti i nostri soci attraverso un’assistenza agronomica e tecnica dedicata, potenziando la rete di competenze con ben cinque agronomi a loro volta supportati da una consulenza esterna così da raggiungerli in modo capillare soprattutto per le problematiche dei vigneti in conduzione biologica. Deve crescere la consapevolezza che tutto questo è importante per il nostro futuro. Proviamo a incidere sul cambiamento culturale.

Cosa significa per voi essere Bio?

Tutti ormai vanno in questa direzione e noi che siamo in grado di fare biologico ancora meglio, dobbiamo entrare profondamente nel sistema. Sono 140 i produttori biologici, 5 gli agronomi dedicati affinché seguano pedissequamente i trattamenti necessari, il giusto utilizzo di rame e zolfo, nessun diserbo, nessun concime chimico. Mettiamo a disposizione competenze e disponibilità tecnica; ci aspettiamo un riscontro positivo da parte degli agricoltori il cui lavoro viene costantemente verificato attraverso sistemi di controllo che prevedono analisi a campione. Il mercato va nella direzione in questa direzione? allo stesso modo vogliamo perseguire l’obiettivo con la massima trasparenza. Per questo motivo siamo disponibili ma severi.

Cosa succede in vigna?

Il lavoro in vigna è il frutto di continua ricerca e innovazione, l’attenzione per ogni singolo specifico vitigno e il suo habitat naturale. Pionieri delle nuove tecniche di gestione adottiamo la lotta integrata, la potatura conservativa con il metodo Simonit&Sirch, l’utilizzo di risorse locali impiegate per circa il 98%.

Cos’è il vigneto “smart”?

Smart è un termine che indica un sistema di controllo e l’applicazione EnoGis, ovvero un sistema agronomico computerizzato con capannine metereologiche che ci segnalano tempestivamente le situazioni meteo, grazie alle quali diramiamo bollettini settimanali per invitare i soci a compiere specifiche operazioni laddove sussistono le condizioni. Un sistema che ci permette di monitorare gli attacchi di peronospora fino al controllo delle vendemmiatrici e la loro velocità. La tecnologia è un supporto fondamentale per superfici così ampie. In questo modo facilitiamo il lavoro dei nostri soci, valorizzando al massimo la qualità dell’uva.

Come affrontate i cambiamenti climatici rispetto all’impegno per l’ambiente?

Abbiamo storicamente estati molto calde, e non a caso, proprio per fronteggiare una delle criticità del nostro territorio facciamo vendemmie notturne da ormai molti anni. Sono in aumento i fenomeni tropicali, piogge torrenziali che si abbattono devastando le campagne, ma sono fortunatamente episodi sporadici. Forse il nostro specifico microclima ci rende ancora un’isola felice. Il monitoraggio delle campagne ci permette comunque di avvantaggiarci anche in questo caso.

La cooperazione come modello di sviluppo. Che interesse mostrano le future generazioni?

In Sicilia stiamo assistendo ancora una volta all’impoverimento del nostro territorio, i giovani vanno a studiare altrove, lasciano le famiglie per scegliere un futuro che prenda le distanze dalla terra e dall’agricoltura. Non tutti per fortuna. Certamente la cooperazione è un modello che sostiene e coinvolge anche le nuove generazioni in un sistema moderno di campagna e di lavoro. Vede, conta moltissimo quanto si pagano le uve, dati concreti che purtroppo, vista la scarsa remunerazione, creano disaffezione. Oggi gli ettari vitati sono meno rispetto a un decennio fa, da 110mila siamo scesi a 90mila, estirpati perché non convenienti. Sicuramente il modello di cooperazione, intenso come azienda privata basata su sani principi di solidarietà seguendo le logiche del privato, è un eccellente esempio di sviluppo. Naturalmente credo che le prospettive si costruiscano sempre dal vino, dall’uva, dal piano varietale governato anche dalle esigenze di mercato, previsioni a 5, 10 anni che ci permettano una crescita del territorio e una remunerazione adeguata.

Progetti futuri?

Il nostro piano varietale include 340 ettari di Vermentino, una varietà siciliana che come in Sardegna, Toscana e Liguria ha dato anche qui risultati interessanti. Selezione clonale e progetti di valorizzazione ci hanno permesso di ottenere un’interpretazione unica sul quale abbiamo deciso di scommettere. Una novità che l’anno prossimo vorremmo presentare ai nostri consumatori, magari chissà proprio al Vinitaly.