Per circa due anni, per motivi professionali, ho potuto godere con una certa frequenza di Petra, la cantina di Suvereto, in Val di Cornia, appartenente al Gruppo Terra Moretti.
Sì, dico “ho potuto godere di Petra” perché anche solo osservare questa cantina dà gioia, insieme a quel senso di privilegio che si percepisce quando si è di fronte al bello, di qualsiasi tipologia o natura.
Trovo che l’archistar svizzera Mario Botta sia riuscita a progettare, sotto l’impulso di Vittorio Moretti, una delle più belle e suggestive cantine a livello internazionale. Petra è un gioiello incastonato nella terra gialla dell’Alta Maremma. Petra ha assimilato completamente le caratteristiche di quei colori e di quel profilo collinare, dimostrando come un manufatto non solo possa integrarsi perfettamente nella natura circostante ma addirittura riuscire ad esaltarla.
Riesci a vedere Petra già da lontano: ti appare e scompare mentre guidi tra un cipresso e l’altro, tra un casale ed un eucalipto. Poi imbocchi la lunga e dritta strada che porta in Località San Lorenzo Alto ed allora è lei a guidarti come una sorta di sole di pietra.
Arrivi a Petra che senti di aver già raggiunto il tuo scopo. Sei già felice, appagato, potresti accontentarti di guardarla e basta. Magari di salire le scale di pietra che portano al suo culmine per poterti godere uno dei paesaggi toscani più suggestivi. Ecco, questo per me è il massimo degli obiettivi che si possono conseguire in un’attività enoturistica: un luogo che si fa meta per quello che è e non solo per i servizi che offre.
Per comprendere ancora meglio tutto ciò ci viene in aiuto ciò che Mario Botta ha scritto per descrivere lo spirito del progetto: “Un disegno razionale che evidenzia la misura, la bellezza, la profondità del paesaggio”.
Un messaggio esplicito per tutti coloro che magari tutt’oggi ancora non comprendono che il primo fattore determinante per essere attrattivi sul fronte enoturistico è proprio il paesaggio.
Dove il paesaggio non c’è o è stato deturpato, antropizzato in maniera becera, purtroppo sviluppare attività di accoglienza è molto difficile.
Per questo visitare Petra non è solo bellissimo, ma è anche una sorta di perfetto paradigma del rapporto esistente tra cantina e architettura, tra architettura e paesaggio.
Certo, poi c’è anche la storia di Petra a rendere la visita in questo angolo della Val di Cornia ancor più interessante. Una storia di famiglia; di un padre, Vittorio, e di una figlia, Francesca, che si innamorano durante un viaggio in auto a Bordeaux della storia di questa terra e dei suoi chateaux. Da qui nasce il sogno di portare parte di questa storia in Val di Cornia.
Così nasce Petra proprio nei luoghi dove la Toscana aveva incontrato la Francia ben due secoli prima grazie ad Elisa Bonaparte, sorella di Napoleone, che qui piantò Cabernet Sauvignon e Merlot in un vigneto di cinque ettari diventato poi noto come Vigna della Principessa.
Ecco come la storia si trasforma in uno strumento comunicativo perfetto per uno storytelling aziendale affascinante e capace di spiegare al meglio la filosofia di un’impresa.
Ci sono tutti gli ingredienti giusti a Petra, compresi i vini che già sono in grado di raccontare una storia lunga circa 25 anni attraverso una serie di degustazioni verticali che alternano sapori toscani a sensazioni internazionali.
Il perfetto mix che ti aspetti da un’azienda nata per parlare a tutto il mondo.