La Georgia vanta tradizioni antichissime nella storia del vino, in particolare grazie ai suoi qvevri, vasi di terracotta risalenti a circa 8.000 anni fa ad oggi patrimonio dell’UNESCO. A scapito del suo retaggio millenario, il vino georgiano deve ancora farsi conoscere completamente al di fuori dai suoi maggiori importatori dell’Est Europa e dell’Asia Centrale come Russia, Ucraina, Polonia e Kazakistan.
Alcuni di questi mercati sono stati direttamente o indirettamente colpiti dalla guerra in Ucraina. In Russia, nonostante la crisi politica ed economica interna, le transazioni proseguono regolarmente, con il 60% di vino georgiano esportato verso la Federazione, anche se, secondo quanto ha dichiarato il Presidente dell’Agenzia Nazionale del Vino della Georgia, Levan Mekhuzla a BNE Intellinews (Business News from Eastern Europe, Eurasia, The Middle East and Africa), si prevede un rallentamento per i prossimi 5 anni, con una diminuzione del 40% del prodotto esportato.
In Ucraina invece la situazione è ben diversa: le importazioni di vino sono letteralmente “evaporate” a causa del conflitto. Altri paesi rilevanti per la Georgia, come la Polonia e i Paesi Baltici, sono stati penalizzati dalla guerra, e uno dei principali motivi si può riscontrare nel blocco delle rotte di trasporto. La Georgia si affida perlopiù allo spostamento delle merci via terra, che prima del conflitto di Kiev prevedeva che le rotte verso l’Europa passassero per i territori russo e ucraino, prevedendo circa una decina di giorni di viaggio. Ora, le spedizioni vengono spesso dirottate in paesi come la Turchia, con tempi di consegna dilatati fino ad un mese o più per via dei controlli e delle lunghe file al confine.
I colli di bottiglia della catena di approvvigionamento, insieme agli effetti generali dell’inflazione globale, hanno comportato un conseguente aumento dei prezzi: tappi di sughero, etichette, bottiglie di vetro sono diventati sempre più costosi e difficili da trovare.
In questo scenario di incertezze economiche, i viticoltori della Georgia cercano di superare la tempesta cercando delle nuove opportunità, e non è la prima volta che i problemi con il loro principale importatore – la Russia – li costringe a ripensare i propri modelli di business. Nel 2006, i georgiani hanno iniziato a prestare attenzione a nuovi mercati dopo l’embargo da parte della Russia, quando le autorità della Federazione avevano dichiarato che gran parte del vino importato da Georgia e Moldavia era “falsificato e non conforme ai requisiti sanitari”.
La Georgia, quindi, dovendo rivolgersi altrove e talvolta in contesti più maturi e sofisticati, si è ritrovata a ripensare la qualità dei propri vini. Quando Mosca ha revocato l’embargo nel 2013, i produttori di vino georgiani hanno “inondato” la Federazione Russa con nuove proposte, sempre più all’avanguardia. Tuttavia, con le nuove sanzioni alla Russia da parte dei paesi occidentali come ritorsione all’annessione della Crimea, la produzione di vino in Georgia è nuovamente calata.
L’industria vinicola georgiana, negli anni, ha raddoppiato quindi gli sforzi per coprire i rischi derivanti dal suo vicino settentrionale, spesso imprevedibile. I produttori hanno iniziato ad acquistare i propri vigneti per controllare meglio la qualità e, allo stesso tempo, le agenzie governative e le autorità di regolamentazione sono state coinvolte per aiutare i produttori di vino a soddisfare le richieste e i gusti dei mercati esteri.
Ad oggi la Georgia è ancora fortemente interessata all’est Europa e a paesi come la Polonia e i Paesi Baltici, ma guarda anche a Stati Uniti e Cina e con quest’ultima in particolare è stato stretto un accordo di libero scambio, che ha comportato un aumento dell’export fino al 7%. I suoi vini particolari, originali e spesso provenienti da più di 500 vitigni autoctoni, stanno accrescendo l’interesse verso consumatori di tutto il mondo, che desiderano approfondire la conoscenza enologica un paese dai prodotti contemporanei ma dalle tradizioni antichissime. Come ha dichiarato il proprietario della cantina Telavi, Zurab Ramazashvili, a BNE Intellinews,”Abbiamo un grande strumento di marketing: siamo stati i primi”.