Individuare e definire gli effetti del critico frangente geopolitico che stiamo vivendo sul settore del vino a livello globale; questo il nocciolo dello studio dal titolo: “Stress test: il vino italiano alla prova congiunturale” presentato nell’ambito di Vinitaly 2022 da Banco BPM e Prometeia (agenzia che si occupa di consulenza, soluzioni tecnologiche e ricerca).
Il conflitto russo-ucraino si sta già concretizzando in una perdita di quote di mercato (340 milioni di euro esportati nell’ultimo anno in Russia e Ucraina), soprattutto per i produttori veneti e piemontesi che avevano i maggiori interessi nell’area.
Ma le preoccupazioni maggiori riguardano materie prime e approvvigionamenti: si stima che nel biennio 2022-’23 la crescita della domanda mondiale del settore vino sarà inferiore di 3 punti percentuali rispetto alle stime precedenti allo scoppio del conflitto.
Per il 2022 Prometeia ha stimano un aumento a doppia cifra per materiali d’imballaggio e fertilizzanti, tuttavia il fatturato delle imprese si manterrà in crescita sia nell’anno in corso (+ 2,5% i volumi) sia nel 2023 (+1,6%). La marginalità sarà ridimensionata rispetto al pieno recupero sui livelli pre-pandemici stimato prima dell’invasione russa.
Lo studio ha isolato la performance di quattro gruppi di produttori organizzati sulla base del segmento di mercato presidiato:
- per il segmento luxury, i costi delle materie prime pesano per il 29%
- per il segmento premium, i costi delle materie prime pesano per il 46%
- per il segmento classic e mass market, i costi delle materie prime superano il 50%.
Il punto di forza risulta essere la specializzazione verso la qualità che permette di garantire maggiori margini, condicio sine qua non per sostenere investimenti produttivi e immateriali.
È utile anche rilevare il dato legato all’internazionalizzazione delle aziende suddivise per segmento di mercato, i produttori che fanno export sono:
- il 49% dei produttori luxury,
- il 55% dei produttori premium,
- solo il 30% dei produttori classic e mass market.