Se dovessi individuare nel nostro bellissimo Italian Wine Tour il luogo di produzione più originale mi verrebbe facile dire Bellaguardia. 

E penso che tutti converrebbero con me dopo una visita alle Grotte situate sotto i Castelli di Giulietta e Romeo in quel di Montecchio Maggiore (Vicenza).

Non voglio fare tanti giri di parole ma seconde me Bellaguardia è oggi una delle realtà più interessanti nel panorama italiano della produzione di metodo classico.

Sono ormai alcuni anni che la seguo e la loro ascesa è stata impressionante e non penso di usare un aggettivo sbagliato.

Quello che sono riusciti a fare Marco Caltran con Alberto e Isidoro Maccagnan ha dell’incredibile e testimonia come grande competenza, volontà e spirito di abnegazione possano portare anche piccole realtà, fuori dal mainstream vitienologico, a diventare dei punti di riferimento nell’eccellenza vitivinicola.

Nonostante godessi da qualche anno delle ottime bollicine di Bellaguardia, non ero ancora riuscito ad andare a trovarli.

C’è voluto il nostro Italian Wine Tour a farmi rompere gli indugi e a puntare la “prua” del camper Gino verso le Grotte di Giulietta.

Ci siamo arrivati in una giornata splendida e questo ha aggiunto ancor più fascino a questo luogo fantastico e unico nel suo genere.

Dalla terrazza sopra il Castello si domina un paesaggio mozzafiato dove la cornice è disegnata dalle vette del Pasubio, Carega e dell’Altopiano di Asiago.

Ma è quello che sta sotto questo Castello che rappresenta indubbiamente uno dei luoghi di affinamento del vino più suggestivi del nostro Paese e che giustamente Alberto Maccagnan ha definito “un magazzino naturale straordinario”.

Le Grotte di Giulietta, conosciute anche come le “Priare di Montecchio”, sono infatti incredibili. Una galleria, attualmente di circa 300 m, posta ad una profondità di oltre 25 metri sotto il livello del suolo, che si restringe e si allarga in sale sotterranee di grande suggestione.

Si tratta di Grotte assolutamente prestigiose se si considera che proprio qui veniva estratta la “pietra tenera” nota anche come “pietra di Vicenza”, un materiale così pregiato che fu utilizzato anche nella costruzione delle straordinarie Ville di Andrea Palladio nel XVI secolo.

Ma la storia di queste Grotte è ancor più antica ed è scritta proprio alla fine di questo incredibile budello sotterraneo: 1231. 

Ho cercato di immaginare l’uomo e le mani che hanno scritto quel numero e ho compreso facilmente che la caratteristica che sicuramente più lo caratterizzava era il coraggio.

Quello stesso coraggio che Marco, Alberto e Isidoro hanno messo in questa loro avventura che li ha portati a raggiungere vertici qualitativi elevatissimi e riconoscimenti sempre più vasti sia dal mercato che dalla critica enologica.

È in questo luogo unico, dove la temperatura è tra i 7 e gli 11° C costanti, che le bollicine di Bellaguardia maturano sui lieviti per oltre vent’anni.

È proprio qui che le bollicine Bellaguardia riescono a trovare le condizioni ideali per raggiungere un profilo qualitativo di alto pregio, grazie, oltre alla temperatura costante, a condizioni di umidità, luce (cioè buio) e ventilazione ottimali.

Siamo stati guidati in questo odierno tempio del metodo classico di alta qualità da Marco e Alberto, figlio di Isidoro, che ci hanno raccontato in maniera magistrale quello che da sogno iniziale è diventata una realtà tangibile.

Ma l’eccellenza produttiva di quest’azienda non sarebbe possibile se la materia prima non fosse ottenuta da quello che possiamo considerare il “mare tropicale” che era qui presente 300 milioni di anni fa.

Quel mare ha lasciato il segno nei suoli di questa terra, caratterizzata prevalentemente dalla presenza di un substrato di depositi carbonatici di epoca mesozoica, con sedimenti vulcanici basici di età cretacea e miocenica, alternati a depositi marini di età terziaria.

Sembra una descrizione proveniente da Jurassic Park ma è una sorta, invece, di ricetta del suolo ideale in particolare per un vitigno come  la Durella che a mio parere rappresenta la migliore “alternativa” autoctona alle mitiche varietà francesi (Pinot nero in primis).

Se qualcuno avesse ancora dubbi sul fatto che il Durello non meriti ancora di entrare a pieno diritto nell’olimpo dei grandi champenoise, gli consigliamo una visita proprio in quel di Bellaguardia.

La degustazione dei metodo classico Bellaguardia, iniziata nello splendido terrazzo del Castello e proseguita poi nelle Grotte, non solo ha confermato quanto già di buono avevamo percepito del valori delle bollicine di quest’azienda, ma, se possibile, il nostro “voto” è ulteriormente cresciuto.

Siamo partiti dal Montecchi Durello pas dose 2012, ottenuto con il 100% del più noto vitigno della Lessinia che gode di una permanenza sui lieviti selezionati per almeno 66 mesi. Che dire, avrei terminato quella bottiglia in quella terrazza senza esitazioni se non fosse che erano ancora le 10 di mattina. Fantastico, poco altro da aggiungere.

Il secondo vino degustato è stato l’ultimo nato in casa Bellaguardia e cioè il 1920 che conclude la triade dei vitigni in purezza coltivati dall’azienda (Durella, Pinot Bianco e Pinot Nero). Si tratta di un Pinot Bianco in purezza e l’anno 1920 sta ad indicare i 100 anni di storia di vinificazione in questa terra (grazie allo straordinario impegno e lungimiranza delle famose sorelle Strobele che già un secolo fa ricevevano premi per i loro ottimi vini). Abbiamo degustato il millesimo 2016 , pas dosé, caratterizzato da una permanenza sui lieviti di oltre 36 mesi. Grande pulizia degli aromi dove spiccava la frutta esotica e la pesca, ma soprattutto un’eleganza unica tipica delle bollicine a base Pinot Bianco.

Se non fosse per la forte escursione termica che abbiamo subito passando dai 36° C esterni ai 10°C interni saremmo rimasti in quelle Grotte tutta la giornata. E non è stato facile convincere i miei figli Anna e Biagio ad uscire dai panni di Indiana Jones e dei Flintstones che si erano con la loro immaginazione messi durante quella visita così sotterranea.

Il nostro viaggio doveva proseguire, ma per fortuna Bellaguardia è a soli 20 km da casa nostra e non aspetterò sicuramente più tutto questo tempo per tornare a trovarli.