Non vogliamo entrare nelle polemiche che hanno suscitato le parole, purtroppo a nostro parere travisate, della vice ministra all’economia Laura Castelli riguardo al fatto che i ristoratori dovranno inevitabilmente confrontarsi con il cambiamento alla luce di profonde trasformazioni in atto in tutto il mondo.

Quello che sembrava un’affermazione ovvia, considerando l’impatto enorme che sta avendo questo maledetto Covid-19 non solo a livello economico ma anche sugli stili di vita di tutti noi consumatori, si è trasformato nell’ennesimo motivo di scontro nel nostro Paese.

Fortunatamente l’Italia del vino che stiamo attraversando ci sta raccontando una storia diversa, a nostro parere molto ricca, dinamica, coraggiosa.

E se dovessimo trovare una caratteristica che sintetizzi al meglio lo spirito che ci hanno manifestato i già tanti imprenditori e manager del vino incontrati, diremmo che è la predisposizione al cambiamento. Anzi, nella maggioranza delle aziende incontrate potremmo dire che la sfida al cambiamento è già stata accettata con coraggio e determinazione.

Quando si parla di cambiamento dobbiamo sempre tener conto che esso è composto da due elementi fondamentali: la predisposizione e l’azione.

Essere predisposti al cambiamento è il prerequisito fondamentale per poter poi avviare le conseguenti azioni.

Spesso, infatti, molti imprenditori, manager si bloccano al primo step e quindi il fallimento di alcune loro azioni non è da ascrivere alla negatività delle strategie adottate ma proprio al fatto di avere profonde resistenze al cambiamento che pregiudicano poi inevitabilmente i risultati.

Per questa ragione ci ha fatto molto piacere in queste settimane incontrare produttori che pur consapevoli delle difficoltà del momento sono “psicologicamente” pronti a modificare le loro strategie, la maggioranza di loro ha già avviato questi processi di trasformazione.

Come spesso abbiamo sottolineato anche in questi mesi dobbiamo considerare il Coronavirus come un fortissimo acceleratore dei processi di trasformazione che il nostro settore avrebbe dovuto fare comunque.

Il primo cambiamento in atto fortunatamente in molte realtà è l’aumento degli investimenti in “conoscenza”. Noi siamo ottimi testimoni di tutto questo perché mai come oggi, ad esempio, produttori e manager ci contattano per avere maggiori informazioni, dati, e molti ci ringraziano anche per il lavoro che stiamo svolgendo esortandoci a continuare.

Ma ci sono anche manager, come Ettore Nicoletto, ad esempio, da qualche mese amministratore delegato di Bertani Domains, che ha lanciato in queste settimane un interessante progetto denominato “Vision 2030 – per costruire insieme il futuro del vino italiano” – una rubrica digitale che vuole coinvolgere imprenditori e manager del vino italiani per scrivere insieme una visione decennale per il vino italiano.

Un progetto molto interessante che finalmente vuole mettere gli imprenditori e i manager in prima fila, concretamente coinvolti nella “scrittura del loro futuro”.

Normalmente, e questo è il segnale più incoraggiante, le imprese attendevano programmi scritti dalle istituzioni pubbliche o dalle organizzazioni professionali. Per la prima volta invece, sono manager e imprenditori a mettersi in gioco.

Ma questo è solo un esempio, seppur importante, del cambiamento in atto. 

Tutti i nostri incontri di fatto hanno come leit motiv le strategie che le aziende stanno attuando non “solo” per rispondere all’emergenza attuale ma anche per rendersi più competitive, più forti e capaci di affrontare mercati che, a prescindere da Covid-19, si sono fatti da tempo molto più complessi.

Sono tante le strategie che ci vengono raccontate in queste visite e per noi sono informazioni preziose perché riteniamo sia oggi fondamentale aumentare anche la diffusione della conoscenza. Mai come oggi, infatti, chi si chiude all’interno della propria realtà è a rischio.

Confrontarsi al proprio interno e poi condividere con gli altri le proprie opinioni, oltre che le strategie, è oggi essenziale se non si vuole rischiare un drammatico isolamento.

Concretamente le strategie di “cambiamento” che abbiamo ascoltato in queste settimane potremmo sintetizzarle nei seguenti titoli/obiettivi:

  • migliorare il presidio del mercato “locale” (vendita diretta, home delivery);
  • sviluppare un’attività di e-commerce in maniera professionale (sia attraverso una propria area di e-commerce sia selezionando le piattaforme più adeguate);
  • diventare finalmente un soggetto “enoturisticamente” adeguato;
  • individuare nuovi modelli di collaborazione con i propri clienti distributori (horeca in primis);
  • aumentare la propria capacità comunicativa in particolare evidenziando meglio le proprie “unicità” (tutti hanno maggiore consapevolezza oggi del valore dell’autenticità);
  • selezionare meglio i propri “sbocchi internazionali” evitando le inutili dispersioni del passato;
  • investire maggiormente sulle competenze interne all’aziende e individuando nuove risorse umane capaci di capitalizzare al meglio le potenzialità dell’impresa;
  • costruire reti di impresa, tra aziende complementari tra loro.

Sono obiettivi, come si evince facilmente, che erano prioritari anche ben prima dell’arrivo di questa pandemia.

L’auspicio, adesso, è che la nuova pandemia, questa volta positiva, sia quella della disponibilità al cambiamento.

Nelle aziende che abbiamo finora visitato questo “virus” fortunatamente si è già diffuso.