Frequento per ragioni professionali, ma anche per qualche ottima amicizia, da numerosi anni, il territorio dei Colli Piacentini.

Ho sempre ritenuto questa terra una delle più affascinanti anche dal punto di vista paesaggistico, dove la vite non ha un’esclusiva pur rappresentando un tratto importante nei panorami che si ammirano.

Ma ho anche fin da subito amato i Colli Piacentini per quella “lentezza” che li rende un territorio autenticamente rurale.

Se a questo aggiungo il mio amore per un vitigno come la Malvasia di Candia aromatica – che in questi Colli ha trovato il suo habitat ideale da tanto tempo e oggi rappresenta quasi la metà (700 ettari) della superficie vitata di questa denominazione – penso si faccia presto a capire il mio sincero affetto per questo territorio.

E proprio perché nutro questo affetto non nego che mi sono sempre chiesto come mai una terra di questo genere non sia mai riuscita fino in fondo a capitalizzare al meglio tutte le sue incredibili potenzialità.

La stessa domanda me la sono posta ritornando con il fido camper Gino, nell’ambito del nostro Italian Wine Tour, sui Colli Piacentini, per incontrare questa volta gli amici della Cantina Vicobarone nel cuore della Val Tidone.

Conosco questa cooperativa che conta circa 200 soci da parecchi anni e so quindi il grande impegno che da tempo mettono al fine di qualificare i vini dei Colli Piacentini.

Ma con altrettanto impegno, non sempre purtroppo ascoltati, cercano di dare voce a questa denominazione che tutt’oggi, come già evidenziato, non ha, a mio parere, i riconoscimenti che meriterebbe.

Ho anche imparato, però, dopo tanti anni di lavoro nel mondo del vino, che non è tanto utile andare a ricercare le ragioni delle cose quanto invece è più utile individuare le soluzioni ai problemi.

A Cantina Vicobarone ho trovato parecchie delle soluzioni possibili per dare il giusto risalto alla vitivinicoltura dei Colli Piacentini.

Innanzitutto credere fortemente al ruolo della cooperazione. È vero questo vale un po’ in tutta Italia ma in territori frammentati come quello piacentino, dove non sono presenti grandi aziende private, la cooperazione deve per forza giocare un ruolo strategico non solo nella valorizzazione dei vini, nella sostenibilità economica di un settore ma anche nella comunicazione dei valori di questa terra.

Parlo ormai da parecchi anni con il vicepresidente di Vicobarone, Maurizio Centenari e con il direttore Claudio Barocelli, e da loro ho appreso nel tempo i grandi sforzi al fine di fare emergere sempre di più non solo i valori della loro Cantina ma anche quelli della denominazione nel suo complesso.

Negare che non è semplice in questo territorio trovare la giusta coesione tra i diversi protagonisti della produzione sarebbe inutile e sbagliato, però è altrettanto vero che mai come oggi, probabilmente anche a causa di questa maledetta pandemia, ho la sensazione che l’aria stia cambiando.

Sono stato felice di rivedere Maurizio e Claudio, questa volta insieme a Giacomo Barbero, l’enologo entrato in azienda recentemente che ancora non avevo avuto occasione di conoscere.

Ho trovato un gruppo di lavoro come sempre battagliero. A questo proposito un plauso particolare lo voglio fare per Maurizio Centenari  che non si è mai “limitato” a fare il suo compito di vicepresidente, ma quotidianamente è sul campo, in azienda, dando un contributo operativo, concreto al fine di trovare sempre le soluzioni più adeguate.

Di particolare rilevanza l’impegno della Cantina sul fronte della sostenibilità testimoniato, in particolare, dall’ingresso nel progetto nazionale V.I.V.A. “La sostenibilità nella vitivinicoltura in Italia”. In questo ambito il Gutturnio frizzante , la Malvasia frizzante e l’Ortrugo frizzante, tutti appartenenti alla doc dei Colli Piacentini, si sono visti certificare una qualità garantita grazie al ridotto impatto ambientale dalla fase agricola (vigneto), ai processi di trasformazione (cantina), fino alla distribuzione.

Sul fronte produttivo Cantina Vicobarone ha visto crescere di anno in anno il suo profilo qualitativo investendo, in particolare, sulle quattro varietà chiave di questa terra: le bianche Malvasia di Candia aromatica e l’Ortrugo; le rosse Barbera, Bonarda e Croatina.

Abbiamo degustato durante la nostra visita due vini che mi sono piaciuti moltissimo a partire dall’Ortrugo frizzante doc Colli Piacentini che ha confermato come con questo vitigno, nel passato considerato una sorta di varietà minore, si possano ottenere vini di personalità e grande bevibilità. Sono sempre più convinto che si tratta di un vitigno che può rappresentare al meglio quella intelligente alternativa al Prosecco senza andare a scimmiottare inutilmente la bollicina veneta.

L’altro vino degustato non poteva che essere il Gutturnio, questa volta nella versione “classico riserva” del Pleione, ottenuto con l’uvaggio tipico di Barbera (55%)  e Croatina (45%). Un ulteriore dimostrazione della versatilità di questo vino che a mio parere è credibile sia nella versione più popolare “frizzante” sia in quella più aristocratica “ferma”.

Ripartiamo da Vicobarone ancor più convinti della bontà e bellezza di questa terra e siamo sempre più certi che il tempo del completo riconoscimento dei Colli Piacentini sia sempre più vicino.