Ci sentiamo un po’ frustrati in questi giorni. Abbiamo tentato di mantenere alto lo spirito e l’ottimismo ma le poche risposte che riceviamo anche a livello istituzionale non possono non preoccuparci.
Dispiace, infatti, rilevare come all’incertezza sui mercati dettati da una pandemia che è ancora ben lontana dall’essere debellata, si aggiunge un silenzio imbarazzante di quelle istituzioni che dovrebbero avere il compito di presentare possibili soluzioni a supporto delle imprese.
Abbiamo nelle settimane scorse stigmatizzato anche il comportamento di alcune organizzazioni professionali che invece di suggerire alla “politica” le possibili e concrete soluzioni agli attuali problemi della filiera vitivinicola, si sono limitate a semplici sollecitazioni alle istituzioni di Governo.
In questi giorni si sono finalmente riaperti i cancelli delle nostre scuole e questa è una bellissima notizia e speriamo che le aule rimangano aperte tutto l’anno scolastico.
La scuola è sicuramente una priorità e quindi non possiamo lamentarci dell’attenzione che è stata data ad esse anche se con soluzioni talvolta difficilmente comprensibili.
Ma ci piacerebbe constatare che anche le problematiche dei comparti economici finalmente fossero inseriti nell’agenda politica del nostro Paese.
Da quello che osserviamo, però, abbiamo la sensazione che ci siano ancora pochi appunti nelle agende delle nostre istituzioni pubbliche.
E allora abbiamo provato a riflettere su quali possano essere le ragioni di questo apparente disinteresse.
A nostro modestissimo parere, il primo motivo di questa difficoltà nell’individuare possibili soluzioni – per un comparto come quello vitivinicolo – sta nel fatto che ancora oggi non se ne conosce realmente la precisa identità.
È sufficiente, ad esempio, andare a leggere i dati di Agea per accorgersi che tutt’oggi sono censite circa 45.000 aziende vinificatrici nel nostro Paese.
Un numero impressionante che, se così fosse, farebbe capire non solo quanto è importante il settore vitivinicolo ma anche la sua incredibile eterogeneità con la relativa diversificazione dei fabbisogni.
Ma è possible che a tutt’oggi nessuno abbia messo in discussione questi numeri e al tempo stesso abbia avviato un monitoraggio del settore per capire le principali problematiche che stanno attraversando le nostro imprese vitivinicole?
Possibile che siamo costretti ad affidarci ai pochi pareri di imprenditori o manager del vino, che si prestano a dare le loro impressioni legate all’esperienza diretta?
Basta andare a leggere qualsiasi manuale di strategia in tempi di crisi per trovare che la prima cosa da fare in presenza di gravi emergenze è individuare e conoscere a fondo i motivi e le ragioni della crisi per definire le strategie d’intervento e di comunicazione più adeguate. Senza conoscere esattamente le problematiche e i relativi fabbisogni è impensabile individuare le corrette soluzioni.
Per questa ragione noi ci auguriamo che questa maledetta pandemia porti finalmente alla consapevolezza che il marketing non è un centro di costo ma è un investimento fondamentale per definire strategie di medio lungo termine per le imprese che vorranno essere competitive.
Significa, pertanto, che le analisi sono essenziali per definire le strategie. La conoscenza reale dei dati oggi è una conditio sine qua non imprescindibile.
Ma sono analisi che oggi le istituzioni pubbliche per prime devono attivare al fine di conoscere in profondità i diversi comparti produttivi a partire da quelli complessi come quello vitivinicolo.
Le imprese, a loro volta, devono aprire i loro “libri”, rendersi finalmente trasparenti perché altrimenti non sarà mai possibile individuare fino in fondo le diverse problematiche e, di conseguenza, sarà molto difficile trovare soluzioni adeguate per le diverse tipologie di imprese.
E visto che siamo sul fronte delle imprese è fondamentale che esse riescano finalmente a fare un salto di qualità sul piano della comunicazione.
Ci dispiace rilevare come, nonostante l’esaltazione dell’importanza della comunicazione digitale, il livello di qualità dei contenuti sui siti e sui social media aziendali siano ancora in gran parte insufficienti.
Affermare oggi che non si è in grado di migliorare la propria comunicazione (a partire da quella sul web) per questioni di budget, significa aver dichiarato di fatto la propria morte.
Non vogliamo apparire brutali ma oggi quelle aziende che non sono in grado di testimoniare con costanza e capacità (che significa ottimi contenuti) la propria identità per rendersi riconoscibili, sono pericolosamente sul ciglio di un burrone.
Ma c’è ancora la possibilità di non precipitare, l’importante però è essere consapevoli della situazione e non perdere ancora tempo.