Dopo 5.980 chilometri percorsi in 35 giorni e 58 aziende visitate di tutte le regioni italiane (escluse Sicilia e Sardegna che visiteremo in settembre), Gino, il nostro camper, ci ha riportati a casa sani e salvi al termine del nostro 1° Italian Wine Tour.
Sì, la cosa più importante che vogliamo sottolineare al termine di questo nostro straordinario Viaggio nell’Italia del vino è che si è trattata della prima edizione perché sicuramente ve ne saranno delle altre.
Incontrare produttori e manager del vino a casa loro è la cosa più importante che si possa fare non solo per costruire relazioni vere ma anche, e soprattutto, per comprendere l’identità più autentica delle nostre imprese, per approfondire la conoscenza del nostro straordinario ed eterogeneo patrimonio vitienologico. Perché è solo la vera conoscenza di ciò che siamo che ci potrà consentire di progredire, di essere forti e competitivi.
È stata un’esperienza impegnativa, all’inizio non sapevamo nemmeno come saremmo stati accolti considerando le difficoltà del momento, le paure che ancora aleggiano in tutto il Paese.
Ma siamo sempre stati spinti dalla consapevolezza che era la cosa giusta da fare in questo momento. Non abbiamo mai avuto dubbi e questo ci ha consentito di superare le difficoltà con serenità.
Il primo grazie va ai nostri figli, Anna e Biagio, che pensavano di fare un vacanza e invece sono stati catapultati in un’esperienza sicuramente più grande di loro ma che hanno non solo sopportato con pazienza ma spesso con la loro leggerezza ci hanno supportato e hanno portato gioia nelle aziende che abbiamo visitato.
Sono diventati amici dei tantissimi cani festosi che abbiamo incontrato in quasi tutte le aziende italiane (dobbiamo fare un ringraziamento speciale a Lucio, Cornelia, Manfredi, Otto, Gea, Erwin, Roger, i nomi ora non li ricordiamo tutti, sono i cani che hanno spesso accudito Anna e Biagio mentre noi visitavamo vigneti e cantine) e hanno iniziato a comprendere il significato di varietà, di perché si mette un vino in barrique, della straordinaria capacità del naso di percepire un mare di aromi diversi.
Il nostro viaggio è stato possibile anche grazie allo straordinario supporto della nostra squadra che da lontano è stata in grado di gestire al meglio l’organizzazione di ogni tappa che, credeteci, è stata alquanto complicata con cambiamenti di programma spesso anche all’ultimo minuto.
Finiti i ringraziamenti “interni” è assolutamente doveroso ringraziare l’Italia del vino che ci ha accolti con generosità e ci ha fatto capire la sua forza, la sua bellezza e soprattutto la sua determinazione.
Lo ammettiamo, pensavamo di trovare aziende molto preoccupate, inclini al pessimismo e invece il denominatore comune è stata la fiducia. Una fiducia determinata dalla consapevolezza di avere tutti i mezzi per farcela, di avere compreso meglio i propri limiti ma anche le proprie capacità.
Una fiducia frutto anche della disponibilità al cambiamento che tutti hanno manifestato, della capacità all’adattarsi alle nuove condizioni.
Una fiducia che è anche nata dall’onesta consapevolezza che questo maledetto Coronavirus è “solo” un acceleratore della necessità di cambiamenti che comunque il nostro settore doveva e deve realizzare.
E soprattutto una fiducia che nasce dal rifiuto della paura: praticamente tutti i produttori e manager incontrati ci hanno sottolineato come sia stata la natura a tenerli lontani da questo pericoloso sentimento.
L’aver visto come la natura ha proseguito il suo corso, aver potuto continuare il lavoro in vigna, aver potuto godere degli straordinari paesaggi visibili dalle loro aziende, li ha in gran parte preservati dall’angoscia.
Ovviamente tutti sono coscienti della gravità del momento, ma al tempo stesso consapevoli che non ci si deve assolutamente abbandonare alla paralisi.
Se questa è una nota assolutamente positiva, non possiamo non evidenziare i limiti del nostro Paese a partire da quelli infrastrutturali. Praticamente quasi la metà del percorso autostradale che abbiamo percorso l’abbiamo fatto su una corsia singola.
Questa triste corsia unica sulla quale si è stati fermi per ore, anche dentro alle gallerie come in Liguria, purtroppo è la metafora del nostro Paese.
L’abbiamo scritto nel nostro primo articolo all’inizio del tour, ma siamo purtroppo costretti a confermarlo anche alla fine: se le nostre aziende sono in movimento, il nostro Paese è assolutamente fermo.
E su questo fronte le responsabilità di chi ci governa sono enormi. Abbiamo incontrato imprenditori che ci hanno raccontato le difficoltà nella gestione della cassa integrazione per i dipendenti che di fatto non è arrivata quasi da nessuna parte, di rinvii fiscali promessi ma alla fine mai mantenuti, di ipotesi di supporto al settore sbandierati ma fino adesso non chiariti.
Anche di fronte a questo “disastro Paese” gli imprenditori e i manager che abbiamo incontrato non hanno mai manifestato vittimismo ma la sana consapevolezza che anche questa volta dovranno, dovremo, cavarcela da soli.
Ma fuor da ogni retorica abbiamo spento il rumoroso motore di Gino con molte più certezze rispetto a quante ne avevamo all’inizio del nostro viaggio.
La più importante è che abbiamo un’Italia del vino fantastica, non dobbiamo mai dimenticarlo. Abbiamo oggi un’occasione straordinaria, forse unica, per valorizzare un capitale così prezioso.
Non perdiamo questa occasione, non facciamoci prendere dal solito individualismo e soprattutto impariamo a raccontare meglio questo nostro patrimonio.
Noi cercheremo di farlo meglio di quanto abbiamo fatto fino ad oggi, è una promessa.
Intanto Gino raffredda il suo motore, ma siamo sicuri, sarà per poco tempo.