Una cooperativa di successo vince sempre tre volte. Per se stessa, ma anche per lo straordinario indotto economico e sociale che genera all’interno del suo territorio e, infine, per l’influenza positiva che ha sulla reputazione delle denominazioni in cui è coinvolta.

Questo penso mentre entro con il camper Gino a La Guardiense, nel suggestivo comune beneventano di Guardia Sanframondi.

La Guardiense ormai da parecchi anni si è guadagnata i galloni di una delle più dinamiche e interessanti cooperative del nostro Mezzogiorno, ma in generale un modello di cooperazione anche a livello nazionale.

La Guardiense rappresenta una delle cooperative più grandi d’Italia con i suoi circa 1.000 soci, 1.500 ettari di vigneto situati in collina ad un’altitudine di circa 350 m slm e una produzione media annua di circa 200.000 q.li di uve per un imbottigliato che supera le 4 milioni di bottiglie.

Il successo di questa cooperativa sannita ha diverse ragioni che potremmo sintetizzare in tre fattori strategici: il management, la vocazionalità di un territorio, i soci.

Non si può non parlare dell’importanza del management quando si parla di qualsiasi azienda, ma questo diventa ancor più rilevante quando si tratta di un’impresa complessa e peculiare come una cooperativa.

La Guardiense può vantare molto probabilmente la gestione più longeva nel nostro Paese con solo tre presidenti che l’hanno gestita dal 1960 ad oggi.

Non posso parlare dei primi due che non ho avuto la fortuna di conoscere ma posso spendere molte parole a favore del presidente attuale, Domizio Pigna.

In numerose cooperative la figura del presidente è quasi sempre esclusivamente legata alla cosiddetta “gestione politica”, delle relazioni tra i soci e le istituzioni.

La presidenza di Domizio Pigna, invece, tocca tutti gli aspetti gestionali dell’impresa, compresi anche quelli commerciali.

E tutto questo avviene non perché Domizio sia “invadente”, ma semplicemente perché è bravissimo, serio e competente.

Nutre per la sua cooperativa un amore totale e una dedizione che raramente mi è capitato di trovare anche in titolari di parecchie aziende private. 

Non mi sono meravigliato, pertanto, quando a tavola Domizio ci ha raccontato che da adolescente, quando i suoi amici andavano a giocare, lui andava ad ascoltare le assemblee de La Guardiense.

La presidenza e i numerosi rinnovi Domizio Pigna se li è sempre conquistati sul campo, grazie al suo straordinario lavoro, non certo per logiche politiche.

Nell’ambito della sua presidenza La Guardiense è riuscita a fare passi enormi grazie alla grande valorizzazione della propria produzione e alla capacita di aumentare la capacità di stare sul mercato.

Sul piano qualitativo è indubbio che l’intuizione di Domizio Pigna di chiamare vicino a sé tredici anni fa Riccardo Cotarella, riconosciuto ormai da tempo come il più autorevole enologo italiano, sia stata una scelta vincente.

Cotarella è stato in grado di far crescere tutto lo staff tecnico della cantina a partire da un giovane enologo che aveva già tutte le carte in regola per emergere come il bravo Marco Giulioli.

Ma l’evoluzione qualitativa non sarebbe stata possibile se La Guardiense non fosse inserita in uno dei territori vitivinicoli più vocati del nostro Paese, come quello del Sannio beneventano.

Qui due vitigni hanno trovato un habitat eccellente per esaltare le loro performance: la Falanghina e l’Aglianico.

Su questi due vitigni, in particolare, La Guardiense ha costruito una linea di prodotti d’eccellenza denominata Janare.  

Janare (un termine sannita che significa streghe) nasce nell’ambito di un progetto di salvaguardia di vitigni autoctoni, attraverso una zonazione del territorio realizzata al fine di esaltare le caratteristiche qualitative delle produzioni vitivinicole legandole alle irrepetibili specificità dei siti di produzione. Il nome dei sette cru di questa linea deriva, infatti, da quello dei più vocati siti di produzione del territorio di riferimento.

E i risultati di questo progetto sono stati assolutamente vincenti, basti pensare anche, tanto per citare il più recente e prestigioso, al “Tre Bicchieri” del Gambero Rosso 2020 riconosciuto alla Falanghina del Sannio Janare Senete 2018.

Altro progetto vitienologico da citare è sicuramente “I Mille per La Guardiense” che testimonia anche il ruolo chiave dei soci che negli anni sono stati chiamati ad un costante miglioramento del loro contributo viticolo. Si tratta di una grande sperimentazione vitivinicola e sociale, coordinata da Riccardo Cotarella, che vede coinvolti 120 viticoltori e circa 80 ettari di vigneti su cui viene applicato un severo protocollo di produzione, volta ad ottenere i seguenti obiettivi: esaltare il matrimonio tra grappoli e foglie, ovvero l’influenza della riduzione della produzione naturale per pianta, nonché la reazione di quest’ultima e dei suoi frutti ad una profonda, se pur progressiva, defogliatura; adottare i processi produttivi, tipici dell’agricoltura di precisione, che consentono di ottimizzare l’uso delle risorse primarie (corretta gestione dei suoli e delle risorse idriche) e degli input esterni; indagare su un’area d’intervento innovativa, ossia l’interfaccia tra le fasi finali della maturazione dell’uva e i primi processi di fermentazione per meglio indirizzare le scelte tecnologiche in funzione dell’obiettivo enologico; creare valore, oltre che per i produttori anche per il territorio, conservando, con tecniche innovative, l’integrità e l’identità dei vitigni e, al tempo stesso, promuovendone l’immagine a livello nazionale e internazionale con vini di alta qualità.

Usciamo dalla visita a La Guardiense con tanto ottimismo in una fase dove magari potrebbero essere pochi i motivi per averne. A rinfrancarci ulteriormente è stata la coda di persone diligentemente in attesa con la mascherina fuori dal bellissimo punto vendita della cooperativa. 

Qui nessuno si è fermato nemmeno durante il lockdown e siamo convinti che la spinta de La Guardiense continuerà a lungo anche in futuro.