Quando si entra in aziende come la Marchesi di Barolo ti senti pervaso da un autentico alone di storia. Ma non di quella storia “polverosa” che talvolta hanno alcuni musei o di quella ferma nel passato che caratterizza anche alcune imprese, bensì il processo evolutivo di un percorso storico che hai la fortuna di vivere in diretta.
Una storia di cui dal 1929 è custode e prosecutrice la famiglia Abbona che proprio in quell’anno acquistò l’Agenzia della Tenuta Opera Pia Barolo, ovvero le antiche cantine di vinificazione e affinamento dei Marchesi di Barolo.
Oggi Anna ed Ernesto Abbona, insieme ai loro figli Valentina e Davide, stanno proseguendo nel solco iniziato oltre duecento anni fa, riuscendo però a garantire una nuova energia che si esplica sia sul versante della qualificazione dei vini sia su quello dell’accoglienza.
E a proposito di accoglienza, entrare con il camper Gino dentro il suggestivo piazzale interno di Marchesi di Barolo ha significato immergersi come per incanto non solo nella storia di quest’azienda ma più in generale nel mito del Barolo.
Ascoltare la descrizione dell’azienda dalla voce di Valentina Abbona sul fantastico terrazzo che si affaccia, quasi fosse un’astronave, sul paese di Barolo, è già di per sé una grande emozione.
Confrontandomi con Valentina e suo fratello Davide mi è stato facile fare una riflessione che ritengo molto importante condividere con i nostri lettori. Spesso temiamo il ricambio generazionale all’interno del nostro settore vitivinicolo. Sicuramente si tratta di passaggi non facili e non tutte le nostre famiglie del vino potranno garantire un’adeguata continuità. Ma questo va accettato perché non ci può essere cosa peggiore di raccogliere un’eredità senza esserne convinti e capaci.
Questo è sicuramente un problema che non esiste in casa Marchesi di Barolo perché sia Valentina e Davide non solo manifestano una già evidente e comprovata competenza ma anche una autentica passione e desiderio di dare il loro contributo all’azienda.
Non nego che quando ci troviamo davanti ad aziende di questo tipo, dove vi è un’ottima convivenza tra “vecchia” e nuova generazione, con ruoli e responsabilità ben ripartiti, non si può non essere ottimisti per il futuro del nostro settore vitivinicolo.
Quando l’impresa “famigliare” funziona, grazie ad una corretta suddivisione di ruoli e competenze, senza “invasioni” di campo o gelosie, non c’è ombra di dubbio che rappresenta uno dei modelli aziendali più efficaci e vincenti nel nostro settore vitivinicolo.
Indubbiamente il ruolo di “narratore” di Marchesi di Barolo tutt’oggi è nelle mani, o meglio nelle parole, di Ernesto Abbona che durante la nostra visita ci ha testimoniato nuovamente la sua straordinaria capacità comunicativa.
Il suo racconto nella cantina storica davanti all’ “armadio teatro” che narra l’incontro tra il Marchese di Barolo con Juliette Colbert di Maulévrier e le successive vicende che hanno portato alla creazione del mito del Barolo, rimane certamente come uno dei “momenti comunicativi” più intensi del nostro Italian Wine Tour. Lo stesso grande coinvolgimento manifestato dai miei figli Anna e Biagio durante l’avvincente racconto di Ernesto testimonia al meglio l’efficacia di questa modalità comunicativa che, non a caso, abbiamo premiato lo scorso anno nell’ambito del nostro premio “Meridiano del Vino”.
Ma tutta la Marchesi di Barolo è uno strumento di comunicazione, una sorta di grande cassa acustica posta nel cuore nevralgico di Barolo e del Barolo.
Voglio fortemente enfatizzare quest’aspetto comunicativo e proprio l’azienda della famiglia Abbona testimonia come oggi è sempre più necessario un investimento serio sul fronte della comunicazione.
Vogliamo essere onesti fino in fondo, anche questo nostro Italian Wine Tour ha evidenziato che tutt’oggi esiste un gap preoccupante tra quella che è la realtà produttiva del nostro Paese e la sua capacità di comunicarsi al meglio.
Troppe volte, anche in questo nostro viaggio, ci siamo imbattuti in storie straordinarie ma ancora paradossalmente sconosciute o mal raccontate.
Una situazione talmente grave che abbiamo deciso di riprendere con forza la nostra attività formativa anche sul fronte della comunicazione.
Sicuramente sfrutteremo nei nostri percorsi formativi esperienze altamente positive come quella della Marchesi di Barolo.
Le iniziative comunicative e relazionali della nota azienda di Barolo non si è interrotta nemmeno nel periodo del lockdown attraverso una straordinaria capacità di utilizzo anche degli strumenti digitali.
Sicuramente la Marchesi di Barolo non è “solo” una grande comunicatrice, il suo impegno sul fronte vitivinicolo ha trovato conferma anche questa volta attraverso la degustazione dei loro vini.
Oggi l’azienda controlla circa 200 ettari di vigneto, vinificando i principali vitigni autoctoni delle Langhe, del Roero e del Monferrato con una forte focalizzazione nell’esaltazione delle peculiarità dei crù storici del Barolo e Barbaresco di proprietà della Marchesi di Barolo e vinificati in purezza.
Le nostre degustazioni si sono concentrate su due vini che ci hanno veramente appassionato, a partire dal “Bric Amel” che testimonia che in Langa si possono ottenere anche bianchi di grande personalità. Un blend assolutamente originale di Arneis, Chardonnay e Sauvignon che è entrato di diritto nella nostra hit di vini per questa calda estate.
Ma ovviamente non poteva mancare il re Barolo. Devo ammettere che il Barolo del Comune di Barolo rimane uno dei miei preferiti da sempre di questa tipologia. Ottenuto da un blend di Nebbiolo ottenuti esclusivamente nei “Crù storici” posti nel Comune di Barolo. Un terroir, come ci ha ricordato Valentina, molto particolare, forse il più “mediterraneo” (più caldo mediamente rispetto ad altre aree delle Langhe), risultando ottimamente ventilato regala un Barolo di grande eleganza ed incredibile bevibilità.
Ripartiti dalla Marchesi di Barolo con Anna ed Ernesto che ci hanno riaperto con il loro consueto sorriso il grande portone.
Come siamo usciti ci è subito arrivata nitida la sensazione di nostalgia.
Mi sa che dovremo fargli riaprire presto quel portone.