Mi sono chiesto alcune volte, nei miei ormai trent’anni a raccontare il vino italiano: se avessi la possibilità di diventare produttore, sceglierei di acquistare un’azienda con un marchio noto o ne costruirei una mia partendo da zero?
Se ci pensiamo non è una scelta di poco conto e non ha a che fare “solo” con le risorse economiche che vanno investite.
Questa domanda mi è tornata in mente entrando con il camper Gino nell’azienda Mossi 1558 a Ziano Piacentino, nel cuore dei bei Colli Piacentini.
Conoscevo quest’azienda prima che venisse acquistata da Silvia Mandini e suo marito Marco Profumo e da un paio d’anni ho la fortuna di poter seguire da vicino i progetti che stanno portando avanti con grande determinazione.
La loro è stata indubbiamente una scelta coraggiosa, iniziata nel 2014.
Quando si acquisisce un brand che ha una lunga storia, un passato importante, in qualche misura si diventa eredi di qualcosa che ha già sedimentato nel tempo un forte percepito.
Pertanto, a mio parere, Silvia e Marco con la loro scelta hanno già dimostrato di avere carattere e anche di amare profondamente la loro terra, i Colli Piacentini.
E sì perché “recuperare” il valore di un marchio come Mossi significa credere fortemente anche nel proprio territorio di produzione e di volerlo valorizzare attraverso un brand che ha fatto la storia di questa terra.
Una doppia sfida, pertanto, che conoscendo sempre di più questa bella coppia sono convinto riusciranno a vincere perché hanno tutte quelle caratteristiche ideali per potercela fare.
Ho avuto ulteriore conferma di questa mia sensazione anche durante la nostra visita nell’ambito dell’Italian Wine Tour che ci ha portato nei Colli Piacentini, un territorio che amo particolarmente frequentandolo ormai da numerosi anni.
Una di quelle zone che io ho inserito nel capitolo dei “paradossi del vino italiano”, cioè di quelle terre del vino che hanno tutti i fattori ideali per essere grandi denominazioni enologiche (vocazione vitivinicola, vitigni giusti, paesaggio straordinario, alcuni bravi produttori che possono essere da traino agli altri, ecc.) e che invece, per varie ragioni, non riescono a sviluppare al meglio tutte le loro potenzialità.
Ebbene anche rispetto a quest’ultima valutazione io penso che Mossi 1558 possa veramente diventare un’azienda leader dei Colli Piacentini aiutando la denominazione ad acquisire la reputazione che merita.
Ma questo Silvia e Marco lo sanno e fin da quando hanno messo piede in località Albareto, hanno sentito forte il senso di responsabilità e hanno subito cominciato ad investire sia sulla parte produttiva che in quelle recettiva.
In quest’ultima visita ho potuto toccare con mano che il nuovo volto di Mossi 1558 si sta ormai delineando e posso garantire che la distanza tra quello che Silvia e Marco hanno progettato e la sua concretizzazione si è ormai decisamente ridotta.
Tutto questo farà diventare quest’azienda un punto di riferimento chiave per chiunque vorrà conoscere non solo l’alto livello qualitativo raggiungibile sui Colli Piacentini, ma anche la straordinaria bellezza di questa terra.
La nuova grande terrazza che sta nascendo sopra la rinnovata cantina, regalerà uno dei migliori paesaggi vitati e rurali del nostro Paese e questo rappresenta un ulteriore valore aggiunto di Mossi 1558.
Questo working progress non deve trarre in inganno, perché nel frattempo Silvia e Marco sono comunque riusciti a dare un ottimo impulso alla qualificazione dei loro vini e anche alla loro immagine, in particolare attraverso un packaging che unisce originalità ed eleganza.
Questo è sicuramente un altro punto di forza dell’azienda: la sua capacità di osare e di non limitarsi alle cose più facili.
Altra caratteristica fondamentale per vincere la loro scommessa di non “subire” l’eredità di un marchio come Mossi è stata proprio rinnovare il valore di questo brand attraverso una nuova reinterpretazione più contemporanea che non tradisse il passato.
Non a caso la nostra visita aziendale è partita dalla vecchia cascina Mossi dove sono custoditi documenti e foto che testimoniano le 14 generazioni di vignaioli e di agricoltori che si sono succedute in questa storica azienda.
Un’eredità quindi decisamente importante quella raccolta da Silvia e Marco, una storicità che loro hanno raccolto con grande fiducia e che stanno valorizzando in maniera chiara già nei vini a partire da quel vitigno come l’Ortrugo che per troppo tempo è stato relegato come una sorta di “vitigno minore” nel panorama ampelografico di questa terra. Grazie agli sforzi in vigna e cantina l’Ortrugo Mossi, sia nella versione frizzante (Fulgido) e charmat (Contro Tempo), testimonia invece i vertici qualitativi raggiungibili con questo vitigno.
L’altra scommessa che stanno vincendo in casa Mossi 1558 è quella con la Malvasia Rosa, una sorta di reliquia ampelografica recuperata grazie all’aiuto del mitico professor Mario Fregoni (una dei più autorevoli ricercatori vitivinicolo a livello internazionale), che oggi si esprime alla grande nello charmat rosé extra-dry Semi Croma (70% Malvasia Rosa e 30% Pinot Nero) e nella vendemmia tardiva Rosamata.
Chiudiamo la nostra visita a Mossi 1558 con degustazione dei vini davanti a tre diverse straordinarie tipologie di salumi piacentini (coppa, salame e pancetta) stagionati nel suggestivo “Infernotto” del 1700.
La conclusione perfetta di un incontro che ci ha fatto comprendere ancora una volta anche la passione di questi “sposi nella vita e nelle viti”, riprendendo la bella e giusta definizione che si sono dati loro.
Siamo felici di poter seguire la loro storia che andrà ad aggiungersi al libro Mossi iniziato più di 460 anni fa.