Nonostante oltre trent’anni di attività giornalistica nel mondo del vino continuo a meravigliarmi e ad affascinarmi di quante aziende nel nostro Paese abbiano storie assolutamente originali e purtroppo anche troppo poco conosciute.

Saremo anche il tessuto produttivo più frammentato al mondo, ma siamo anche il più originale in assoluto.

Non c’è azienda, a prescindere dalla dimensione, che non abbia una storia unica, peculiare, dove le vicende umane si intrecciano in maniera straordinaria con quelle territoriali, con quelle dei vitigni, con quelle socio-culturali.

Nel nostro Italian Wine Tour che finalmente è approdato in Sardegna, orfani purtroppo del nostro camper Gino, siamo andati a trovare un’azienda che non conoscevamo assolutamente, Tenuta Soletta nel suggestivo territorio di Codrongianos (Sassari), dove le vigne circondano una sessantina di nuraghi che testimoniano un passato storico molto importante mentre oggi l’abbandono delle terre appare sempre più evidente.

Ed è stata una bellissima sorpresa per tante ragioni che si potrebbero riassumere in due fattori: un uomo, Umberto Soletta, e dei vini dal carattere insospettabile.

Se si vuole raccontare ma anche comprendere questa piccola realtà immersa nella campagna a nord ovest della Sardegna, che assomiglia per certi aspetti ai territori del Far West, non si può non partire dal suo principale protagonista e cioè Umberto Soletta.

È quanto di più lontano si possa immaginare dalla figura, forse troppo stereotipata, del vignaiolo.

Eppure Umberto è un vigneron al 100% anche se la sua storia potrebbe apparire lontana da quella classica dei vignaioli, caratterizzata spesso da famiglie che per generazioni hanno fatto questo mestiere.

Umberto ha sempre convissuto in qualche misura con il vino, con la vigna anche se il suo primo amore era, come si diceva un tempo, “correre in auto”.

Non a caso lui si definisce uno “sportivo fallito”, nel senso che non è riuscito a far diventare questo sogno in realtà. Una realtà che si è fermata negli anni 70 dentro la mitica A112 con la quale riuscì giovanissimo a correre dei rally battendo concorrenti ben più blasonati di lui.

Che lo spirito di sfida si annidi dentro l’animo di Umberto lo si capisce subito dal suo modo di parlare, un fiume in piena con pochissime interruzioni.

Nonostante i suoi 60 anni assomiglia ancora ai piloti degli anni 70, un Jackie Stewart sardo con capelli biondissimi e orecchino che evoca un passato assolutamente spumeggiante.

“Se avessi avuto una famiglia in grado di sostenermi – ci racconta Umberto – avrei sicuramente potuto fare strada”.

Ma anche il suo arrivo nel mondo del vino è stato decisamente originale e in questo settore Umberto ha tirato fuori il suo spirito “sportivo”, volto sempre a vincere le sfide più difficili.

Umberto, infatti, pur non avendo un background di studi in enologia e viticoltura, attraverso una seria esperienza sul campo ma anche una costante e sana curiosità e desiderio di approfondire le tematiche vitivinicole, è riuscito a raggiungere livelli qualitativi nei sui vini decisamente elevati.

Lo ammettiamo, non ci aspettavamo di trovare vini così interessanti, ricchi di personalità. A dimostrazione che chi entra nel mondo del vino con il giusto approccio, pur non provenendo da generazioni di produttori, è in grado di conseguire risultati qualitativi di assoluto prestigio.

Ci ha, su questo fronte, assolutamente impressionato il Keramos Riserva, un Cannonau che racconta in maniera straordinaria come questo vitigno, ben gestito, sia in grado di regalare vini di grande eleganza e contemporaneità uscendo dalla pericolosa immagine del vino “rustico”, ruvido, poco elegante.

Ma ci ha anche presi positivamente alla sprovvista il Kyanos, frutto di un blend decisamente originale composto da Incrocio Manzoni (60%), Vermentino (30%) e Moscato (10%). Quella dell’Incrocio Manzoni è una scommessa assolutamente vinta da Umberto che ha creduto più di altri nelle potenzialità di questo vitigno “nordico” in terra di Sardegna e il risultato è un vino di assoluto pregio, uno dei migliori bianchi che ci sia capitato di degustare in questi ultimi mesi.

Ma Umberto ci ha riservato anche un’ultima sorpresa, il Wine Resort da poco realizzato e composto da tre deliziose stanze che si affacciano su una campagna unica, dove la natura prevale ancora alla mano dell’uomo.

Le pietre tufacee “rubate” dalla terra lavorata dei vigneti sono diventate le sculture di Tenuta Soletta. “Non butto via nulla, tanto meno quello che trovo sulla nostra terra – spiega Umberto – e amo anche aggiustare invece che eliminare e comprare cose nuove, questo è il mio spirito, quello che ho ereditato da mio papà che ormai quasi centenario riesce ancora a venire in vigna”.

Quella vigna dove Umberto spera un giorno possano amare anche i suoi due figli adolescenti.

“Non è facile oggi portarli lontano dai loro smartphone – racconta Umberto – ma quando ci riesco ad essere più felici sono proprio loro”.

Corre sempre veloce Umberto anche oggi, con il pensiero, senza bisogno della sua A112 Abarth.