Da una decina di giorni il Prosecco rosé può girare libero nel mondo. Il 28 ottobre scorso, infatti, la Commissione europea ha pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea il riconoscimento della tipologia Prosecco Rosé e quindi l’autorizzazione ad esportare e commercializzare questo vino anche sui mercati esteri.
Era da tempo che si attendeva questo via libera ed oggi, riteniamo, che questa sia una buona notizia perché, anche alla luce della nostra esperienza sui mercati internazionali, il Prosecco rosé rischiava di essere “sostituito” da altri prodotti competitor.
Il successo di quest’ultimo quinquennio dei vini rosati, infatti, non poteva non vedere coinvolta anche la più popolare bollicina italiana nel mondo. Sono state parecchie le discussioni sull’opportunità o meno di allargare l’universo del Prosecco anche a questa tipologia ma alla fine, valutando tutti i possibili pro e contro, è stata la scelta più corretta.
D’altro canto erano parecchie le aziende prosecchiste che da tempo fornivano al mercato una tipologia rosé ovviamente sotto nomi diversi. Aver quindi reso trasparente oggi questa tipologia a tutti gli effetti diventa anche un modo per tracciare meglio la produzione all’interno dei mercati.
Ma per avere maggiori ragguagli sullo sviluppo del Prosecco rosé sui mercati internazionali abbiamo intervistato Flavio Geretto, direttore export di Villa Sandi, uno dei maggiori esperti di mercato del Prosecco.
Innanzitutto Flavio, ci puoi raccontare l’impegno di Villa Sandi sul fronte del Prosecco Rosé?
Per l’annata 2019 abbiamo realizzato una produzione di 1 milione di bottiglie che ci fa essere un’azienda leader su questa tipologia. Considerando poi che come prima uscita sui mercati parliamo di 12 milioni di bottiglie questo evidenzia ulteriormente il nostro ruolo. Aggiungo che Villa Sandi è stata tra le prime aziende ad aver creduto nel potenziale del prodotto e ad aver investito in questa direzione. Il Gruppo, che a tutti gli effetti si può definire un pioniere del Prosecco Rosé, è stato tra i maggiori sostenitori del Consorzio nella variazione al disciplinare di produzione, condizione necessaria per riportare in etichetta la denominazione di origine controllata, approvata lo scorso maggio.
Dal vostro osservatorio quali sono le potenzialità di sviluppo del Prosecco Rosé?
Potenzialmente stiamo parlando del 12% della produzione complessiva di Prosecco doc e quindi di circa 70 milioni di bottiglie, un numero assolutamente rilevante.
Ritieni che siano numeri sostenibili?
Che il Prosecco Rosé abbia ottime potenzialità di sviluppo anche sui mercati internazionali non c’è dubbio. Quello che sarà fondamentale è il presidio del posizionamento al fine di evitare pericolosi scivoloni verso il basso. Questa è la vera sfida e ritengo che vi siano le condizioni per vincerla se tutte le aziende coinvolte si impegneranno non solo a garantire un adeguato livello qualitativo ma anche un prezzo idoneo.
Quali sono i prezzi medi attuali del Prosecco Rosé immesso sul mercato?
Siamo a circa un 10% in più rispetto al Prosecco Doc.
E a proposito di mercati quali sono a tuo parere le principali aree di sbocco del Prosecco Rosé?
In pole position metterei il Nord America (Usa e Canada), il Regno Unito e l’Est Europa. Margini di crescita interessanti potrebbero esserci anche in Italia anche se al momento il mercato del rosato spumante è molto limitato.
Qual è, a tuo parere, il valore aggiunto che il Prosecco Rosé potrà andare al composito universo del Prosecco?
Prima di tutto il fatto di poter legare anche il Prosecco Rosè al territorio di produzione. Le uve Glera e Pinot Nero devono infatti provenire esclusivamente da vigneti locati nella zona Prosecco Doc. La possibilità inoltre di seguire un trend internazionale di favore verso i vini rosati. Un’occasione infine per tenere viva l’attenzione verso il mondo Prosecco.