Brian Rosen, ex amministratore delegato di Sam’s Wine and Spirits di Chicago (il più grande rivenditore indipendente di alcolici d’America) è il fondatore di BevStrat, una società che offre team di vendita ai marchi di alcolici.
La sua famiglia lavora nel settore da generazioni, suo nonno è stato il primo a ottenere la licenza per la vendita di alcolici a Chicago dopo la fine del proibizionismo.
Come afferma lui stesso, ci sono più di 50.000 marchi di alcolici sul mercato statunitense, ma solo 500 hanno una certa forza di mercato. “Abbiamo scelto di difendere quei piccoli marchi ed è così che è nato BevStrat”.
Secondo Rosen, prima di tentare di entrare nel mercato statunitense, i brand dovrebbero tenere a mente 7 elementi chiave:
1 – Per fare soldi, servono soldi
È una banalità ma non c’è modo di evitarlo: i soldi contano. Per fare soldi nel mercato degli alcolici statunitense, bisogna iniziare con un budget consistente, per spese di marketing, branding e vendite, oltre che per i campioni.
2 – Ci vuole pazienza
Rosen riprende l’esempio del marchio “Tito’s vodka”, nato ad Austin, in Texas, a metà degli anni Novanta. La vodka Tito’s è stata un flop per più di un decennio, fino alla crisi finanziaria globale del 2008. “Il tasso di disoccupazione era a due cifre, l’inflazione era alta, le persone stavano perdendo il lavoro, e così la gente ha dovuto fare una scelta al ribasso”. Il momento era perfetto per una vodka economica come Tito’s che da quel momento è decollata.
In sostanza, bisogna essere in grado di pazientare prima che un prodotto si trovi “nel posto giusto al momento giusto”.
3 – Senza un team di vendita, non si vende
Per fare vendite serve un venditore, ma bisogna vendere molto per poterselo permettere.
“Se si è a New York, un venditore entry-level costa circa 75.000 dollari all’anno”, e questo senza contare le spese accessorie per le trasferte. Secondo Rosen i brand devono stanziare circa 105.000 dollari all’anno per ogni venditore, perché ci siano margini adeguati, quella persona deve vendere circa 300.000 dollari di prodotti.
4 – La prima vendita è la più facile
Non bisogna fare affidamento sulla prima vendita, è la più facile.
I proprietari dei brand non possono affidare tutto il lavoro al team di vendita. “Devono creare una strategia: social, newsletter, degustazioni, pacchetti”
Ogni prodotto ha un pubblico multiplo: deve piacere all’importatore, al distributore, al dettagliante o al sommelier, e poi al consumatore, tutti devono essere soddisfatti.
5 – Affrontare un mercato alla volta
È importante consolidarsi in un mercato d’interesse prima di passare ad un altro. Ogni Stato nel territorio USA è diverso e l’ingresso in ciascuno di essi costa tempo e denaro. Assicuratevi di aver colto tutte le opportunità di un mercato prima di spostarvi altrove.
6 – Dovete essere presenti (fisicamente) sul mercato
Secondo Rosen, il proprietario di un brand che vuole lanciare un prodotto in un mercato non può lasciare che siano i venditori a sobbarcarsi tutto il lavoro.
I proprietari devono essere presenti, dall’incontro con il team di vendita a quello con le persone lungo tutta la filiera.
7 – Rivolgersi ai grandi distributori solo quando si è pronti
I distributori statunitensi più importanti non prendono in considerazione un marchio finché non può garantire 100-150 punti di distribuzione sul mercato, è troppo rischioso e le grandi aziende non investono risorse per vendere marchi sconosciuti.
Una strategia migliore è quella di rivolgersi a un grande distributore solo quando il proprio brand è presente in circa 150 negozi e sviluppa un discreto giro di vendite. A quel punto, i distributori saranno disposti a sedersi e a discutere di prezzi e margini, “il vostro marchio avrà molte più possibilità di successo perché siete sullo scaffale al prezzo giusto” afferma Rosen.
Cosa hanno in comune i marchi di successo?
Rispondono ad esigenze di mercato
Prima di tutto, un nuovo marchio deve rispondere ad un’esigenza di mercato. C’è un pubblico disponibile? C’è una base di almeno 10-15 clienti di riferimento che acquistino? Una volta che questi presupposti esistono, ci si può muovere. Altrimenti è meglio lasciar perdere.
Hanno una buona storia da raccontare
Secondo Rosen il vino ha un vantaggio competitivo fondamentale rispetto agli altri alcolici. Quando si entra in un negozio di alcolici per cercare un gin Bombay Sapphire o Hendrix, non ho nessuna necessità di sentirmi raccontare una storia o un territorio o le scelte produttive. Vado dal negoziante e gli chiedo: “Ce l’ha il gin Hendrix?”. Se non c’è, passo al prossimo negozio.
Nel caso del vino, i consumatori sono più propensi ad andare in un negozio e chiedere le particolarità di un vino, i possibili abbinamenti, la provenienza, la storia ed il territorio della cantina. La stessa cosa vale per i venditori che si devono interfacciare con i negozianti.