La storia della viticoltura thailandese ha radici nobili e antiche. Si narra che furono gli ambasciatori del re Sole, Luigi XIV, nel 1600 a donare al re Naraj delle barbatelle e cinque bottiglie di Clairet, divenuta subito la bevanda prediletta della nobiltà del regno asiatico.
Le barbatelle, che si pensa fossero della varietà panse de provence, sono gli antenati dell’uva ora dominante in Thailandia: la malaga blanc, usata principalmente come uva da tavola.
Oltre alle più tradizionali cardinal, moscato nero e pokdum, un incrocio tra golden queen e moscato, vengono utilizzati vitigni internazionali come shiraz, chenin blanc, sauvignon blanc, viognier, colombard, verdelho, sangiovese e tempranillo.
Nonostante l’origine secolare delle prime vigne, le condizioni climatiche non sono favorevoli alla viticoltura e bisogna attendere la fine del ‘900 per assistere a un suo primo sviluppo.
È Chateau De Loei, vicino a Phu Reua nel nord-est del paese, la cantina più “antica” ancora in attività, con le prime vinificazioni che risalgono al 1995.
Nel 2001, Charlerm Yoovidhya, erede del co-creatore della Red Bull, ha dato il via all’impianto di vigne a Tab Kwang, nel parco di Khao Yai, e a Baan Khork Chang vicino alla città di Hua Hin.
Il suo sogno era ricercare il vino ideale da abbinare alla cucina e al palato orientale.
Nacque così, nel 2003, l’etichetta Monsoon Valley, oggi la più venduta del sud-est asiatico e con una discreta gamma di vini, rossi, bianchi e rosè da uve shiraz, chenin blanc, colombard e la locale pokdum.
Dall’impulso delle cantine che stavano cercando la propria dimensione, viene creata la Thai Wine Association nel 2004, per promuovere la cultura del vino tra i thailandesi e portare i vini Thai nei mercati mondiali. Che approdano infatti cinque anni più tardi nei ristoranti di Londra, conquistandosi una propria nicchia di appassionati.
Come descritto da Cellar Asia, ci sono 4 diverse zone produttive dove si distribuiscono una decina di aziende. Tutte insieme raggiungono quasi i 170 ettari vitati.
Nel sud del paese, a Hua Hin e Pattaya, 50 ettari vicino a celebri mete turistiche balneari, con altitudini che vanno dai 100 a 200 metri sul livello del mare.
La regione vinicola più importante è Khao Yai, a sole 2,30 ore di distanza dalla capitale Bangkok e dove si concentra la maggior parte delle cantine. Circa 100 ettari -principalmente shiraz, tempranillo e chenin blanc- tra i 300 e i 550 metri sul livello del mare, su suoli di terra rossa e argilla calcarea e temperature che vanno dai 15 ai 20 gradi.
A Chiang Rai e Loei nel nord, ci sono a malapena 15 ettari di vitigni a bacca nera, col solito shiraz in testa, ed è dove si sperimentano le maggiori altitudini, fino a 600 m/slm, e si registrano le temperature minori.
A causa di temperature medie molto elevate, alti tassi di umidità e i lunghi periodi di pioggia, il ciclo biologico della vite è completamente sconvolto rispetto a quanto sperimentato nelle storiche latitudini del vino, tra i 30 e i 50 gradi a nord o sud dell’equatore. Così la vendemmia avviene in tutto il paese tra gennaio e marzo, nella stagione secca.
Due giovani vignaioli guidano l’avanguardia del vino thailandese: Suppached Sasoman, enologo di Monsoon Valley, con un master Master in Viticoltura e Vinificazione presso l’Ecole Supérieur
d’Agriculture D’Anger in Francia e con esperienze in Languedoc, Australia e Nuova Zelanda e Nikki Lohitnavy, enologa di GranMonte, la seconda maggior cantina del paese, che dopo gli studi ad Adelaide ha lavorato per cantine statunitensi, francesi e portoghesi.
Appresi tecniche e segreti dalle più tradizionali zone vinicole, i due giovani enologi le stanno adattando con abilità alle diverse latitudini in cui si trovano a lavorare, ottenendo risultati sorprendenti come dimostrano i premi collezionati e la presenza delle loro bottiglie nei ristoranti stellati asiatici; diventando inoltre laboratorio di sperimentazione utile per i produttori di tutto il mondo colpiti dall’aumento delle temperature e della frequenza delle piogge.