L’anno scorso il presidente uscente Trump, in linea con la sua politica “America First”, ha intrapreso una guerra commerciale contro l’Unione Europea per i sussidi dati ad Airbus. L’UE ha reagito facendo presente i sussidi che gli Stati Uniti avevano dato a loro volta a Boeing.
Entrambe le parti hanno iniziato a imporre dazi su un ampio assortimento di prodotti. Gli Stati Uniti a seguito di questa disputa, hanno imposto dazi per un valore di 7,5 miliardi di dollari su alcuni beni provenienti dalla UE – tra cui vino, distillati e liquori.
Attualmente sono soggetti a dazi di importazione del 25% il vino fermo prodotto in Francia, Germania, Spagna e Regno Unito (trasportato in contenitori inferiori ai due litri), il whisky scozzese, il whisky single malt dell’Irlanda del Nord ed i liquori prodotti in Germania, Irlanda, Italia, Spagna e Regno Unito.
Questo, secondo The Drinks Business, ha indubbiamente avuto un impatto sul mercato del vino pregiato. I fine wines italiani, principalmente toscani e piemontesi, stanno prendendo piede da tempo ed essendo stati esclusi dai dazi, l’anno scorso sono decollati.
Gli indici regionali di Liv-ex mostrano che “Italy 100” (con le 10 etichette italiane più scambiate sulla piattaforma) è in crescita del 4,2% rispetto al 2019 e del 4,6% rispetto al 2018.
Lo stesso vale per lo Champagne, che è stato escluso dai dazi. L’indice “Champagne 50” Liv-ex è il più performante rispetto allo scorso anno (+6,5%), anche questo fa parte di un lungo processo di costruzione di questa categoria come risultato di un mercato in continua espansione e non è dovuto ad un improvviso afflusso di acquirenti americani.
Anche per i vini statunitensi è aumentata l’attività sulla piattaforma Liv-ex negli ultimi mesi. Verso la fine del mese scorso la Borsa ha registrato un aumento di attività per l’ultima uscita di Opus One e per una varietà di etichette Napa dell’annata 2013. Ottobre è stato anche il mese migliore di sempre per i vini americani scambiati per valore sulla piattaforma.
I compratori americani non si sono completamente allontanati dai classici Bordeaux e Borgogna. Le case d’aste americane piazzano questi vini ancora a prezzi piuttosto buoni dato che si tratta di vini già presenti negli Stati Uniti e quindi non soggetti a dazi.
I dazi non hanno ucciso in alcun modo il commercio dei vini francesi, lo hanno solo limitato. Naturalmente, gli acquirenti americani possono acquistare il vino e conservarlo in Europa, potenzialmente può anche non arrivare negli Stati Uniti per decenni. Supporre che i dazi abbiano rovinato il mercato dei fine wines negli Stati Uniti non è una lettura accurata della situazione.
Il risultato delle elezioni americane avrà quasi certamente un impatto concreto sul mercato del vino, molti si aspettano che il governo Biden inverta le politiche di guerra commerciale e di dazi sui prodotti europei imposte da Trump.
Biden è stato molto critico nei confronti dei dazi di Trump, in particolare di quelle applicate alla Cina, che a suo dire sono state dannose per l’economia americana. Tuttavia non bisogna aspettarsi che il nuovo Presidente revochi automaticamente e unilateralmente tutti dazi imposti dal Governo precedente, soprattutto sulle merci dell’UE.
Il candidato democratico ha espresso in passato preoccupazioni per i sussidi UE concessi ad Airbus e ha comunicato un messaggio estremamente “Buy American” durante la campagna elettorale.
Il direttore delle vendite e co-fondatore di Liv-ex, Justin Gibbs, ha affermato: “Io starei attento. L’idea che i dazi siano puramente una cosa da Trump manca il bersaglio. Nell’alta fascia la gente compra il vino perché lo vuole e lo comprerà comunque anche al di sopra del prezzo di mercato.
La guerra delle tariffe con l’UE è una questione americana, non solo di Trump. È un riequilibrio del rapporto tra Europa e America. L’Europa ha scambiato a condizioni preferenziali con gli Stati Uniti dalla seconda guerra mondiale e gli Stati Uniti hanno permesso che ciò accadesse”.
Con la mentalità della Guerra Fredda che svanisce nella memoria recente, però, questo atteggiamento è cambiato e a volte si dimentica che è stato Barack Obama a cercare di riallineare la dinamica commerciale tra i due blocchi.
La speranza per i leader e i produttori europei, ovviamente, sarebbe che Biden abbia un approccio più liberoscambista e che sia più flessibile nelle future negoziazioni e discussioni di quanto sia stato Trump.
Tenendo presente questo, le prospettive per Bordeaux e Borgogna potrebbero essere piuttosto positive per il 2021. È comunque improbabile che la nuova amministrazione prenda in mano la questione dazi fino alla primavera o addirittura all’estate del prossimo anno.
In conclusione la vittoria di Biden potrebbe portare alla fine dei dazi, questo sarebbe senza dubbio una manna per il commercio del vino in generale. Ma un consiglio saggio a chi scommette su un tale risultato sarebbe quello di non trattenere il respiro.