È necessario approfondire i dati e ponderare le scelte, prima di intessere relazioni e programmare investimenti in Cina, paese dalle grandi potenzialità.

Per questo abbiamo seguito il webinar “Vendere il Vino e i Distillati italiani in Cina” organizzato da Legalmondo, piattaforma di servizi legali internazionali che opera in 49 paesi, specializzata in contrattualistica, investimenti, tutela della proprietà intellettuale, contenziosi e nella consulenza nelle varie aree di attività dell’azienda sui mercati stranieri.

Il webinar è stato introdotto e moderato da Roberto Luzi Crivellini, avvocato con alle spalle una significativa esperienza sul mercato cinese, specializzato in diritto del commercio internazionale, joint venture, accordi di distribuzione, contenziosi giudiziari e arbitrato internazionale. 

Simone Incontro, Responsabile di Veronafiere Asia e Brand Manager di Wine to Asia ha aperto l’incontro online, presentando le opportunità di collaborazione tra le aziende del vino e Veronafiere Asia e le potenzialità ancora da sfruttare sul mercato cinese.

“Zonin è l’unica azienda italiana che ha un ufficio in Cina, cileni e francesi ne hanno 10. Questo per renderci conto del divario tra noi ed i nostri principali competitors. Stiamo spingendo da anni i vini autoctoni ed il nostro lavoro si è incentrato su quelle che dovrebbero essere le priorità di una fiera: mettere in contatto la domanda e l’offerta e agevolare incontri proficui con i buyers.

Bisogna tenere conto di un dato, la Cina ha un potenziale enorme ma il consumo di vino pro-capite/anno è 1.2 litri, molto poco.

Noi siamo il 4° paese importatore ed ho capito con l’esperienza che è importante studiare i competitors francesi, australiani e cileni.

Un fattore importante del mercato cinese riguarda l’età: il 46% dei consumatori di vino ha un’età compresa tra i 26 ed i 35 anni ed un 35% si colloca tra i 36 ed i 45 anni. Questo è un altro dato da tenere in considerazione, il target sono i Millennials e la Gen Z.

Alle PMI del vino consiglio di:

  • leggere ed analizzare i dati; 
  • rivolgersi a Veronafiere Asia che segue la promozione  delle aziende italiane gratuitamente;
  • visitare non solo Shangai, ma recarsi anche a Nanchino, non fermandosi all’apparenza, al vestito glamour cinese e confrontandosi con i distributori sul campo.

Il lavoro con ICE sta portando risultati: abbiamo fatto diverse Masterclass molto seguite e altri eventi con ottimi risultati. Siamo a disposizione con umiltà ed ascolto per aiutare e favorire le aziende del vino italiane sul mercato cinese.”

Sara Vettori (Fondatrice di Asiabites Consulting LTD) ha voluto analizzare 4 aspetti che caratterizzano il mercato cinese:

1 – Profilo del consumatore cinese

“Bisogna sfatare il mito che il consumatore di vino cinese sia solo quello alto-spendente. Ci sono 3 generazioni che trainano il mercato: Generazione X, Millennials e Gen Z.

Per la Generazione X, il vino è uno status symbol da sfoggiare in banchetti e serve per palesare la propria posizione sociale. Per i Millennials e la Gen Z è fondamentale l’equilibrio tra qualità e prezzo, dato che non hanno ancora una capacità di spesa importante.
Per questi consumatori giovani, il consumo di vino è legato ad in una dimensione di convivialità (colleghi di lavoro), è un oggetto di lifestyle.

I giovani consumatori cinesi sono dei nativi digitali e tengono molto in considerazione  le opinioni, le recensioni, gli opinion leaders, gli influencers che fanno live streaming bevendo vino in diretta.

La Gen Z è una generazione di consumatori indipendenti che cerca anche prodotti di nicchia, particolari. 

Quali sono i fattori più rilevanti dal punto di vista di un consumatore cinese che si approccia al vino italiano?

  • Lifestyle italiano. Non sono interessati ai tecnicismi.
  • Gusto. È un pubblico molto femminile che predilige vini leggeri, di facile beva anche in occasioni informali.
  • L’etichetta. L’immagine è molto importante, le statistiche confermano che uno degli aspetti fondamentali per questi consumatori è il design.
  • Artigianalità. Lo storytelling è fondamentale per i consumatori giovani.”

2 – Opportunità e tendenze

“Le tendenze nel mercato cinese riguardano:

  • Vini bio, naturali
  • Sparkling, oltre allo Champagne stanno entrando altre bollicine più abbordabili, il consumatore tipo è donna;
  • Rosé. Sta emergendo, le donne trainano il mercato del Rosé;
  • No & Low-alcohol wines;
  • Vini aromatizzati con frutta: fragola, ciliegia, pesca.”

3 – Cultura del cocktail

“Ci sono molti cocktail bar nelle grandi città, il mercato è soprattutto lungo la costa. Whisky e brandy sono i superalcolici trainanti, ma senz’altro non è il nostro mercato. La Grappa ed i Gin possono essere interessanti per l’Italia, soprattutto per un consumo abbinato al cocktail. La Grappa a sé stante in Cina non viene considerata, ma in abbinamento sì.”

4 – Ambiente dinamico e complesso

“La Francia, il Cile e l’Australia (fuori gioco a causa dei dazi) sono i competitors da tenere presente. I vini cileni stanno crescendo molto, c’è un crescente spirito nazionalistico anche nella Gen Z e questo non è affatto un dato da ignorare.

I brand cinesi sono abilissimi nel marketing, nella gestione dei social media e nella conoscenza del loro mercato.

La distillazione in Cina ha una tradizione millenaria e i produttori utilizzano anche prodotti tradizionali cinesi che rendono unici i prodotti proposti sul mercato.

Il mio messaggio è: non dimentichiamoci del players cinesi.

I consumatori giovani nella fascia 20-40 sono cresciuti con il digitale, i vini cinesi sono equamente distribuiti tra online e offline, mentre i vini importati non sono presenti online come quelli cinesi.
La maggior parte dei vini importati vengono venduti in negozi specializzati. 
Quando andiamo su etichette di prestigio il consumatore cinese è disposto a comprare online, ma bisogna tenere presente che la grossa parte del consumo del vino importato è offline.”

Paolo Fassina, Regional Manager North East Asia di Banfi Srl ha focalizzato il suo intervento sulle opportunità e sul ruolo di Hong-Kong come hub strategico nel commercio del vino in Asia.

“È difficile dare un quadro della situazione di Hong-Kong negli ultimi 2 anni (2019 e 2020) principalmente per la pandemia e per le proteste nelle piazze.

Se guardiamo a questo mercato senza soffermarsi sugli ultimi 2 anni atipici, Hong-Kong rappresenta il 6° mercato al mondo per il vino. Ha rappresentato il 1° mercato per il Bordeaux e qui sono presenti le più importanti aste del vino a livello mondiale.

Hong-Kong è un mercato maturo e sviluppato, ha delle dinamiche molto diverse dalla Cina, è un mercato duty free che non ha tasse sul vino. Questo favorisce i grandi commercianti francesi ed inglesi che hanno aperto qui le loro sedi. Oltre all’elemento fiscale anche la burocrazia è molto snella e gestita efficacemente.

Hong-Kong inoltre è una città che è in grado di offrire operatori di alto livello e scuole che formano professionisti WSET, un polo d’avanguardia nella formazione.
“Se tu copi da una persona stai copiando, ma se tu copi da 10 persone stai facendo ricerca” questo è un concetto chiaro ad Hong-Kong dove in una superficie molto piccola puoi entrare in contatto facilmente con molti operatori e players del mercato di alto livello.

La fascia media che interessa l’offerta italiana, si afferma in mercati dove la consapevolezza del consumatore è alta: ad Hong-Kong questo è possibile.

Wine Expo Hong-Kong è la fiera di riferimento del vino in Asia, il polo fieristico è stato favorito dal Governo che ha firmato accordi bilaterali con tutti i più grandi Paesi produttori.

Tutti questi elementi assieme fanno di Hong-Kong – pur essendo una città di soli 7,5 milioni di abitanti – un hub ed un mercato importantissimo che per il vino italiano rappresenta il 10° mercato al mondo ed il 4° mercato asiatico.

Un’altra differenza è che ad Hong-Kong, a differenza della Cina (1,2 litri/pro capite) il consumo annuo pro capite di vino è di 4,5 litri.

Se un produttore importa ad Hong-Kong, si garantisce degli “agreement” con la Cina: una volta entrati ad Hong-Kong, la via per la Cina è molto più semplice.

Inoltre è una città che parla inglese, quindi le relazioni sono molto più semplici.

La situazione attuale non è facile, siamo passati da 35 milioni di presenze turistiche a zero, dato che la città è totalmente chiusa al turismo in questo momento. Ma la flessibilità è una caratteristica di questa città. Per fare un esempio concreto, dove prima si vendevano i Rolex ora si trovano le mascherine ma se fra 3 mesi sarà riaperto il turismo, torneranno i Rolex in vetrina. Questo per rendere chiara la capacità di adattamento al mercato del tessuto commerciale di Hong-Kong.

Non facciamoci ingannare dai numeri degli ultimi 2 anni perché gli asset di questo mercato sono consolidati e torneranno forti.

L’intervento di Pierluigi Pollio, Regional Manager Middle East, Asia & Pacific di Zonin1821 si è concentrato sulla situazione attuale e sulla distribuzione del vino italiano in Cina.

“La Cina nel primo trimestre 2021 è cresciuta del 18% in generale, si stima che a fine anno si attesti attorno al +8,1%.
Il Paese è ancora chiuso al mondo esterno, la novità più importante è che l’Australia è fuori dai giochi a causa dei dazi e questo rappresenta una opportunità per gli altri Paesi importatori.

La Cina non è un paese uniforme, città come Shangai sono 10-15 anni avanti rispetto ad altre città di 2a e 3a fascia. Il retail si è trasformato in un doppio canale, con la pandemia tutti sono passati anche alla vendita online. 

In Cina è tutto digitale, la maggior parte dei consumi è online ma se andiamo ad analizzare le prime dieci categorie merceologiche acquistate online, non c’è il vino.

Che consigli posso dare?

  • La Cina cambia in continuazione, ogni 6 mesi c’è una novità importante;
  • Alle grandi aziende consiglio di avere un approccio più multichannel; possibile, curando la coerenza di prezzo e la brand awareness;
  • È importante puntare sugli Awards, la voce degli influencer e dei critici conta tanto;
  • Puntare sul packaging in lingua cinese, il cliente non comprende i caratteri latini;
  • Lavorare sullo storytelling e sviluppare contenuti video e testuali in lingua cinese;
  • Curare le relazioni;
  • Essere vicini ai propri importatori che solitamente non producono contenuti di marketing come invece accade in USA;
  • Condividere i costi con altri produttori, facendo rete;

In Cina ci sono mezzo miliardo di famiglie con più di 73mila euro di reddito annuo, quindi il potenziale è enorme.”

In conclusione, Roberto Luzi Crivellini ha voluto fare un punto sulla registrazione del marchio in Cina: “La registrazione del marchio è fondamentale perché la falsificazione è presente sul mercato cinese. È importante farla anche in lingua cinese perché la falsificazione può essere fatta anche in caratteri cinesi ed è complesso in quel caso riconoscerla. Un esempio concreto è quello del Consorzio Franciacorta.

Per quanto riguarda gli accordi commerciali, Crivellini ha sottolineato che: “L’importatore italiano solitamente si rivolge ad un distributore cinese incaricato a commercializzare il vino in Cina. L’importanza di identificare l’interlocutore è fondamentale perché ci sono molti truffatori.

Bisogna fare attenzione a:

  • verificare i dati dell’azienda
  • Business Licence (equivalente cinese della visura camerale italiana)
  • se il contatto arriva via web, la valutazione deve essere fatta ancora più a fondo. Si tratta spesso di società fantasma, gli esempi di truffa più frequenti sono relativi al pagamento di una commissione al notaio cinese inesistente o accreditamenti doganali fittizi”

I contratti vanno redatti in italiano, inglese e cinese. 
Nel contenuto dell’accordo è consigliabile inserire:

  • la possibile di revoca della esclusiva
  • la tutela della proprietà intellettuale
  • attenzione alla legge applicabile, la legge italiana non è utile sul territorio cinese o honkonghino. Prevedere la giurisdizione italiana è un autogol assoluto.

Riguarda alla possibilità di sviluppare un mercato “omnichannel”, la Cina consente di avere un virtual store nelle principali piattaforme online. Si tratta di un sistema integrato in cui è importante l’integrazione con WeChat. All’interno di un contratto di distribuzione “omnichannel” è bene tenere presente:

  • vendite online
  • licenza marchio
  • spese promozionali
  • gestione dati (da tenere su un server cinese). Tutti i dati che sono raccolti rimangono nella disponibilità del distributore cinese. È importante quindi disciplinare questo aspetto.