Tutti coloro che pensano che il successo dello Champagne sia dovuto soprattutto solo grazie al “mito” dovrebbe passare qualche ora con un uomo che si chiama Eric Coulon. Eric rappresenta l’ottava generazione della Roger Coulon una piccola ma prestigiosa maison dello Champagne in quel di Vrigny una delle aree più storiche e vocate alla produzione di questa straordinaria bollicina. La Roger Coulon è importata e distribuita in esclusiva in Italia da Bellenda, azienda storica della docg Valdobbiadene Conegliano Prosecco, nelle mani di Umberto Cosmo uno dei migliori cultori ed esperti anche delle bollicine d’Oltralpe.
Abbiamo incontrato Eric Coulon nei giorni scorsi dentro il suggestivo Castello di Barolo, nel cuore della Langa, dove sei straordinarie maison dello Champagne si sono presentate assieme ad altre 12 prestigiose realtà del Barolo all’interno di un progetto molto interessante (ne scriveremo a breve) denominato Trait d’Union.
Eric gestisce assieme alla moglie Isabelle questa azienda di 11 ettari di vigna, la più vecchia risale al 1924 e un’altra, denominata “Les Linguets” è stata piantata a piede franco nel 1953 su un suolo sabbioso che impedisce lo sviluppo della fillossera. Da questa vigna nasce un blanc de noirs a nostro parere uno dei più interessanti premier cru di questa tipologia dello Champagne; a Barolo abbiamo degustato l’annata 2008 che ci ha letteralmente conquistati.
Abbiamo avuto la fortuna di parlare con Eric per poco più di quindici minuti ai margini della manifestazione ma sono stati sufficienti per affascinarci e per farci capire ancora una volta come lo Champagne riesca, dopo oltre tre secoli, a mantenere così intatto non solo il suo successo ma anche la sua credibilità.
“Siamo all’ottava generazione di vigneron a Vrigny sulla Montagna di Reims dove da sempre coltiviamo 100 parcelle diverse di vigna con l’obiettivo preciso di esaltare nel modo migliore possibile il nostro terroir” così si presenta subito Eric Coulon.
E per Eric il termine terroir non è solo un’affermazione suggestiva ma astratta, bensì rappresenta un concetto molto preciso, concreto e un’opportunità straordinaria per i produttori che ci investono con coerenza.
“Il terroir” spiega Eric “è composto da quattro componenti fondamentali: il suolo, l’esposizione, il clima e les hommes (gli uomini). Quattro parametri che non è sempre facile avere in tutti gli anni nelle migliori condizioni. Ma è proprio perché sono quattro che ci consentono di poter mantenere equilibrio nelle nostre produzioni anche nella annate più difficili. Ci possono essere anni nei quali qualche elemento del terroir non sia nelle condizioni ideali ma abbiamo sempre a disposizione gli altri per mettere correttivi, ridimensionare alcuni limiti”.
E’ questa la ragione, ad esempio, che porta Eric a non essere eccessivamente preoccupato dalle attuali mutazioni climatiche.
“Il clima è importante ma non è tutto” racconta convinto Eric “e lo sappiamo bene noi dello Champagne che in oltre tre secoli abbiamo vissuto le più svariate condizioni climatiche, a volte anche estreme. Le climat peut être changé, mais le Champagne n’a jamais changé (il clima potrà anche essere cambiato ma lo Champagne non è mai cambiato). Se ci fossimo spaventati dal clima oggi non saremmo ancora qui. E quello che ci ha salvato è stata propria la nostra percezione dell’importanza del terroir, di come riuscire ad utilizzare al meglio tutte le leve di questo straordinario strumento”.
Ma Eric Coulon ci ha regalato anche un’altra importante lezione che rappresenta ulteriormente un’altra chiave di successo dello Champagne: la convivenza positiva e costruttiva di diverse anime produttive.
Alla nostra domanda, infatti, sulle relazioni tra grandi produttori e i vigneron Eric con sicurezza ha risposto:”I grandi sono importanti per aprire le porte, per far conoscere lo Champagne anche negli angoli più remoti del mondo. Porte che si aprono anche per noi piccoli che riusciamo così a far capire le nostre peculiarità, le nostre storie, la nostra identità”.
L’identità produttiva della Roger Coulon oggi parla di circa 80.000 bottiglie prodotte, un piccolo numero che Eric non è certo disponibile ad aumentare. “Questa è stata e sarà sempre la nostra dimensione. La consapevolezza dei nostri limiti è anche uno dei motivi per cui siamo resistiti per tutto questo tempo. Ed è questo il motivo anche per il quale io sono fermamente convinto che la nostra denominazione non si debba mai allargare. Senza darsi limiti non si può durare nel tempo, per sempre”.
Non poteva mancare, infine, una domanda sul Prosecco e se nello Champagne vi fossero preoccupazioni per la crescita straordinaria della nostra bollicina italiana.
Eric è stato lapidario ma molto efficace nella risposta:”Assolutamente no. Mi piace molto il Prosecco, ma si tratta di due prodotti completamente diversi che non sono in alcun modo comparabili”.
Appuntamento adesso a Vrigny, a giugno, nell’azienda di Eric per capire ancora meglio come si possa essere così forti e autorevoli dopo tre secoli.