“È là. Esiste. È la parte più filosofica e intellettuale, che ancora deve essere analizzata”. Così è stata definita la “mineralità” da Jean Trimbach.
Sulla “mineralità” non c’è consenso scientifico, e dunque, nel mondo dei descrittori sensoriali, in mancanza di accordo, ognuno la definisce a modo proprio: è un riferimento olfattivo o gustativo, o entrambi? Recentemente su questo concetto si è anche espresso l’enologo e professore Luigi Moio nel libro “Il Respiro del vino”, associandola più ad un concetto gustativo legato all’acidità e alla purezza sensoriale.
Oltre a riflessioni di carattere tecnico-scientifico, di “mineralità” oggi si parla anche in riferimento alle neuroscienze e all’appeal commerciale che ha questo descrittore, oggi molto di moda.
Vogliamo oggi concentrarci su un recente progetto dal titolo “Alla ricerca della Mineralità” promosso da Tebaldi srl, che si è avvalso del lavoro di ricerca svolto dal Laboratorio Excell Iberica, con in testa Antonio Tomás Palacios García.
Un progetto che ci è parso molto interessante e degno di essere raccontato, perché tenta di mettere dei punti fermi scientificamente provati.
La mineralità esiste, è una metafora di un carattere complessivo ed è collegata a diversi fattori oggettivi, sia di valenza gustativa che olfattiva.
Questo è il messaggio che i ricercatori del progetto hanno lanciato. Una definizione che va chiaramente in una direzione precisa.
Il Laboratorio Excell Iberica ha analizzato 17 vini internazionali che si distinguono per le loro caratteristiche minerali tramite analisi chimiche, sensoriali e statistiche, panel di degustazione, individuazione della strategie di vinificazione favorevoli alla mineralità.
A seguito di queste analisi Tebaldi srl ha pensato di estendere in modo applicativo queste informazioni ed esperienze con un progetto tutto italiano a partire dalla vendemmia 2017 a livello nazionale.
La scoperta da cui parte il progetto è questa: la percezione sensoriale della mineralità nel vino non è legata a unico fattore (terroir o composizione minerale), infatti essa è associata tanto alla percezione olfattiva come a quella gustativa.
I risultati dell’analisi mostrano che in parte il suo uso può essere dovuto a situazioni di soggettività, distorsione e preferenze prestabilite.
Inoltre secondo gli esperti, esistono tecniche viticole ed enologiche che portano a una maggiore predisposizione sensoriale del vino verso la percezione minerale.
La mineralità dipende da fattori gustativi ed anche olfattivi ed è un po’ l’antitesi al concetto di fruttato, ma non significa ricchezza di minerali nel vino. La mineralità dipende pochissimo dal suolo, maggiormente da fattori pedoclimatici complessivi e da attitudine del vitigno.
Da queste considerazioni dunque è partito il progetto di Tebaldi, che a partire dalle evidenze scientifiche disponibili ha redatto protocolli sperimentali da applicare su scala industriale a ciascun vitigno vocato per influenzare la maggior espressione del carattere minerale per via tecnica, nei vari territori. Le aziende aderenti applicheranno i protocolli e alla fine della vinificazione, preleveremo dei campioni per l’analisi chimica e sensoriale, che produrrà delle evidenze scientifiche applicate.
Dunque torniamo al concetto di partenza: è possibile oggi portare il più “filosofico ed intellettuale” dei descrittori del vino ad una sua definizione chiara e provata scientificamente? E addirittura ad essere perfino controllato? Qualcuno ci sta provando. Staremo a vedere, curiosi.