Nel numero di dicembre di Wine Spectator è stato pubblicato uno speciale di 7 pagine dedicato all’Amarone della Valpolicella. Scritto dalla nota giornalista americana Alison Napjus, il servizio mette in luce soprattutto la “grande divisione” che continua a caratterizzare lo “storico grande rosso del Veneto”. “Un vino” scrive la Napjus “che negli anni guadagna popolarità sempre più vasta ma al tempo stesso vede amplificare le discussioni su stili e disciplinare”.
Prima di entrare nel vivo dell’articolo di Wine Spectator non si può non sottolineare con un certo rammarico il paradosso che caratterizza il grande rosso veronese che troppo spesso sale alla ribalta per le divisioni, le guerre all’interno della denominazione che comunque finiscono con il minare la sua immagine e quella dei suoi produttori.
Non essere ancora riusciti nel tempo almeno a trovare un “contenitore riservato” nel quale confrontarsi, magari anche scontrandosi, evitando però le liti di piazza, a noi appare tuttoggi un enorme limite di questa straordinaria denominazione. E oggi è diventato pure difficile individuare i responsabili di tale situazione. Come in quegli eterni litigi di condominio che alla fine non riesci più a distinguere e capire i motivi che li avevano generati e rimane solo una triste sensazione di inutile e pericoloso spreco di tempo ed energie.
Ma torniamo a quello che la Napjus evidenzia in questo speciale. Innanzitutto viene evidenziata la crescita impressionante che ha portato l’Amarone a “triplicare la sua produzione tra il 2000 e il 2015”. “Ma questo successo” scrive la Napjus “ha anche generato molte divisioni e la denominazione oggi sta cavalcando un’onda tumultuosa tra stili diversi e conflitti interni”.
“Produttori ambiziosi” prosegue la giornalista di Wine Spectator “che hanno in gran parte trasformato la vecchia identità “anacronistica” di un vino dallo stile ossidato, in disgrazia tra i consumatori di oggi, verso le attuali versioni più equilibrate e fresche. Ma mentre questi stili offrono maggiore accessibilità alle giovani generazioni, di fatto sono in contrasto con gli stili di 20, 30 anni fa che avevano posto le basi per il successo attuale della denominazione”.
La Napjus evidenzia inoltre come negli ultimi anni sono nati moltissimi nuovi produttori e questo ha ulteriormente condizionato l’identità di questo vino. La giornalista americana, sottolinea inoltre come oggi l’imbottigliato di Amarone più “commerciale” venduto in ampi volumi potrebbe condizionare a medio lungo termine la reputazione qualitativa di questo grande vino.
Per queste ragioni il disciplinare di produzione dell’Amarone della Valpolicella da molti anni è al centro di un acceso dibattito e spesso di forti scontri.
Su questo fronte sono numerosi i pareri di alcuni produttori di Amarone scelti dalla Napjus per testimoniare la propria posizione sulla situazione attuale e sul futuro di questa importante denominazione.
Secondo Franco Allegrini, il noto enologo e titolare, insieme alla sorella Marilisa, dell’importante azienda Allegrini, brand storico della Valpolicella, “negli ultimi 15 anni la docg dell’Amarone è stata manipolata per consentire ad esempio livelli di residuo zuccherino più elevati o anche allargando la base di varietà ammesse anche a quelle internazionali e non più solo quelle tradizionali”. “Per arrivare” prosegue Allegrini “due anni fa ad allargare ancora una volta i confini della zona dove l’Amarone può essere prodotto. Al punto che si è voluto includere anche le zone di pianura più umide e meno vocate. E per arrivare alle 35.000 t di uva hanno consentito di piantare vigneti ovunque”. E Franco Allegrini conclude la sua testimonianza con un indicativo “combatterò tutto questo”.
Ma ad essere preoccupate non sono solo le realtà storiche. E’ il caso di Mariano Buglioni, titolare dell’omonima azienda nata nel 2000. “La mia sensazione” racconta a Wine Spectator Buglioni “è che per la Valpolicella sia un momento molto negativo. Oggi tutti fanno esattamente quello che vogliono e solo quello che vogliono. E stiamo pubblicizzando quello che facciamo di sbagliato e non quello che è giusto”.
Per Giuseppe Nicolis, che con il fratello Giancarlo è titolare di una importante azienda della Valpolicella Classica dal 1951, il principale problema va individuato in “alcune grandi aziende che hanno deciso di produrre un Amarone più “giovane”, più “commerciale” e io spero che in futuro questa situazione cambi”. E per cambiare l’azienda Nicolis ha comunque deciso di rimanere all’interno del Consorzio di tutela “per poter cambiare le regole dal di dentro” spiega Nicolis “una scelta all’insegna della coerenza”.
In mezzo a molte polemiche c’è chi prova a parlare di quello che sta facendo per qualificare il proprio prodotto, come Tommaso Bussola che spiega come “la sua azienda ha la stessa filosofia produttiva che aveva all’inizio, nel 1977”.
Ma quella di Bussola su Wine Spectator sembra una voce isolata considerando che un altro noto produttore della Valpolicella, di quella che fino a pochi anni fa veniva definita (con un certo dispregio) “allargata”, Romano Dal Forno, riconosce come oggi si punta solo a risultati di breve periodo e da questo l’utilizzo di pratiche enologiche fuori dalla tradizione per accelerare alcuni processi produttivi.
In conclusione dell’articolo anche le testimonianze di Nadia Zenato, titolare dell’omonima azienda che sottolinea alla Napjus come “nel passato quando viaggiavo erano pochi a conoscere bene l’Amarone. Oggi conoscono molto di più il territorio della Valpolicella e anche i processi di produzione dell’Amarone”.
Nonostante questa maggiore conoscenza secondo la Napjus i produttori dell’Amarone stanno manifestando numerose difficoltà nel gestire in maniera equilibrata la loro storia, il successo, le evoluzioni dei fabbisogni del mercato ed altro ancora.
“Ma sono anche molti i produttori” scrive in conclusione la Napjus “che sono pronti ed entusiasti ad affrontare queste sfide e continuano a vedere positivamente le diverse opportunità che il mercato offre”.
“La generazione di mio nonno e anche quella prima imparavano da annata in annata”, racconta in conclusione dell’articolo Raffaele Boscaini, rappresentante dell’ultima generazione della nota azienda Masi. “Mio padre (Sandro Boscaini, uno dei più noti imprenditori della Valpolicella, famoso anche per l’appellativo di “Mr Amarone”) è stato fortunato ad imparare da lui e conoscere ciò che andava fatto. La mia generazione è molto fortunata perché ha potuto conoscere anche le ragioni, i motivi di determinate scelte e per questo dovremmo sapere con maggiore consapevolezza i prossimi passi da fare. Questa è la bellezza dell’Amarone”.
In conclusione, dopo aver letto questo ampio articolo di Wine Spectator, ci rendiamo ancora conto di questa sorta di “paradosso Valpolicella”, di questa difficoltà di gestire un successo, di rendersi conto fino in fondo della fortuna di produrre in un siffatto territorio, di avere nella mani un prodotto come l’Amarone (e non solo).
E quando si ha una ricchezza di questo genere ci sono due regole fondamentali per preservarla, esserne grati e darsi un limite.

Amarone la grande divisione
Importante speciale di Wine Spectator sul grande vino della Valpolicella oggi al centro di grandi divisioni sugli stili del vino e sulle regole di produzione