Abbiamo aspettato mesi prima di scrivere questo articolo nella speranza che nel frattempo le cose si sarebbero aggiustate ma purtroppo sul fronte dell’Ocm vino 2016/2017 la situazione non solo non è migliorata ma, se possibile, anche peggiorata.

Siamo, infatti, passati dai 5 ricorsi del settembre scorso, tra le realtà che erano state escluse dalla graduatoria (Experience Italy, Consorzio Italian Essence, Ati La Marca, Enonè Rete d’Impresa e H2NO Rete d’Impresa), ad altri 7 che si sono aggiunti più recentemente e che presentano altri nomi altisonanti del mondo del vino italiano (Ati Capofila Nosio, Istituto del vino Italiano di Qualità Grandi Marchi scarl, Ati Only Wine, Unavini Sca, Consorzio Italia del Vino, Ati Progetto Italian Wine Wave ” Valiano). Fino ad arrivare agli ultimi giorni dello scorso anno che hanno visto il Ministero delle politiche agricole ad aprire nuovamente il bando promozione Paesi terzi per questa annualità per un valore complessivo di circa 14 milioni di euro (di fatto quelli che erano oggetto di ricorsi sul bando nazionale) e con scadenza di presentazione delle domande entro la fine del mese di gennaio. A questo, per dovere di cronaca, va aggiunto lo strappo tra Mipaf e Conferenza Stato Regioni consumato in questi giorni con la mancata partecipazione dei rappresentanti del Ministero all’ultima riunione della Conferenza relativa proprio al tema ocm vino. Un’assenza che denuncia oltremodo la grave situazione attuale.

Ma, a nostro parere, sarebbe un errore confinare queste problematiche solo nell’ambito delle annose difficoltà burocratico-amministrative che spesso rendono molte misure europee di difficile utilizzo.
Sarebbe molto più semplice “buttare la croce addosso”, al burocrate pubblico (che sicuramente di responsabilità ne ha molte) e alla sua incapacità di snellire, di rendere chiare e accessibili le risorse pubbliche messe a disposizione anche al settore vitivinicolo.
Ma andando a studiare più in profondità le problematiche, non solo quelle più recenti, relative al tema dell’Ocm vino e, soprattutto, alla misura promozione nei Paesi terzi, sono numerosi gli aspetti che emergono e che vedono responsabilità distribuite un po’ a tutta la filiera vitivinicola, compresa la componente produttiva.

Gli aspetti emersi nella nostra analisi sono molti e con questo articolo vogliamo cominciare, seppur sinteticamente, ad evidenziarne alcuni, non necessariamente con una precisa gerarchia in termini di importanza.

Aspettative “pericolose”. Si è ascritto in questi anni grande importanza all’ocm vino che, secondo molti osservatori, avrebbe supportato in maniera forte la crescita dell’export vitivinicolo italiano in questi ultimi anni. Noi siamo stati sempre tra quelli un po’ più “scettici” su questo fronte avendo osservato come in gran parte questi fondi sono stati utilizzati dalle aziende per finanziare le proprie risorse umane impegnate sul fronte export (e pertanto più per consolidare uno status quo più che evolversi ulteriormente). Ma allo stesso tempo abbiamo visto molte, troppe iniziative di promo-commercializzazione nate e poi morte all’interno delle misure ocm a dimostrazione di una dipendenza troppo forte da parte delle aziende nei confronti di questi finanziamenti. Sentire oggi imprese drammaticamente preoccupate per la perdita di finanziamenti pubblici non può, dal nostro punto di vista, non lasciare perplessi.

Dialogo “difficile”. Non c’è dubbio che questi circa 7 anni di ocm vino hanno testimoniato, ancora una volta, purtroppo, la difficoltà di dialogo tra mondo produttivo e le istituzioni pubbliche. Non sono serviti decine di incontri e dossier a far capire alla “parte pubblica” i fabbisogni delle imprese al fine di modellare i bandi nel modo più efficace possibile. Su questo fronte le stesso organizzazioni professionali del vino probabilmente dovrebbero verificare oggi di più da un lato la loro capacità di rappresentanza dall’altro la loro forza di influenza sulle istituzioni pubbliche.
Se a questo aggiungiamo le differenze di comportamento tra Regione e Regione, che hanno creato spesso pericolose sperequazioni tra le imprese a seconda del territorio di appartenenza, è indubbio che il percorso dell’ocm vino (ma questo vale praticamente per tutte le misure comunitarie) è stato sempre incerto e minato.

Scontro tra “poteri”. Non può essere considerato un caso il fatto che questo attuale caos sull’Ocm vino stia avvenendo in una delle fasi più difficili all’interno del sistema vitivinicolo italiano alle prese con numerosi conflitti. Conflitti sia all’interno delle organizzazioni professionali (le recenti fuoriuscite dalla maggiore organizzazione del vino italiana, l’Uiv ne è solo un esempio) sia all’interno dei mercati con guerre sempre più evidenti sul fronte prezzi. Se a questo si aggiungono le difficoltà all’interno della gran parte dei Consorzi di tutela italiani (sia per trovare fonti di finanziamento adeguate, sia per essere autorevoli nei confronti dei soci nella gestione delle denominazioni), non può sembrare così casuale l’attuale situazione sul fronte Ocm vino. Noi continuiamo a pensare che molte delle difficoltà “politiche” del nostro settore vitivinicolo sono comunque in qualche misura anche specchio dei limiti di questo comparto. E la sua cronica difficoltà nel fare sistema non può non tradursi spesso in evidenti difficoltà nell’avere politiche di sostegno al comparto adeguate.

Burocrazia vs efficacia. Chiudiamo questo primo “elenco” di aspetti che emergono dall’attuale caos Ocm vino, per citare l’annoso tema della burocrazia che, a nostro parere, non può essere risolto “solo” con il Testo unico del vino. Inutile girarci intorno, la burocrazia crea interessi, business (per chi ci lavora), opportunità di costruire clientele, vincoli politici e tanto altro ancora. La burocrazia nell’ambito dell’Ocm vino ha creato sicuramente posti di lavoro con la nascita di numerose società e consulenti che si sono specializzati in istruttoria di bandi e rendicontazione. Purtroppo non sempre questa burocrazia, però, ha consentito la nascita non solo di realtà “amministrative” ma anche di società, esperti capaci realmente di costruire strategie di promozione del vino efficaci nel mondo. Non solo, questa burocrazia ha drenato risorse alle aziende che invece di investire di più nelle loro strategie di export hanno dovuto perdere un mare di tempo e soldi per arrivare a questi benedetti finanziamenti. E per questo ci domandiamo, in conclusione, come fa, ancora oggi, il burocrate pubblico (sia europeo che nazionale e regionale) a non capire che la rigidità burocratica è l’humus ideale per i truffatori (che sono bravissimi a mettere apposto le carte) e l’antitesi dell’efficacia?