In queste ore si sta consumando un grave strappo all’interno di Unione Italiana Vini, la maggiore organizzazione del vino italiana (ne aderiscono circa 500 aziende, espressione delle varie anime che compongono la filiera, che rappresentano un fatturato pari al 70% dell’export italiano di vino). Alcune importanti aziende hanno deciso di uscire dall’associazione in dissenso nei confronti dell’attuale assetto dell’organizzazione guidata dal presidente Antonio Rallo (eletto nel maggio scorso succedendo a Domenico Zonin).
Non ci interessa adesso andare in profondità a questa scelta, lo faremo probabilmente a breve. Quello che ci interessa far emergere è che questa situazione in Unione Italiana Vini rappresenta uno dei numerosi sintomi di difficoltà, di disagio che sta attraversando tutto il mondo del vino italiano.
Sono infatti numerosi oggi i fronti in cui il vino italiano si sta dibattendo e facciamo fatica oggi a capire come mai tutto questo continui ad essere ammantato da un velo di omertà.
Nascondere i problemi è un errore, come pure non è corretto evidenziarli nei contesti sbagliati.
Proviamo allora brevemente a condividere con i nostri lettori alcune di queste problematiche viste, ovviamente, dal nostro osservatorio che non ha certo la pretesa di essere capace di indagare in maniera esaustiva tutti i limiti del nostro sistema vitivinicolo.
Partendo dalle attuali divisioni all’interno di Unione Italiana Vini ci sembra a noi scontato che non sia solo un problema di gestione del “potere” dell’associazione, di “poltrone”, tanto per intenderci. Quest’ultimi sono problemi contingenti che si verificano ad ogni cambio di Consiglio di amministrazione. A nostro parere in gioco oggi vi sono visioni profondamente diverse rispetto lo sviluppo e difesa del nostro sistema vitivinicolo. Sarebbe molto utile che queste diverse visioni venissero appalesate in maniera chiara per evitare di dare adito al pensare che si tratta del solito tentativo di alcuni imprenditori del vino italiani di dettare legge.
Non si può inoltre dimenticare che questa grave frattura sta avvenendo in una fase economica molto difficile anche per molte imprese del vino italiane. Non può essere sfuggito nelle scorse settimane l’allarme lanciato da Emilio Pedron, amministratore delegato di Bertani Domains, che ha evidenziato come siano ormai quasi la metà le imprese del vino italiane con bilanci in rosso.
Continuare ad insistere che il vino italiano è un comparto sempre e comunque in controtendenza rispetto alle crisi economiche e che è sempre in grado di difendersi al meglio, oggi appare una foglia di fico inutile.
Vi sono regioni vitivinicole italiane dove la crisi appare sempre più forte e non sono solo le denominazioni meno note. Basta andare a vedere i posizionamenti di molte delle nostre denominazioni per capire questo.
Abbiamo recentemente assistito ad una infuocata assemblea consortile dove i produttori si accusavano, con fatture alla mano, di prezzi insostenibili che di fatto minavano la sostenibilità economica della maggioranza delle aziende.
E ci piacerebbe affermare che si trattava di prezzi bassi fissati solo dalle grandi aziende, dagli industriali e cooperatori, ma in mezzo vi erano anche molte, troppe, piccole realtà.
E che dire anche di denominazioni apparentemente vincenti, come l’Amarone della Valpolicella, ad esempio, l’eco delle sue divisioni ha ormai raggiunto ogni angolo del pianeta. Si possono liquidare solo come le “solite beghe interne”, senza invece andare oggi ad indagare meglio le ragioni di questo malessere? Un produttore di questo territorio alcuni giorni fa ci confessava che l’escalation di queste divisioni è direttamente proporzionale all’aumentare dei problemi della denominazione sui mercati, che non gode più al 100% dei venti favorevoli di un po’ di tempo fa.
Non molto diversa la situazione anche di sua maestà Prosecco con aziende che “denunciano in silenzio” una situazione prezzi insostenibile e ingiustificata. Un noto produttore della denominazione veneto-friulana qualche settimana fa ci raccontava, all’interno di una nota manifestazione internazionale, che era in difficoltà per le trattative con alcuni potenziali importatori perché il suo Prosecco base a 3,4 euro a bottiglia veniva considerato già fuori prezzo rispetto alla media di 2,60 degli altri prosecchisti presenti in fiera.
Le aziende del vino ormai in vendita non si contano più, basta anche andare a leggersi i siti specializzati in questa tipologia di compravendita. Se a questo aggiungiamo le aziende che già sono passate di mano in questi ultimi mesi, si fa presto a capire che il silenzio non paga più.
Possiamo anche a fronte di alcuni evidenti segnali, denunciati spesso dalle stesse aziende, non da giornalisti in cerca di scoop, rimanere indifferenti?
Non abbiamo e non vogliamo dare risposte adesso a questa situazione. Ma esortiamo il sistema nel suo complesso, senza eccezioni, (nessuna categoria del sistema produttivo può sentirsi non responsabile e non coinvolta a vario livello in questa situazione) a dare trasparenza a tutto questo, a non nascondersi, di trovare i contesti giusti per confrontarsi: ne va del bene vero del nostro sistema vitivinicolo.
In conclusione ci viene in mente come in un recente importante convegno, il ministro dell’agricoltura Martina, ebbe a dire:”le aziende del vino italiane sono il fiore all’occhiello dell’imprenditoria italiana”. A lui rispose, senza però (purtroppo) farsi sentire un noto imprenditore del vino italiano che sogghignò tra i denti “speriamo di no, per l’Italia”.
Dire la verità non significa negare l’importanza del nostro sistema vitivinicolo, i passi avanti fatti da tante aziende, le capacità imprenditoriali di molte donne e uomini. Ma un comparto maturo, serio non può nascondersi dietro frasi fatte o pericolose lotte di potere senza spiegare cosa sta succedendo realmente. Abbiamo il dovere di rendere più forte il nostro vino e le nostre imprese, tutti coloro che vivono all’interno di questa filiera deve sentirsi in qualche modo responsabile e coinvolto.

Cosa sta succedendo al mondo del vino italiano?
Mentre si continua a predicare che le imprese del vino italiano veleggiano tutte positivamente sui mercati, che nel nostro comparto del vino regna l’armonia, la situazione nella realtà è ben diversa e viene da domandarsi il perché di tanta omertà