Londra e Singapore. Tralasciando il passato coloniale, cosa hanno in comune oggi queste due città? La risposta è abbastanza intuitiva. Secondo il ventesimo “Global Financial Centres Index”, pubblicato a settembre 2016 dalla compagnia di analisi finanziaria Z/Yen che due volte l’anno stila una classifica dettagliata della competitività e influenza dei principali centri finanziari globali, Londra resta al primo posto nonostante la Brexit, seguita da New York e proprio Singapore al terzo posto (primo tra i mercati asiatici, dopo aver spodestato Hong Kong).

Il fatto che queste due città siano dei centri finanziari molto importanti a livello globale comporta delle somiglianze: entrambe sono città cosmopolite, poli attrattivi di professionisti altamente qualificati dove la concentrazione di ricchezza e dunque di high spenders è più elevata che altrove. Tutti questi fattori favorevoli rendono Londra e Singapore due centri particolarmente importanti per il settore del vino, come illustrato da Jinglin Zhang (Research and Insight Executive presso Berry Bros. & Rudd) e Wai Xin Chan (Wine Educator e Italian Wine Ambassador) durante lo scorso wine2wine. Entriamo dunque nel dettaglio.

Londra. Il mercato britannico resta uno dei punti di riferimento per il vino italiano; occupa circa il 21% del mercato dei vini importati, con una netta predominanza degli sparkling.
Se l’Italia nell’off-trade perde terreno, a causa anche di prezzi insostenibilmente bassi (vedi articolo), ne guadagna nell’on-trade dove nell’ultimo anno ha aumentato sia il volume che il valore delle esportazioni. Dal momento che il fenomeno della premiumisation è molto evidente in UK, e a Londra in particolare, le opportunità nell’on-trade sono molte e vanno colte per tempo.
“Lo scenario del vino a Londra si presenta sempre più variegato, ma con una netta predilezione per sperimentare grandi vini in ambienti casual ed informali. Da qui il proliferare di wine bar e bistrot (come 10 Cases, Terroir wine bar o Noble Rot) e la crescente importanza del proporre selezioni interessanti di vini al bicchiere” ha affermato Jinglin Zhang.
In generale Londra è l’esemplificazione di tutte quelle tendenze che caratterizzano i Millennials: interesse per la cultura del vino (importanza dell’educazione, degli influencer e delle valutazioni degli altri utenti sui social), per vini più leggeri, con meno alcol e meno calorie, per la storia e l’etichetta del vino.

Singapore. Ex colonia britannica, situata nella punta meridionale della penisola malese, è oggi una città-stato che si estende su meno di 800 km quadrati e che conta una popolazione di oltre 5 milioni di persone (più di 300.000 espatriati), un’alta percentuale di giovani e con un PIL pro capite di 52.500 euro.
In questo mercato c’è una spiccata predilezione per i vini del nuovo mondo, australiani in primis. Questo è dovuto non solo alla vicinanza fisica tra le due aree, ma anche al fatto che la comunità australiana a Singapore è molto numerosa.
Il vino italiano invece è in larga parte sconosciuto e la mancanza di un chiaro posizionamento del nostro prodotto incide inevitabilmente sul prezzo (si pensi solo che è il secondo vino più economico dopo quello cileno). Tuttavia, secondo gli esperti, questa mancanza di conoscenza può e deve essere superata, soprattutto perché ci sono dei buoni presupposti.
Anche a Singapore, come spesso accade all’estero, la connotazione dell’Italia nell’immaginario comune è molto positiva, si collega al concetto di lifestyle ed è la meta romantica per eccellenza. Per questo motivo, suggerisce Wai Xin Chan, quando ci si approccia a questo mercato non bisogna pensare di vendere “solo” il vino, bisogna invece cercare di vendere una vera e propria esperienza al cui centro ci sia il vino.