Un prodotto maturo che muove un giro di affari di 1 miliardo e mezzo di euro per quasi 506 milioni di litri, quello descritto dalla ricerca di IRI sul vino nella grande distribuzione (escludendo il canale discount) presentata lo scorso Vinitaly.
Si conferma anche nel 2016 la progressiva diminuzione delle quantità vendute e la tenuta in termini di valore, frutto di nuove modalità di consumo che sempre più definiscono il vino come bene voluttuario. Rispetto al 2015 sono stati venduti 5,2 milioni di litri di vino in meno (-1%) a cui però corrisponde un aumento del fatturato di canale dell’+1,1%. Dunque il bilancio rimane positivo.
Cosa guida le scelte del consumatore sugli scaffali della GDO?
Per le nuove generazioni aprire una bottiglia è un modo per coccolarsi anziché un’abitudine quotidiana, di conseguenza nel carrello si trovano sempre meno brick (-2,5%) e sempre meno bottiglioni, dame e altre confezioni da più di 0,75 lt (-9,7%).
Crescono invece i vini in bottiglia da 0,75 lt o meno (+1,8%), soprattutto se a denominazione (+2,7%). Il riferimento territoriale si conferma infatti come uno degli elementi principali che guidano la scelta del consumatore, se si pensa che il 60% dei vini venduti in GDO è certificato DOC, DOCG o IGT.
Cambia dunque il profilo del consumatore contemporaneo.
Il nuovo consumatore è propenso a sperimentare e scoprire i prodotti di diversi territori (86%) e cerca attivamente informazioni sui vini che non conosce (82%), utilizzando anche la rete come fonte di ispirazione (33%). Questo spiega il successo delle denominazioni meno note e delle regioni di più recente introduzione sugli scaffali della grande distribuzione.
La tipologia che cresce di più, pur rappresentando tuttora una nicchia, è quella del vino biologico, di cui nel 2016 sono stati venduti 3,8 milioni di bottiglie, con un aumento rispetto al 2015 del 25,7% a volumi e del 35% a valore. Il bio ha successo non solo perché è nuovo e trendy ma soprattutto perché intercetta la domanda di quei consumatori, e sono sempre di più, che identificano nella naturalità una garanzia di salubrità e sicurezza.
Bisogna tuttavia tenere presente che al supermercato il consumatore cerca prima di tutto la convenienza: la fascia di prezzo fino a 3 euro rappresenta tuttora i due terzi dei volumi e la metà del fatturato del vino nel canale. Tuttavia, il suo peso si sta lentamente riducendo a favore delle referenze di prezzo superiore ai 4 euro, che mostrano tutte una crescita rispetto al 2015.
Se il vino non è più sulle tavole ogni giorno, nel 2016 gli spumanti sono stappati sempre più spesso, non solo in occasione dei brindisi di fine anno. Si tratta di una vera e propria destagionalizzazione, dal momento che le vendite aumentano in tutti i mesi dell’anno.
Le diverse occasioni di consumo determinano anche un cambiamento delle tipologie preferite. Ormai a farla da padrone sono gli spumanti secchi ottenuti con il metodo Charmat (25,4% delle vendite a volume), seguiti dal Prosecco (12,7%) e dagli spumanti metodo classico (5,9%). Gli spumanti dolci invece perdono terreno, registrando un calo a volumi del 25% tra il 2010 e il 2016.