È il vino che fa da ambasciatore sui mercati internazionali ad attrarre i consumatori stranieri in Friuli Venezia Giulia, o sono i turisti che visitano la regione ad acquistare poi i vini una volta rientrati a casa? Ne ha discusso, durante un seminario per gli associati alla Strada del Vino e dei Sapori del FVG, Pierpaolo Penco, responsabile della formazione in Wine Business di MIB Trieste School of Management, alla luce dei risultati di una ricerca che ha condotto su un campione qualificato di consumatori tedeschi e statunitensi in collaborazione con l’agenzia specializzata Wine Intelligence di Londra.

Le esportazioni vinicole del Friuli Venezia Giulia negli ultimi anni sono cresciute a un tasso superiore alla media nazionale, arrivando ad un valore complessivo di oltre 100 milioni di euro e una crescita di oltre il 50% nell’ultimo quinquennio (elaborazione MBS su dati Ismea). I principali mercati di sbocco si confermano gli Stati Uniti, che nel 2015 hanno rappresentato il 39% dell’export quello friulano; e la Germania, che raccoglie il 24% delle esportazioni friulane, mentre al terzo posto il Regno Unito con un 21%, mercato che nel quinquennio registra la maggiore forte crescita delle esportazioni friulane (+239%), seguito dal Giappone (+184%) e dalla Germania (+160%).
È proprio sui mercati tedesco e statunitense che si è concentrata l’analisi, all’interno del sondaggio quadrimestrale Vinitrac® di Wine Intelligence, grazie ad alcune domande mirate ai consumatori regolari di vino sulla riconoscibilità della regione e delle sue bottiglie, la propensione all’acquisto e le occasioni di consumo tra canale dell’asporto e della ristorazione.
“Dalla ricerca è emerso un profilo del consumatore del vino friulano abbastanza simile. In entrambi i mercati, infatti, chi conosce il vino friulano è un consumatore curioso ed esperto: ha una maggiore attitudine a provare diverse varietà e una conoscenza delle altre regioni superiore al consumatore medio, rispetto al quale beve più vino italiano, soprattutto in Germania, e ha una frequenza di consumo settimanale superiore” afferma Penco.
Negli Stati Uniti, solo una percentuale ridotta dei consumatori regolari di vino conosce i vini del Friuli Venezia Giulia (4%); tuttavia la Regione dimostra una buona prestazione nella conversione in acquirenti di chi è a conoscenza della Regione (18%). La più citata barriera all’acquisto di vino del Friuli Venezia Giulia da parte dei consumatori statunitensi è la mancata disponibilità delle etichette negli esercizi dove abitualmente comprano vino (negozi o ristoranti). Tra tutti i bevitori regolari statunitensi, solo una piccola percentuale (1%) consuma vino del Friuli Venezia Giulia, con il Sauvignon Blanc come varietà più popolare, seguita dallo Chardonnay e dal Pinot Grigio. La maggior parte dei consumatori che hanno acquistato vini friulani sono stati motivati da un precedente viaggio nella regione o da offerte promozionali. In generale, chi conosce il Friuli Venezia Giulia tende ad avere un maggiore coinvolgimento nel vino e una maggiore propensione a provare nuovi stili, pur mantenendo una significativa preferenza per le varietà Merlot, Chardonnay e Cabernet Sauvignon. Questo consumatore spende più della media per una bottiglia di vino come regalo, per una festa o per rilassarsi a casa, mentre al ristorante tende a consumare più frequentemente e, in genere, ha una maggiore propensione verso vini più cari.
Tra i consumatori regolari tedeschi una discreta parte (20%) afferma di conoscere il Friuli Venezia Giulia come regione vinicola, tuttavia solo l’8% di questi ha acquistato vino dalla Regione negli ultimi tre mesi e il 2% li acquista regolarmente. Molti infatti sono a conoscenza della Regione ma non ne hanno acquistato i vini, affermando di non aver grande familiarità con la sua offerta. Coloro invece che hanno recentemente acquistato etichette regionali sono stati motivati da una precedente vacanza in Friuli Venezia Giulia e dallo stile dei vini, dei quali apprezzano soprattutto Pinot Grigio e Sauvignon Blanc. Conoscono il Friuli Venezia Giulia consumatori prevalentemente di sesso maschile, spesso di età compresa tra i 55 e i 64 anni, con maggiori probabilità di provare nuovi stili, una preferenza significativa per le varietà Riesling, Merlot e Pinot Grigio e un’ampia conoscenza delle diverse regioni d’origine. Spendono in modo significativo in tutte le occasioni di acquisto per asporto (off-trade), così come quando acquistano vino nella ristorazione, in particolare nelle occasioni formali.

“Nel marketing del vino è sempre stata evidente la correlazione tra le persone che hanno visitato una regione produttrice di vino o un Paese e una successiva affinità per i vini della regione/del Paese” – continua Penco. “Spesso, però, si è dato più peso a questa affinità come elemento che anticipa la visita (mi piace il vino della Regione X per cui sceglierò quella destinazione per la mia vacanza), ma le prove scientifiche suggeriscono che più spesso la correlazione è opposta (sono andato in vacanza nella Regione X, ho provato i vini sul territorio e ora me li godo a casa).” Questo effetto è confermato anche dall’insieme dei dati elaborati da MIB e Wine Intelligence che mostrano chiaramente una correlazione tra gli acquirenti dei vini friulani in Germania e USA e quelli che hanno visitato la regione
Allo stato attuale, le oltre 100 milioni di bottiglie esportate consentono sì alle aziende di migliorare o di mantenere quote di mercato e fatturati, ma evidentemente non riescono ancora del tutto a trasformarsi in biglietti da visita per attrarre visitatori sul territorio. La maggior parte del vino, infatti, non porta in etichetta un chiaro riferimento al legame territoriale regionale (oltre il 50% della produzione viene infatti etichettata come Prosecco DOC, Pinot Grigio IGT e tra poco DOC «delle Venezie», IGT «Venezia Giulia», o con un generico Vino Spumante di Qualità, come nel caso della Ribolla Gialla). “Sono certo che il numero di consumatori regolari di vini prodotti in regione sia leggermente maggiore di quanto emerso dalla nostra ricerca” – conclude Penco – “ma questi non lo sanno o non sono in grado di collegare quanto sta nel bicchiere con l’origine del prodotto. Per contrastare la forte concorrenza che proviene da altri vini sui mercati internazionali che attualmente godono di maggior appeal, il turismo enogastronomico e il turismo in generale diventano quindi non solo un’opportunità ma, sempre più, una necessità per il tessuto produttivo regionale”.