Siamo in Giappone nel nostro tour organizzato in collaborazione con l’Italian Trade Commission di Tokyo e Wonderfud, uno società italiana che in questi anni si è specializzata nell’accompagnamento di imprese italiane soprattutto in questo importante mercato.
Ottima l’organizzazione dell’Italian Trade Commission che a Tokyo ha funzionari di primissimo livello come Toshiko Omichi, responsabile della trade promotion section presso l’Ambasciata Italiana. Spesso si “parla male” delle nostre organizzazioni istituzionali di promozione all’estero ma queste generalizzazioni sono molto pericolose perché in realtà, come sempre, il valore degli enti, delle istituzioni risiede nella competenza e professionalità delle persone, dei funzionari. Dove queste competenze sono presenti le istituzioni diventano partner straordinariamente importanti per le nostre imprese sui mercati internazionali.
Il Giappone rimane un paese straordinariamente strategico per l’export vitivinicolo internazionale, non solo per i numeri attuali (nel 2016 oltre 1,3 miliardi di euro il valore dei vini importanti in questo Paese), ma anche per le sue ancora notevoli potenzialità di sviluppo. Basti pensare che stiamo parlando di un Paese di oltre 127 milioni di abitanti e ad oggi il loro valore di importazione è di poco superiore ad un Paese come l’Olanda che di abitanti ne ha solo 17 milioni.
Lo sappiamo bene che questi sono parallelismi che poco si adattano ad mercato come quello del vino che risente fortemente delle influenze culturali, dell’educazione dei consumatori.
Ma su questi ultimi due fronti il Giappone appare comunque la frontiera asiatica più vicina a noi perché, pur rimanendo notevoli le differenze culturali, è straordinariamente elevata la curiosità nei confronti dei nostri vini e, più in generale, l’apprezzamento verso il nostro Paese.
“Quando ho iniziato ad occuparmi di vino italiano in Giappone – ci ha raccontato Shigeru Hayashi, il noto sommelier giapponese che potremmo definire il più storico ambasciatore del vino italiano in questo Paese – oltre trent’anni fa la quota di mercato dei vostri vini era sotto il 2% e soprattutto la vostra offerta vitienologica era pressoché sconosciuta”.
In trent’anni sono cambiate sicuramente molte cose ma si ha tuttoggi la sensazione che molto ancora si possa fare per crescere.
“Non c’è ombra di dubbio – ci ha spiegato Isao Miyajima, uno dei più autorevoli giornalisti del vino in Giappone grande esperto di vini italiani – che la percezione dell’Italia del vino in Giappone è cresciuta molto in questi ultimi anni ma i margini di sviluppo sono ancora ampi soprattutto se riuscirete ad aumentare le attività di promozione ed educative nel nostro Paese. Avete senza ombra di dubbio la più grande diversità enologica al mondo ma proprio per questo per voi è indispensabile realizzare costanti iniziative di educazione sulle vostre innumerevoli denominazioni”.
Curiosità, oggi una parola molto utilizzata quando si parla di mercati del vino. In Giappone la percezione che sia in forte crescita la curiosità nei confronti dei nostri vini, anche quelli appartenenti alle denominazioni meno note, è alquanto evidente.
Il problema è come riuscire a tradurre questa “curiosità” in reali opportunità di business. E anche su questa tema noi siamo costretti a ricorrere ad una nostra frequente “ricetta” e cioè quella di presidiare meglio i mercati, viverli in maniera più costante.
Ed è chiaro che per le piccole e medie imprese italiane, soprattutto quelle di territori meno famosi, il presidio dei mercati appare spesso come una strategia impossibile.
In questa direzione si inserisce l’opportunità oggi offerta dalle reti di impresa che consentono anche alle imprese di dimensioni più ridotte (la maggioranza del sistema vitivinicolo italiano) di gestire una presenza più adeguata sui mercati internazionali condividendo azioni e risorse umane con altri partner complementari tra di loro.
Ma l’altro elemento che sta sempre di più contraddistinguendo tutti i mercati del vino, Giappone compreso, è la proliferazione di piccoli importatori, i cosiddetti “boutique importers”.
Ne abbiamo incontrati molti in questa nostra missione giapponese e il denominatore comune della loro ricerca è “vini nuovi a prezzi abbordabili”. “Noi siamo alla costante ricerca di vini fuori dal mainstream classico italiano – ci ha raccontato Kay Ezawa, Ceo di La Divina Kay Corp. – perché abbiamo clienti sempre più preparati e pronti a scoprire cose diverse. Ci siamo resi conto nel tempo quanto l’Italia del vino possa oggi offrire prodotti ancora poco noti ma dalla grande personalità. Si tratta di vini che spesso hanno prezzi molto interessanti e possono diventare pertanto particolarmente appetibili sul nostro mercato. Per esempio durante questa iniziativa ho apprezzato particolarmente vini come il Morellino di Scansano e il Montecucco, due denominazioni toscane qui in Giappone ancora pressoché sconosciute ma con prodotti che hanno caratteristiche molto adeguate ai nostri consumatori e alla nostra cucina”.