L’avanzata, nei bicchieri degli appassionati e sul mercato, dei vini cosiddetti naturali, in questi ultimi anni è stata inarrestabile, accompagnata da una marea di informazioni e definizioni che hanno creato grandissima confusione.
Siamo davanti al problema di ogni novità, di ogni rivoluzione, di ogni movimento.

Io lavoro da qualche anno per e con i vini cosiddetti naturali, ci lavoro con la convinzione che sia un passaggio quasi obbligato, e comunque irreversibile: è difficile, se non impossibile, che chi si appassiona a questi vini torni indietro. Con lentezza quindi, procedendo per piccoli numeri che crescono però in maniera esponenziale, e in una situazione di confusione generalizzata, questo bellissimo mondo si è ormai affermato per il pubblico e per il mercato.

Ci sono anche due motivi tecnici per cui tutte le persone che si sentono parte del mondo del naturale (me compreso) ritengono questo passaggio obbligato: il primo, più romantico, è il fatto che fino agli anni ‘70 tutti i vini erano naturali, e i grandi critici (vedi alcuni articoli di James Suckling) ricordano con le lacrime agli occhi le degustazioni di etichette più vecchie; il secondo, decisamente più scientifico, è il fatto che la viticoltura, che occupa lo 0,5% della superficie coltivata mondiale, consumi oltre il 30% dei fitofarmaci dedicati all’agricoltura. Il primo motivo ci emoziona, il secondo ci spaventa.

A questo mondo appartengono alcuni tra i produttori universalmente riconosciuti come eccellenza, come (ne cito cinque, giusto per snocciolare qualche nome incontestabile e riconoscibile anche ai più, e non me ne vogliano le altre decine di grandissimi produttori) Romanée Conti, Coulée du Serrant, Gravner, Foradori, Emidio Pepe.

Per Wine Meridian intervisterò diversi produttori e diversi professionisti del mercato del vino, per parlare dei diversi aspetti di questo variegato mondo del naturale a cui aggiungo, rubando la definizione a un amico, la parola artigianale.

Prima di iniziare con interviste, valutazioni, considerazioni specifiche, occorre però far capire di cosa stiamo parlando, mettere a disposizione a chi legge una bussola, o indicare le stelle per i navigatori più nostalgici.

Questa introduzione si articolerà in tre parti, pubblicate con cadenza settimanale. L’obiettivo è fornire un quadro completo e dettagliato, seppur senza approfondire, del mondo del naturale artigianale:
– cosa significano le parole artigianale e industriale?
– chi sono i produttori artigiani e quali sono le loro caratteristiche?
– quanti sono in Italia?
– in quali zone si concentrano?
– quali sono le loro caratteristiche?
– quale è il loro mercato e come funziona?
– cosa significano le parole biologico, biodinamico, naturale e senza solfiti?
– quali sono i dibattiti aperti e i contrasti interni a questo mondo?

Una volta chiariti questi punti (e non sarà affatto facile, credetemi, ma ci riusciremo), potremo addentrarci tra le vigne, i volti e le storie dei produttori, tra il lavoro e le esperienze di chi commercia il vino.

Il giudizio ultimo, la scelta ultima, è sempre del nostro naso e del nostro palato ma sono certo che sia importante anche capire come il vino è fatto, cosa si fa in vigna e cosa si fa in cantina, conoscere e comprendere le persone. La qualità non è e non può essere limitata alle caratteristiche organolettiche di un prodotto, ma si giudica da ogni fase del procedimento (pensate a quanti cibi industriali sono buoni al gusto, ma prodotti in maniera artificiale e spesso dannosa per l’ambiente e per noi stessi).
Il consiglio che mi sento di dare agli appassionati è questo: chiedete sempre come è fatto un vino senza limitarvi agli aromi e ai sapori, chiedete informazioni quando siete al ristorante o in enoteca, esigete che i camerieri e i negozianti sappiano cosa stanno vendendo, chiedete come l’azienda lavora in vigna e cosa aggiunge in cantina e, quando visitate un’azienda, chiedete di vedere la vigna e la cantina. Sembra banale, ma chi mette sé stesso nel proprio lavoro sarà felicissimo di guidarvi in vigna e mostrarvi le piante, di illustrarvi i passaggi in cantina, perché è il modo migliore di raccontarsi, e motivo d’orgoglio per chi crede in ciò che fa.

Ho le mie posizioni a riguardo perché, come scriveva Graham Greene: “Bisogna prendere una posizione, se vogliamo restare esseri umani.”, e spesso le illustrerò. Cercherò comunque, in queste introduzioni, di far capire cosa significa cosa perché, senza chiarire le categorie del nostro discorso, la presa di posizione diventa soltanto una moda o, ancora peggio, un urlo da stadio.

EMILIANO AIMI
www.winethics.com/it
Fondatore di Winethics. Consulente e ricercatore di vini per importatori, distributori, ristoranti, wine bar, eventi (qualcuno dice wine hunter, qualcuno wine broker), scrittore, consulente di comunicazione, viene da esperienze in Italia, Germania e Stati Uniti da cuoco, ristoratore, selezionatore vini, organizzatore di eventi e importatore.