A loro non è mai piaciuto fare le cose che fanno gli altri. Sono anticonformisti di natura. Appartengono a quella categoria di uomini e donne che amano rischiare e che vanno spesso controcorrente. Lo fanno sia sul fronte produttivo cercando sempre di miscelare la tradizione all’innovazione, anche quella più estrema se necessario.

Ma ancor di più lo fanno sul fronte della comunicazione e delle relazioni, alla ricerca continua di nuovi modi di raccontare la loro azienda e i loro prodotti.
Li abbiamo incontrati questa calda estate, ai margini di una splendida serata organizzata da Farina nella famosa discoteca “Hollywood” di Bardolino, sul Lago di Garda.

Chiediamo a Claudio: già trovare un produttore di vino della Valpolicella Classica in una discoteca a promuovere i suoi vini non è cosa molto comune. Perché questa scelta?
Innanzitutto sono ormai alcuni anni che organizziamo eventi in alcune discoteche famose del nostro territorio sia nel periodo invernale che in quello estivo. E lo facciamo per molte ragioni. La prima perché abbiamo sempre pensato che dobbiamo portare il vino nei luoghi amati dalle persone, in particolare da questi “benedetti” Millennials di cui tutti parlano, ma alla fine pochi vanno nei posti che loro frequentano, o comunicano con un linguaggio adeguato a loro. Poi perché per noi da sempre il vino è gioia, condivisione, convivialità e la discoteca può essere un luogo ideale per evidenziare anche questi valori del vino. Inoltre vogliamo sfatare con questo nostro investimento promozionale il tabù del vino in discoteca. Molti pensano che siano luoghi, contesti adeguati solo per cocktail o massimo per la birra, invece la nostra esperienza ci insegna che così non è, ma bisogna porsi nel modo giusto.

Ecco, quale può essere il modo giusto?
Innanzitutto partendo da un presupposto per noi fondamentale e cioè che la comunicazione è prima di tutto capacità di creare relazioni. I nostri eventi in discoteca, pertanto, hanno prima di tutto l’obiettivo di creare aggregazioni, non partono mai dalla promozione dei nostri prodotti. Ti invitiamo in discoteca con noi innanzitutto per divertirti, poi arrivano i vini e l’azienda. Se ci si pone in questo modo diventa più semplice comunicare, ovviamente senza esasperazioni, anche i valori di un vino, la sua piacevolezza e il poter essere un’ottima alternativa anche ad un mojto o ad un gin tonic. E’ chiaro che vanno anche scelti i vini giusti per questi contesti.

Le bollicine, ovviamente…
Non solo, anche se queste chiaramente sono le più facili da proporre in questa tipologia di contesti. Ma è possibile anche l’introduzione di alcuni vini fermi soprattutto se si riescono a costruire relazioni buone con il management delle discoteche, in particolare quelle che non si limitano ai drink ma propongono anche abbinamenti gastronomici. Spesso questi progetti di contaminazione “vino e food” sono nati grazie alla nostra collaborazione con i gestori di alcune discoteche e tuttoggi continuano ad avere successo.

Chiediamo ad Elena: a parte la comunicazione del vino in discoteca quali le vostre altre idee su questo fronte?
Un altro elemento fondamentale, anche se questo non lo si può certo considerare solo una nostra idea, è l’apertura costante dell’azienda al pubblico. La nostra originalità, se così si può dire, è di non limitarsi a “far vedere cosa si produce e come lo si produce” ma privilegiare sempre la relazione piacevole. Per questo stiamo trasformando sempre di più la nostra azienda in un luogo dove le persone si possano incontrare, divertire, fare festa, abbinare i vini ai prodotti tipici. Il punto fondamentale, per noi, è non “imporre” mai il vino, che deve altresì rappresentare un collante, un ottimo pretesto per conoscere un’azienda o un territorio. Insomma la comunicazione del vino deve essere sempre friendly, mai invasiva, pesante. Deve avvicinare e mai spaventare. Se togliamo al vino il concetto di “piacere”, in tutte le sue forme, siamo finiti.

Per questo avete chiamato una vostra linea proprio “Godò”?
Si per noi il vino è prima di tutto godimento, piacere della vita, il gusto di stare con gli altri bene. Senza questi aspetti è difficile veicolare in maniera efficace il consumo del vino. Limitarsi a raccontare le caratteristiche organolettiche o gustative del vino rischia di attrarre solo una piccola parte di consumatori e purtroppo è quello che è avvenuto, soprattutto in Italia, in questi ultimi anni.

Tu Claudio sei spesso all’estero, come viene comunicato il vino italiano dal tuo punto di vista sui mercati internazionali?
Direi quasi sempre in maniera estremamente tradizionale. Quasi tutte le iniziative si realizzano nei soliti luoghi, in qualche sala di hotel, magari di qualche grande catena, ma non si vanno mai a cercare i veri siti cult di una città. Promuovere il vino fuori dal contesto sociale di una città significa quasi sempre limitarsi ad intercettare il solito target. Bisogna invece chiedersi, ad esempio, quali sono oggi i locali più trendy di New York, Los Angeles, Berlino? Chi li frequenta? Chi potrebbe aiutarci ad organizzare delle iniziative in quei luoghi? Invece quasi sempre scegliamo la via più facile ma che oggi è anche quella più improduttiva. La promozione sui mercati esteri, inoltre, deve essere pianificata avendo chiarissimo chi è il nostro target di riferimento. Non solo si deve essere coscienti che un trentenne di New York, che vive a Brooklin o a West Harlem è molto diverso da un coetaneo di Boston e ancor di più da uno di Shanghai. Le mutazioni poi oggi avvengono ad una velocità mostruosa e ogni volta che vado negli Stati Uniti o in Canada trovo cose diverse rispetto a solo due mesi prima.

Avete un sogno nel cassetto sul piano della comunicazione della tua azienda e dei tuoi vini?
Uno l’ho già realizzato ed è stato quello di portare i nostri vini, l’Amarone in particolare, ad oltre 2.000 metri slm, nel mitico Rifugio La Roda in Cima Paganella in Trentino. Non solo un esperimento per capire come si modifica l’affinamento del nostro Amarone ad una altitudine diversa, ma anche per “sposare” la causa di un rifugio di montagna, che propone in maniera straordinaria anche piatti gourmet oltre a quelli della grande tradizione trentina.
I nostri sogni in termini di comunicazione sono quindi sempre legati al portare il vino “fuori contesto”, far capire che non si deve essere esperti per amarlo e che prima di tutto rappresenta uno dei migliori strumenti di piacevolezza e di amore per la vita.