Gennaio e febbraio, tempo di Anteprime, dall’Amarone al Chianti, dal Brunello di Montalcino al Morellino di Scansano per passare tra pochi giorni nel Barolo poi a Bardolino e poi, infine, nell’”en primeur” della bellissima Sicilia del vino.
Eventi molto impegnativi che costano parecchio agli organizzatori (soprattutto Consorzi con il contributo frequentemente di enti pubblici) e che coinvolgono, e affaticano, ormai migliaia tra giornalisti, wine blogger, sommelier e wine lovers. Da anni ci si pone la domanda se il modello attuale delle anteprime sia attuale e utile alla causa dell’immagine e della promozione delle nostre più importanti denominazioni ma alla fine si preferisce non cambiare format e il rito si ripete con la tradizionale modalità.

Per riuscire a fare un’analisi più approfondita su questo tema abbiamo provato quest’anno a non limitarci a un nostro giudizio soggettivo, e abbiamo cercato, attraverso la rassegna stampa, di capire quali giudizi, percezioni generano tali eventi (Anteprima Amarone, Benvenuto Brunello, Anteprime Toscana, ecc.).
Da quest’analisi cosa è emerso? Partiamo dalle cose più evidenti. Una grande curiosità e affetto nei confronti dei nostri vini più importanti. Dovessimo misurare l’affetto, l’attenzione di addetti ai lavori e appassionati alle nostre più autorevoli denominazioni queste Anteprime testimoniano che l’interesse è crescente. Praticamente tutti gli eventi finora realizzati, hanno registrato aumenti nella presenza di visitatori e questo non può non essere considerato un aspetto positivo.

Vedere le code fuori dal Palazzo della Gran Guardia a Verona o alla Leopolda a Firenze per poter degustare un Amarone della Valpolicella o un Chianti Classico quasi fosse la Gioconda, non può che far piacere a chi vive e lavora nel mondo del vino.
Questo è quello che appare in superficie. Poi andando in profondità, leggendo quello che hanno scritto giornalisti, wine blogger, influencer la sensazione che emerge è che si perda ogni anno l’occasione per raccontare, spiegare qualcosa di più e di più “serio” sui nostri grandi vini.

Attenzione, non vogliamo fare facile demagogia, della serie: ma perché farsi surclassare dall’immagine di Sting o dall’eloquio straripante di Sgarbi? Non siamo così ingenui, alcuni testimonial possono avere la loro utilità all’immagine del vino. Il rischio, però, è che alla fine leggendo quello che viene scritto in questi giorni sulle Anteprime si passa da Sting che firma la piastrella dell’Amarone o di Sgarbi che gli “sta sul c. l’Amarone…” ai giudizi tecnici sui vini. In mezzo il nulla, se non qualche bella storia, per fortuna, come quella scritta dal bravo Luciano Ferraro del Corriere della Sera, su Gabriele Righetti, il più giovane vignaiolo presente all’Anteprima Amarone.

Al massimo si trovano giudizi, negativi o positivi sugli aspetti organizzativi, a partire dai soliti noti che si lamentano dei pochi spazi dedicati ai giornalisti per le degustazioni o quelli che magari contestano il giudizio sull’annata presentata.
Anche gli sforzi di alcuni Consorzi di presentare alcune tematiche più specifiche rischiano di apparire nei contenitori attuali delle Anteprime una sorta di “titolo” ma senza nessun concreto approfondimento. In questa direzione si inserisce l’ottima iniziativa del Consorzio della Valpolicella con il “Sustainable winegrowing summit” che ha portato a Verona autorevoli ricercatori oggi impegnati sul fronte della sostenibilità del vino. Se dobbiamo, però, capire quanto questo tema sia stato percepito da chi ne ha scritto si ha la sensazione che nella migliore delle ipotesi si arriva al solito titolo dell’importanza della sostenibilità oggi anche nel settore del vino.

Ma allora le Anteprime a cosa dovrebbero servire? Noi azzardiamo un nostro parere che non vuole essere un rimprovero agli organizzatori attuali ma un semplice contributo alla riflessione.
Innanzitutto dovrebbero servire a far capire molto meglio le denominazioni nelle loro caratteristiche più importanti, quelle che consentono a molti dei nostri vini di essere unici e peculiari. Ormai, invece, si ha la sensazione che tutto si esaurisca a quello che c’è dentro il bicchiere.
Dal nostro punto di vista, invece, le Anteprime dovrebbero aiutare ad orientare sia addetti ai lavori (prima di tutto) e poi anche i wine lovers a capire il rapporto tra territorio di produzione, vitigno e stile produttivo. Quello che per decenni in maniera astratta abbiamo definito il rapporto tra il vino e il suo territorio (o terroir alla francese).

Il problema è che oggi, a nostro parere, quello che appariva uno slogan facile del passato oggi è diventato un tema fondamentale per evitare che tutto si riduca ad una “semplice” interpretazione soggettiva sullo stile dei diversi produttori.
In ballo c’è la credibilità dei nostri vini, a partire da quelli più importanti, oggi si ha invece la sensazione che tutto si possa racchiudere nella soggettività del giudizio senza riuscire a far capire i legami profondi che incidono sulle caratteristiche di un vino.

In questi anni di tanti tour nei territori del vino italiani, invece, quasi sempre ci siamo portati a casa ottime esperienze emozionali (importanti), presentazioni artistiche o economiche (anche queste per carità utili), tasting descrittivi sulle annate (certo preziose) ma alla fine se chiediamo (come spesso abbiamo fatto) ai partecipanti (a partire dagli stranieri) che idea precisa si fossero fatti di quella denominazione nel suo complesso, le risposte apparivano sempre vaghe.
Noi abbiamo provato in questi giorni, grazie alla collaborazione con un bravo produttore, di scrivere un identikit attuale di una denominazione come quella del Nobile di Montepulciano.

E’ stato uno sforzo molto utile e a nostro parere prezioso perché ci ha aiutato a capire i seguenti aspetti:
– l’impatto che i due principali suoli del terroir del Nobile (argille e arenarie) hanno sulle caratteristiche dei vini (più mascolini e corposi quelli sulle argille e più fragranti, delicati e morbidi quelli sulle arenarie);
– l’influenza del clima della denominazione su questa storica docg toscana, alla luce anche delle attuali mutazioni climatiche;
– come si esprime qui il Sangiovese rispetto alle altre grandi denominazioni toscane (a partire dal vicino Brunello e dal più lontano Chianti Classico).
Ma perché capire questi aspetti è importante? Perché è l’unico modo per avere una chiave concreta interpretativa di una denominazione; perché ti consente di poterla raccontare con chiarezza in ogni angolo del pianeta; perché ti aiuta a capire quali sono i punti di forza e di debolezza; perché ti consente di dare ai produttori linee di riferimento rispetto a quello che stanno facendo; perché è la base fondamentale per capire come eventualmente modificare un disciplinare di produzione (rispetto metodi vinificazione, affinamento, ecc.).
Se non ripartiamo dal territorio e da quello che esso dice noi pensiamo che le Anteprime, ma in generale la comunicazione del vino, rischi di vivere di sole suggestioni.